Le Cose Crollano – Chinua Achebe

Buon lunedì e buon inizio settimana!

Come state? Come è iniziata questa settimana di marzo?

Oggi parliamo di un libro di cui ancora non credo di aver detto nulla a riguardo, nemmeno nell’articolo dei libri migliori o peggiori del 2021, un testo che ho appunto letto l’anno scorso, il primo di una trilogia.

Ho visto per la prima volta questo libro in edizione americana, ma sono andata a ricercarlo e trovandolo edito in Italia da “La Nave di Teseo“, l’ho recuperato. Come dicevo è il primo di una trilogia, denominata “African Trilogy“, il seguito è intitolato “Non più Tranquilli” e il terzo “La Freccia di Dio”.

Parliamone assieme!

Le Cose Crollano – Chinua Achebe

Casa Editrice: La Nave di Teseo

Genere: fiction storica, narrativa letteraria

Pagine: 195

Prezzo di Copertina: € 18,00

Prezzo ebook: € 9,99

P. pubblicazione: 1958

Link all’acquisto: QUI

Incipit

“Okownko era ben conosciuto nei nove villaggi e anche oltre. La sua fama si basava su imprese indiscutibili. A diciotto anni aveva procurato onore al suo villaggio sconfiggendo Amalinze il Gatto. Amalinze era un grande lottatore e non perdeva da sette anni, da Umuofia a Mbaino. Il soprannome di Gatto si doveva al fatto di non toccare mai terra con la schiena. Fu questo l’uomo che Okownko sconfisse, alla fine di una lotta così feroce, a detta degli anziani, come non se ne vedevano da quando il fondatore del villaggio aveva combattuto con uno spirito della foresta per sette giorni e sette notti.”

Trama

Okonkwo è un guerriero, un lottatore, un uomo ambizioso e rispettato che sogna di divenire leader indiscusso del suo clan. Dal suo villaggio Ibo, in Nigeria, la fama di Okonkwo si è diffusa come un incendio in tutto il continente. Ma Okonkwo ha anche un carattere fiero, ostinato: non vuole essere come suo padre, molle e sentimentale, lui è deciso a non mostrare mai alcuna debolezza, alcuna emozione, se non attraverso l’uso della forza. Quando la sua comunità è costretta a fronteggiare l’irruzione degli europei, l’ordine delle cose in cui Okonkwo è nato e cresciuto comincia a crollare, e la sua reazione sarà solo il principio di una parabola che lo porterà nella polvere: da guerriero temuto e venerato, a eroe sconfitto, oltraggiato.

Recensione

Le cose Crollano” è generalmente considerato il più importante romanzo della letteratura africana ed è stato pubblicato per la prima volta nel 1958, è stato tradotto in oltre 50 lingue, con più di 10 milioni di copie vendute in tutto il mondo ed è adottato come libro di testo in moltissime scuole africane.

Il titolo originale del romanzo, Things Fall Apart (letteralmente “le cose crollano”) è tratto dalla poesia The Second Coming di W. B. Yeats.

E’ un libro senza dubbio complesso di cui parlare quindi tenterò di farvi immergere il più possibile all’interno delle atmosfere e dei temi di questo testo, al meglio delle mie possibilità.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Lo stile di Achebe è piuttosto diretto, dobbiamo ricordarci anche che siamo nella Nigeria precoloniale, prima quindi dell’arrivo degli europei in quelle zone.

Questo aspetto ci tengo a sottolinearlo perché è un aspetto molto importante all’interno del testo e perché si riconduce allo stile e all’uso di una lingua, che prende ispirazione dalla lingua igbo, utilizzata in una buona fetta del testo. Okonkwo infatti si esprime nell’edizione originale del testo in inglese, nella traduzione ovviamente in italiano, ma utilizza vari termini intraducibili tratti appunto da questa lingua, nell’edizione italiana è presente un utile glossario finale per la traduzione.

Particolarmente ricchi di questi termini igbo sono i dialoghi e in generale il testo è costellato da proverbi e metafore africane.

Quindi tornando alle mie impressioni personali sullo stile, è uno stile decisamente particolare anche per questo aspetto dei termini utilizzati, diretto nelle immagini che propone, a volte anche dure e crude.

Il ritmo invece è piuttosto veloce, è un testo breve di 195 pagine in cui accadono molti fatti, vengono inseriti innumerevoli riferimenti alla tradizione africana e l’autore inserisce davvero tante immagini emblematiche ed interessanti, i personaggi si spostano, la vita va avanti, insomma accadono parecchi fatti.

Il ritmo però non accelera mai troppo, è ben equilibrato, si sofferma su alcuni momenti topici della vita del protagonista per azionare il focus su argomenti emblematici e lo fa dando a questi il giusto spazio, ci sono scene che vediamo, ma su cui l’autore non si sofferma per troppo tempo, perché degne di essere inserite, ma non vitali allo sviluppo della vicenda, mentre altre meritano assai più spazio.

Le atmosfere in generale sono mischiate, passiamo per vari stati in questo libro, per seguire un momento preciso della vita del protagonista le atmosfere si piegano a questo insieme, nei momenti più bui veniamo travolti dal senso di impotenza e disperazione di Okonkwo, negli istanti più sereni e normali legati alla quotidianità e alla routine, il mood generale è più rilassato.

Sta di fatto che le atmosfere si legano profondamente al territorio in cui siamo in questo testo.

La Colonizzazione

Come dicevamo all’inizio del romanzo gli europei non sono ancora giunti nelle terre di Okonkwo, ma andando avanti nella lettura arrivano eccome i colonizzatori e la vicenda cambia come anche il mondo attorno al protagonista.

E’ affascinante e preoccupante vedere come muta questa situazione, all’inizio infatti ai colonizzatori viene data una parte di terra per vivere e piano piano la situazione si espande, questi portano anche la religione, il cristianesimo, e vediamo dagli occhi di Okonkwo come le vecchie tradizioni africane vengano una dopo l’altra sostituite da una nuova religione e un nuovo modo di “fare” le cose.

Assistiamo a diversi livelli di crollo in questo libro, proprio come da titolo, il crollo dell’identità di un popolo, il crollo delle tradizioni, delle credenze, di tutto ciò che fa di un popolo una società, ma anche il crollo di un uomo, la sua identità, la sua fede, il crollo di tutto ciò in cui crede e in cui si riconosce.

E’ un libro di certo tragico, è un discesa verso la disfatta e il crollo appunto, quando la vicenda inizia infatti la vita di Okonkwo è felice, è diventato uno dei membri più importanti del suo clan, è conosciuto per la sua fama di grande lottatore, insomma a differenza del padre, che non ha mai goduto di buona fama, lui è un uomo importante.

Ma finisce per uccidere un ragazzo e viene esiliato per sette anni nel villaggio di origine di sua madre, come da legge degli antichi e al suo ritorno in terra si rende conto che tutto attorno a lui è cambiato per l’arrivo degli inglesi appunto.

La vicenda segna un crollo ulteriore del protagonista e chiude il cerchio della sua vita.

“L’uomo bianco capisce le nostre usanze riguardo la terra?” – “Com’è possibile, se non parla neanche la nostra lingua? In compenso dice che le nostre usanze sono malvagie; e lo dicono anche i nostri fratelli che hanno abbracciato la sua religione. Come pensi che possiamo combattere se i nostri stessi fratelli si sono rivoltati contro di noi? L’uomo bianco è molto intelligente. E’ arrivato tutto pacifico con la sua religione. La sua stupidità ci ha fatto ridere e l’abbiamo lasciato stare. Adesso ha conquistato i nostri fratelli, e il nostro clan non può più agire di comune accordo. L’uomo bianco ha premuto il coltello sulle cose che ci tenevano uniti e ci siamo divisi.”

La bellezza delle scene

Alcune scene di questo testo sono intrise di una bellezza cruda e reale, sembra di riuscire a respirare l’aria africana, di vedere i suoi meravigliosi paesaggi, di immergersi nelle atmosfere, anche in scene particolarmente tragiche per i nostri personaggi.

Penso in particolare ad una scena a cui mi capita di pensare spesso, avete presente quando leggete un libro e per un connubio di motivazioni una scena, un fotogramma creato dalla vostra mente sulla scena che state leggendo, vi rimane impresso? E vi sembra di averla vissuta in prima persona quella vicenda.

Ecco, all’interno de “Le Cose Crollano” c’è una scena in cui Okonkwo e una della sua mogli seguono la loro bambina che viene portata all’interno di questa grotta, è notte, la moglie di Okonkwo (uno dei miei personaggi preferiti, personalmente) cammina per chilometri cercando di non farsi vedere da questa vecchia saggia che ha preso la bambina, arriva a questa grotta e cercando di non farsi né vedere, né sentire si siede fuori da questa aspettando che la donna e la sua bambina ricompaiano. Ebbene, mentre aspetta arriva Okonkwo che nella disperazione della donna, la rassicura e le rivela che l’ha seguita per tutto il tempo.

Nelle leggi del clan in cui vive Okonkwo gli uomini, soprattutto quelli con la sua posizione, hanno più mogli e Okonkwo è un uomo complesso, un personaggio profondo che sulle prime si può etichettare come un uomo incline alla violenza, duro, rigido, ma è molto di più.

La scena che vi ho descritto secondo me racchiude parecchie sfaccettature non evidenti del carattere di Okonkwo e del rapporto con questa moglie, è una scena quasi dolce, in contrasto con un personaggio con i suoi modi.

Direi che l’intensità e la profondità del carattere del protagonista è un altro degli aspetti affascinanti di questo libro.

Conclusioni

“Le cose Crollano” è stata davvero un’esperienza, leggerò di certo gli altri due volumi della trilogia e la profondità, le atmosfere, la vividezza di questo libro hanno davvero colpito nel segno.

Le tematiche e l’importanza di questo testo sono enormi, è uno di quei volumi per cui dovrei scrivere una recensione lunga 30’000 parole.

E’ un libro potente, in cui ci si immerge in una cultura ampia e affascinante, si vive in atmosfere forti che lasciano difficilmente indifferente il lettore.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Le Cose Crollano”? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

3 Libri Belli di cui Non Abbiamo Mai Parlato

Buon venerdì e buon quasi weekend!

Come state?

Di certo questo marzo procede in modo tragico per tutto quello che purtroppo sta accadendo nel mondo.

Oggi parliamo un poco di libri, in particolare di tre testi per cui non uscirà una vera e propria recensione e ora vi spiego il perché. Di solito per scrivere una recensione sento di dover avere abbastanza “materiale” e a volte capita che io non ne abbia a sufficienza per una recensione completa, di conseguenza un libro con queste caratteristiche se è consigliato va a finire nelle “Pillole Letterarie” in cui trovate i libri che consiglio, con alcuni pezzi presi da quelli, ma anche questa rubrica ha i suoi limiti perché in alcuni altri casi vi vorrei parlare comunque di un libro ma non solo con citazioni e non con una recensione intera.

Insomma, il mio secondo nome rimane “casino” e il terzo “creare problemi dove non dovrebbero essercene”.

Quindi ogni tot di tempo quando ci saranno testi di questo tipo, che non rientrano né nelle “Pillole Letterarie”, né nelle recensioni canoniche, uscirà un articolo come questo, in cui parleremo di una breve lista (tre o massimo cinque libri) di testi letti nell’ultimo periodo soprattutto, consigliati e non, per cui voglio dirvi qualcosa.

Bene, quindi questo con tutta probabilità non sarà l’unico articolo di questo tipo sul blog, sono pillole di recensioni ecco…

Iniziamo!

Il Libro della Luna – Fatoumata Kébé

Casa Editrice: Blackie Edizioni

Anno di Pubblicazione: 2021

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Trama

Quando siamo arrivati noi, la Luna splendeva già alta nel cielo. E senza dubbio continua a essere uno dei grandi misteri dell’universo. Quali segreti nascondono i suoi crateri? Come influisce sulle maree e sulle emozioni umane? Quante vite furono sacrificate in suo nome nelle epoche passate? E ai giorni nostri, partendo dalla famosa cagnolina Laika? Che cosa sarebbe di noi, e del nostro mondo, senza la Luna? Fatoumata Kébé, astronoma e astrofisica francese, ha dedicato la sua vita a studiare il satellite terrestre. E ora ha scritto questo splendido omaggio alla Luna e alla sua cosmogonia. Sono millenni che la Luna ispira romanzi, poesie e canzoni. Si meritava che qualcuno, finalmente, raccontasse la sua storia. Per Kébé la Luna è il romanzo della sua vita, la sua grande storia d’amore. Lei sa che presto andrà nello spazio, camminerà sul lato nascosto del satellite bianco. Grazie a questo libro, vibrante e luminoso come una notte d’estate, possiamo immaginare di accompagnarla nel viaggio che sogna fin da quando era bambina.

Questa è la mia lettura più recente, ho terminato questo testo proprio qualche giorno fa e mi è piaciuto molto. Sono sempre stata un’appassionata della luna e questo libro, regalo natalizio, è stato molto apprezzato. L’autrice scrive della luna spiegando in modo piuttosto semplice e diretto concetti che non lo sono, in più unisce alla storia e ai vari fatti più “complessi” riferimenti alle leggende, al panorama letterario e a quello cinematografico. Cita infatti diverse opere e film nel corso del testo e in ognuna di queste opere citate c’è sempre un riferimento ovviamente alla luna, che rimane il fulcro del testo. Nella parte finale del libro entra soprattutto in gioco il lato storico, infatti le ultime venti pagine circa sono dedicate alla lotta fra USA e URSS per la conquista dello spazio. Come dicevo però a volte l’autrice inserisce anche riferimenti a leggende di popoli antichi, come quelle legate all’eclissi o alla creazione del sole e della luna. Si parla di molti fenomeni all’interno del testo, dall’eclissi appunto, al suolo lunare, alle varie teorie sulla nascita della luna, alle fasi lunari ecc. ecc. Insomma un testo più che piacevole e interessante se siete interessati/e all’argomento. Neo positivo/negativo il fatto che per lo stile e l’approccio diretto non sempre l’autrice va al fondo tecnico di alcuni argomenti, ma è più che altro forse un testo adatto a chi si vuole avvicinare al tema.

Dieci Giorni in Manicomio – Nellie Bly

Casa Editrice: Edizioni Clandestine

Anno di P. Pubblicazione: 1887

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Trama

Nel 1887, la reporter Nellie Bly, fingendosi una rifugiata afflitta da paranoia, si fece rinchiudere nel manicomio dell’isola Blackwell, allo scopo di scoprire le condizioni di vita delle donne ricoverate. “Battevo i denti e tremavo, il corpo livido per il freddo che attanagliava le mie membra. All’improvviso, tre secchi di acqua gelida mi furono versati sulla testa, tanto che ne ebbi gli occhi, la bocca e le narici invase. Quando, scossa da tremiti incontrollabili, pensavo che sarei affogata, mi trascinarono fuori dalla vasca. Fu in quel momento che mi sentii realmente prossima alla follia”. Nel suo reportage, Nellie Bly racconta i soprusi e le violenze che le pazienti subivano per opera di crudeli infermiere e medici poco capaci.

Una vicenda terribile e una testimonianza importantissima, in questo libro Nellie Bly documenta la sua esperienza nel manicomio di Blackwell in cui è testimone di violenze e soprusi da parte del personale nei confronti dei pazienti. Il libro è il racconto della Bly e della sua missione sotto copertura partendo dall’inizio quindi da quando si reca in questa casa che ospita donne, soprattutto madri single che lavorano, dove lei inizia a fingersi pazza per farsi ricoverare. Riuscirà nella sua missione e in breve si ritroverà sull’isola di Blackwell appunto. Vengono ripetuti diversi concetti importanti nel corso del testo, il primo è che nonostante la lucidità di Nellie nessuno sembra mai mettere in discussione la sua pazzia, nemmeno soffermarsi per qualche secondo su di essa, nessuno valuta una possibile sanità della paziente. Il secondo concetto è che all’interno della struttura finiscono sia donne veramente problematiche e malate e livello mentale, ma anche donne sane, immigrate magari che non sanno come farsi capire e come tornare a casa, donne scaricate dalla famiglia, donne che per una reazione rabbiosa vengono etichettate come “pazze”. E il terzo concetto è quello della cattiveria e della assenza di empatia, assistiamo a dei comportamenti dolorosi da leggere e a cui assistere, atti senza umanità, in cui vediamo il nocciolo di una totale assenza di interesse e umana empatia nei confronti di queste pazienti che vengono trattate come bestie. Purtroppo nella storia ci sono state diverse situazioni analoghe a questa, sia nei manicomi che in altre strutture, ma averne la testimonianza del tempo e poter assistere con Nellie a certe vicende è emozionante. Avrei gradito forse una maggiore concentrazione sull’esperienza soprattutto nel manicomio mentre una metà del testo (che è già breve) si perde alla parlare della fase “pre-manicomio”.

Carmilla – J. S. Le Fanu

Casa Editrice: Edizioni Clandestine

Anno di P. Pubblicazione: 1872

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Trama

Una misteriosa e affascinante fanciulla dal nome Carmilla viene affidata dalla madre alle cure di Laura e del ricco padre, nel loro antico castello in Stiria, isolato e immerso in un paesaggio incantato. Tutti nel castello rimangono affascinati dalla straordinaria bellezza della giovane, ma le sue abitudini insolite e il comportamento enigmatico cominceranno presto a suscitare curiosità e inquietudine. Nel frattempo, un morbo sconosciuto sta mietendo vittime nel villaggio circostante: gli abitanti terrorizzati e superstiziosi temono il ritorno dell’“upir”, il vampiro che nei vecchi racconti si narrava infestasse quei luoghi.

Infine parliamo di un classico, ovvero “Carmilla” di Le Fanu che ho letto per la prima volta qualche mese fa e mi ha stupita. Vorrei leggere finalmente quest’anno “Dracula” che devo ancora decidermi ad affrontare, ma prima di questo volevo andare in ordine diciamo cronologico e leggere appunto “Carmilla” che lo precede per anno. In questo testo compare la figura di un vampiro donna, Carmilla appunto, che viene ospitata per qualche tempo nella casa della nostra protagonista che nel libro è lei stessa a narrare la vicenda tempo dopo. Mi sono sentita davvero attratta dalla narrazione, mi sono appassionata ai personaggi, al loro carattere, alle loro azioni, insomma posso dire di essere entrata nel libro completamente. Cosa si può dire di Carmilla? Forse non è esaltato tanto quanto “Dracula”, ma di certo si parla molto anche di lui ed è una pietra miliare del genere, una storia coinvolgente, seducente, intensa. Mi piacerebbe perfino rileggerlo fra qualche anno magari, una bella sorpresa!

Bene, e voi? Quali sono le vostre ultime letture? Fatemi sapere!

A presto!

LiberTiAmo di Marzo (2022)

Buon martedì e buon primo di marzo!

Come state? Com’è iniziato questo mese?

Oggi, primo del mese, parliamo del libro che leggeremo assieme per tutto il corso di marzo sul gruppo di lettura, LiberTiAmo, che trovate su Goodreads e Telegram.

Il libro sarà come sempre in lettura per tutto il mese di marzo e sarà possibile partecipare alla lettura in qualunque momento, quindi che dire, scopriamo il libro di marzo!

La Casa delle Belle Addormentate – Yasunari Kawabata

Casa Editrice: Mondadori

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Trama

“La casa delle belle addormentate” (seguito in questo volume dai romanzi brevi “Uccelli e altri animali” e “Il braccio”) è un raffinato racconto erotico centrato sulle visite del vecchio Eguchi a un inconsueto postribolo in cui gli ospiti possono passare la notte con giovanissime donne addormentate da un narcotico. Il regolamento vieta di svegliarle, esaltando il fascino quasi magico emanato dalle fanciulle, e permette a Eguchi, attraverso una delicata rapsodia di sensazioni e di ricordi, di riappacificarsi con se stesso in un viaggio tra i più misteriosi recessi della psiche, evocati con segni incredibilmente semplici, rarefatti e luminosi.

Yasunari Kawabata è stato Premio Nobel per la Letteratura nel 1968.

La casa delle belle addormentate trasporta il lettore in dimensioni distanti dall’esperienza comune, che inducono a una inquietudine senza scampo: definito da Goffredo Parise “capolavoro della vecchiaia”, si potrebbe anche interpretare come capolavoro della morte, dell’amore, della sessualità, della memoria.

Il libro sarà in lettura dal 01/03 al 31/03, quindi per tutto il mese di marzo.

Vi unirete a noi nella lettura? Avete mai letto “La Casa delle Belle Addormentate” di Kawabata? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!

Pillole Letterarie #24

“E’ appena estate, è tempo di guerra, il mare è un campo di battaglia e le navi sono armi. Mi trovo sul ponte della Osnaburgh diretta verso la Scozia. Non sono molto diversa dalla posta e dal carico nella stiva della nave. Sono una lettera da non restituire al mittente, spedita a un futuro che non conosco. Punto gli occhi sulla riva, come se questo bastasse a sgonfiare il vento nelle vele. Ma la terra non è che una linea sottile, e a poco a poco le nuvole livide la inghiottono. E io mi sento completamente sola.”

“Cammino nella scia nera dell’umore di mio padre, cercando di aggrapparmi ai ricordi del vento e del cielo sulle verdi colline scozzesi, mentre la puzza e lo squallore di Holborn mi colpiscono come un pugno. Il frastuono dei carri sopra i ciottoli non basterà mai a coprire il suono del bestiame che urla mentre viene condotto al mattatoio. Qui, a Skipper Street, dove viviamo, nemmeno l’armistizio può fermare le mosche che ronzano sui canali di scolo dove scorre il sangue. Più che un ritorno a casa questo mi pare un naufragio.”

“Il giorno che Percy Bysshe Shelley entra nella mia vita è come se un folgore mi attraversasse l’anima. Il mio cuore era come il cielo di Holborn, grave e freddo, e color del carbone. E poi in un istante, lo schianto di un tuono, e tutto il paesaggio della mia esistenza cambia.”

“Di notte vado a letto da sola mentre Claire resta sveglia in attesa del suo gioco preferito: essere la nuova amante di Shelley. Gli canta canzoni, ride e lo scongiura di raccontare delle storie. Ma le storie non sono un gioco per Shelley. Dopo mezzanotte, quando beve l’oppio e osserva le lingue calde del fuoco trasformarsi in ceneri morte, tizzoni ardenti gli riempiono gli occhi e l’oscurità gli invade il cuore. Quindi la preda diventa cacciatore. Come un mago che pronunci un incantesimo, Shelley tesse storie di streghe e spettri così sinistre che Claire è terrorizzata. D’un tratto picchia alla mia porta, piange, chiedendomi di venire a dormire nel mio letto dopo che lei è già stata nel suo.”

“Io sono la ragazza in esilio che si sente così rifiutata dal padre da doversi creare una famiglia di spettri. Io sono il poeta che si sente perseguitato, perché la società lo detesta per le sue convinzioni. Io sono la sorella ostacolata dall’illegittimità e della disperazione, che sceglie di morire da sola. Io sono la moglie abbandonata accanto al fiume, che non sopporta più di vivere. Io sono la rabbia e la vergogna che bruciano come braci dentro di te. Io sono le parole strappate dalla tua mente che palpitano come un cuore pulsante. Io sono la tua Creatura.”

#libriconsigliati#

#piccolistralciletterari#

Il Giardino dei Finzi-Contini – Giorgio Bassani

Buon giovedì!

Ben ritrovati/e in questo giovedì, come procede la settimana? Spero nel migliore dei modi!

Oggi parliamo del libro che abbiamo letto il mese scorso sul gruppo di lettura, LiberTiAmo, che trovate come sempre su Goodreads e Telegram.

Il libro di gennaio è stato “Il Giardino dei Finzi-Contini” di Giorgio Bassani, che è stato proposto anche in collegamento alla Giornata della Memoria del 27 gennaio.

Che dire, parliamone!

Il Giardino dei Finzi-Contini – Giorgio Bassani

Casa editrice: Feltrinelli

Genere: narrativa letteraria, romanzo storico

Pagine: 214

Prezzo di Copertina: € 10,00

Prezzo ebook: € 6,99

P. Pubblicazione: 1962

Link all’acquisto: QUI

Incipit

“La tomba era grande, massiccia, davvero imponente: una specie di tempio tra l’antico e l’orientale, come se ne vedeva nelle scenografie dell’Aida e del Nabucco in voga nei nostri teatri d’opera fino a pochi anni fa. In qualsiasi altro cimitero, l’attiguo Camposanto Comunale compreso, un sepolcro di tali pretese non avrebbe affatto stupito, ed anzi, confuso nella massa, sarebbe forse passato inosservato. Ma nel nostro era l’unico.”

Trama

Pochi romanzi italiani del Novecento sono entrati così profondamente nel cuore dei lettori come “Il giardino dei Finzi-Contini”, un libro che è riuscito a unire emozioni private e storia pubblica, convogliandole verso un assoluto coinvolgimento narrativo. Un narratore senza nome ci guida fra i suoi ricordi d’infanzia, nei suoi primi incontri con i figli dei Finzi-Contini, Alberto e Micòl, suoi coetanei resi irraggiungibili da un profondo divario sociale. Ma le leggi razziali, che calano sull’Italia come un nubifragio improvviso, avvicinano i tre giovani rendendo i loro incontri, col crescere dell’età, sempre più frequenti. Teatro di questi incontri, spesso e volentieri, è il vasto, magnifico giardino di casa Finzi-Contini, un luogo che si imbeve di sogni, attese e delusioni. Il protagonista, giorno dopo giorno, si trova sempre più coinvolto in un sentimento di tenero, contrastato amore per Micòl. Ma ormai la storia sta precipitando e un destino infausto sembra aprirsi come un baratro sotto i piedi della famiglia Finzi-Contini.

Recensione

Dunque, “Il Giardino dei Finzi-Contini” è oramai un classico contemporaneo, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel ’62 e vincitore del premio Viareggio. Nel 1970 Vittorio De Sica decise di trarne un film, da cui Bassani prese decisamente le distanze, nonostante avesse inizialmente collaborato alla sceneggiatura.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Lo stile di Bassani è piuttosto ricco e articolato, ed è anche vivido senza dubbio, sembra di ascoltare delle persone reali mentre parlottano e discutono su vari argomenti, è molto umano in questo, riesce a dare vita ai personaggi, ai luoghi e in generale all’atmosfera del testo.

Il ritmo del libro purtroppo l’ho trovato molto lento, troppo lento, vi dico la verità se non mi fossi aiutata con l’audiolibro nel corso della lettura in cartaceo probabilmente a quest’ora non sarei mai riuscita a terminarlo. E’ stata una lettura estenuante e stancante, probabilmente anche per il poco coinvolgimento che ho sentito durante la lettura, non sono riuscita ad entrare in contatto con i personaggi, non mi sono sentita ben inserita all’interno della narrazione, insomma c’è sempre stata una specie di barriera fra me e la vicenda narrata.

Dunque c’è da dire che la trama di base del libro è molto interessante, più che interessante e l’inizio ha un qualcosa che coinvolge il lettore, ma dopo poco sono finita in una spirale di noia e apatia.

Comunque, come stavo dicendo prima secondo me lo stile di Bassani è senza dubbio notevole e degno di essere approfondito, ma il ritmo del testo e il modo in cui questo stile a lungo andare diventa pesante e stancante finisce per appesantire il tutto.

Le atmosfere degne di nota secondo me compaiono ogni tanto, non è un libro che ha sempre una potenza forte sotto questo punto di vista, non ci sono costantemente atmosfere interessanti, coinvolgenti o ben costruite, spuntano in alcuni frangenti, ad esempio alcune descrizioni di certi punti che ritornano spesso di Ferrara sono notevoli, o anche una scena in particolare che è posta alla fine del testo e che chiude la vicenda, l’ho trovata davvero potente e molto scenica.

Tirando le somme parlando dello stile, vorrei provare a leggere altro di Bassani perché c’è qualcosa nel suo stile che indica di certo una ottima abilità, ma è un testo questo che mi ha davvero trascinata a terra per la pesantezza e le lentezza della narrazione che di certo non è aiutata dal fatto che molte scene sono simile le une alle altre.

Il Giardino Magico e la Parentesi Storica

Per anni ho sentito parlare di questo libro, nel migliore dei modi molte volte, e nel corso del tempo mi sono fatta un’idea particolare del famoso “Giardino” citato anche nel titolo e designato come luogo quasi magico, nel senso di incantato e fuori contesto rispetto alla dura realtà.

Infatti quando si parla de “Il giardino dei Finzi-Contini” molte volte ci si concentra proprio sul giardino perché è un luogo importante per lo svolgimento della vicenda, ma io mi aspettavo qualcosa di certamente diverso e più enfatizzato, mi aspettavo quasi un luogo onirico, surreale, una specie di luogo/bolla in cui i personaggi si ritrovavano per chiudere fuori il mondo e la realtà che stava prendendo una piega assai drammatica.

Invece per me non è stato così, chiariamoci, c’è il giardino, è un luogo che si ripresenta spesso e ha una grande importanza, ma pensavo ad una atmosfera diversa, ad un luogo maggiormente esaltato, insomma a più attenzione nei confronti di questo giardino che mi è sempre stato descritto come uno degli aspetti più importanti del libro un luogo difficile da dimenticare dopo la lettura.

Purtroppo questo giardino non ha avuto molto effetto su di me, e un altro aspetto che non ha funzionato con la mia esperienza di lettura è stato il modo in cui i personaggi affrontano ciò che sta accadendo e il contesto storico.

Seguiamo personaggi ebrei che affrontano man mano che i tempi vanno avanti, situazioni sempre più spiacevoli, fino al raggiungimento delle leggi razziali e questi personaggi parlano tra di loro della storia, di come si è arrivati a questo punto, ma secondo me non approfondiscono mai il presente, ciò che accade sul momento.

Parlano fra di loro di episodi gravi, ma sulla situazione presente è come se la conversazione rimanesse sempre in superficie, senza andare mei del tutto in fondo. Speravo in una maggiore concentrazione sull’aspetto presente, sugli eventi che vivono man mano questi personaggi, ne vengono raccontati alcuni, ma come dicevo tutto rimane a galla.

Le relazioni fra i personaggi. Ci conosciamo?

Infine vorrei parlare di un altro aspetto che non mi ha convinta, ovvero le relazioni fra i personaggi che si frequentano per mesi, assiduamente, sembrano diventare quasi migliori amici per poi certe volte chiudersi a riccio e liquidare questi rapporti come se non si fossero mai conosciuti nella loro vita.

C’è da specificare che ovviamente siamo in un contesto storico complesso e la famiglia Finzi-Contini era una famiglia ricca e distaccata dagli altri, si avverte sempre nel corso del libro un certo muro fra loro e gli altri, ma nonostante questo i rapporti sembrano attaccati ad un filo, fra tutti i personaggi, perché anche se a volte sembrano solidi dopo poco si spezzano.

Ovviamente questo può accadere benissimo anche nella vita reale e in altri libri, ma qui la velocità con cui ciò accade e il modo in cui si spezzano certi rapporti per conversazioni che iniziano in modo innocente e superficiale, non me lo so spiegare, in più anche qui c’è sempre una barriera, un muro, i personaggi entrano in contatto fra di loro, ma non si uniscono mai davvero, si avverte sempre un distacco, ognuno è solo nella sua testa e nella sua disgrazia.

Uno dei rapporti più significativi della vicenda è senza dubbio quello fra il narratore e Micol Finzi-Contini, che segue la scia di molti altri rapporti nel testo, la loro relazione mi ha lasciata onestamente delusa e perplessa, è un rapporto complesso di cui parlare, da una parte l’insistenza del narratore, dall’altra la volatilità di Micol che è un personaggio molto più complesso di quello che potrebbe sembrare ad un primo sguardo.

Insomma, il modo in cui si incastrano questi personaggi non mi ha convinta del tutto.

Conclusioni

Sono felice di aver letto questo testo più che altro per aver soddisfatto una curiosità che avevo da anni, ma questa lettura probabilmente sarà una delle più deludenti del 2022, siamo solo a febbraio, ma posso già dire che la delusione è stata tanta.

Vorrei esplorare lo stile di Bassani magari con un altro testo, ma la lentezza, i personaggi e gli aspetti deludenti di questo libro son stati tanti.

Ci tengo come sempre a specificare che ovviamente riconosco il valore di questo testo e vi prego di non offendervi se è uno dei vostri libri preferiti o se lo avete apprezzato decisamente più di me, purtroppo la mia personale esperienza di lettura non è stata soddisfacente.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Il Giardino dei Finzi-Contini”? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!

PoetryTime

Mattutino

Cos’è il mio cuore per te

che non vuoi smettere di forzarlo

come un coltivatore che prova

una nuova specie? Esercitati

su qualcos’altro: in che modo posso vivere

in colonie, come preferisci, se imponi

una quarantena di tormento, separandomi

dagli individui sani della

mia stessa tribù: non fai così

nel giardino, non segreghi

la rosa malata; lasci che agiti le sue amichevoli 

foglie infestate in

faccia alle altre rose, e le afidi minuscole

saltano di pianta in pianta, dimostrando ancora una volta

che io sono l’ultima delle tue creature, dopo

l’afide che prospera e la rosa rampicante – Padre,

in quanto produttore della mia solitudine, allevia

almeno il mio senso di colpa; toglimi

il marchio dell’isolamento, a meno 

che tu non intenda farmi 

di nuovo sana per sempre, come fui

sana e intera nell’infanzia ignara,

o se non allora, sotto il peso leggero

del cuore di mia madre, o se non allora,

in sogno, primo

essere che non sarebbe mai morto.

Louise Glück

Bruges la Morta – Georges Rodenbach

Buon mercoledì!

Come state? Come sta andando questa settimana di febbraio?

Oggi parliamo di un libro, un classico per l’esattezza, che volevo leggere da parecchio tempo e qualche mese fa sono riuscita nell’impresa, sto parlando di “Bruges la Morta” di G. Rodenbach.

Che dire, parliamone!

Bruges la Morta – Georges Rodenbach

Casa Editrice: Fazi

Genere: classico, mistero, narrativa di genere

Pagine: 105

Prezzo di Copertina: € 15,00

Prezzo ebook: € 6,99

P. Pubblicazione: 1892

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Il giorno declinava oscurando i corridoi della grande casa silenziosa, schermando di crespo nero le finestre. Hugues Viane si preparò a uscire, come usava fare ogni giorno, nel tardo pomeriggio. Senza occupazione, solitario, trascorreva l’intera giornata nella sua stanza, un’ampia camera al primo paino con le finestre affacciate sul quai du Rosaire, lungo cui tutta la casa si stendeva, specchiata nell’acqua.

Trama

Incapace di superare il lutto per la morte della giovane e bellissima moglie, Hugues Viane si trasferisce, insieme ai cimeli della defunta, a Bruges, dove vive nel ricordo e nella nostalgia della donna perduta. Esce di casa soltanto quando si fa buio e passeggia tra le stradine malinconiche della città, che alimentano ulteriormente la sua tenace, invincibile tristezza. Una sera, per caso, incontra una donna, Jane Scott, che sembra la copia esatta della moglie. Con il passare del tempo, però, si rivela molto diversa: capricciosa, irrequieta, futile, amante del lusso e della ricchezza, Jane ha assai poco da spartire con l’anima, la grazia, la dolcezza della defunta moglie. E l’insana relazione fra i due, nutrita soltanto di false illusioni, prenderà presto una piega del tutto inaspettata. Bestseller internazionale nell’Europa simbolista e decadente, “Bruges la morta” fu pubblicato per la prima volta nel 1892. A oltre un secolo di distanza, questa storia tragica mantiene intatta la sua capacità di suggestione. Un libro che sembra sostare a un crocevia, condensando l’immaginazione di un’intera epoca e nello stesso tempo lanciando verso il futuro la sua provocazione fantastica. Il lettore di oggi, nutrito di cinema, potrà riconoscere in “Bruges la morta”, come sulla lastra di un vecchio dagherrotipo, la stessa atmosfera allucinata di un grande capolavoro di Hitchcock, “La donna che visse due volte”, che fu ispirato proprio da questo romanzo.

Recensione

Dunque parliamo di un testo pubblicato per la prima volta nel 1892 a puntate su “Le Figaro” tra il 4 e 14 febbraio.

Unendo poetica decadentista e simbolismo iniziatico, legato al mito di Euridice, l’autore voleva scrivere una storia che potesse ambientare in città usando anche fotografie e linguaggio evocativo, quasi da nebbia continua.

Rodenbach unisce anche elementi del giallo all’italiana e del poema in prosa al tema del “doppio”.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Lo stile di Rodenbach è piuttosto pulito e diretto, sia nella descrizioni che nei dialoghi infatti conserva sempre una certa capacità di andare dritto al nocciolo e dirigere l’occhio del lettore verso un punto fisso e netto.

Anche il ritmo segue una linea costante e l’autore non si perde in fronzoli, è un testo breve in cui si narra una vicenda principale che viene “perseguitata” da un’altra vicenda passata, il tutto corredato dal personaggio principale Hugues, uomo solitario e complesso, perduto nei suoi ricordi e sogni di vita differente da quella che si ritrova a vivere.

Le atmosfere sono il punto forte del libro e la caratteristica che in assoluto ho amato di più durante la lettura perché siamo sepolti in questo clima di profonda solitudine, in questi vicoli stretti e nebbiosi, ci si immagina una nebbia che ricopre ogni cosa, un uomo lasciato solo al mondo che cammina in questo scenario afflitto se è possibile da sentimenti anche più nebulosi e tristi.

Per tutto il corso del testo penso che la vera protagonista sia l’atmosfera che Rodenbach riesce a creare infatti, intrisa di mistero e passato in cui si ha sempre l’impressione che stia per accadere qualcosa di tragico.

Le città specialmente posseggono ognuna una personalità propria, uno spirito autonomo, un carattere riconoscibile che corrisponde alla gioia, al nuovo amore, o alla rinuncia, alla vedovanza. Ogni città è uno stato d’animo; e quando vi si soggiorna, questo comunica, si trasmette a noi come un fluido che, respirato con l’aria, entra a far parte del nostro corpo.

Il Doppio

Come dicevamo prima uno dei temi del libro è il “doppio”, un tema molto caro a parecchi autori classici e non, di certo un tema che ha sempre intrigato parecchio autori e lettori, ma anche un tema complesso e variegato.

In questo testo troviamo il “doppio” parlando di Ofelia, la moglie deceduta del nostro protagonista, e della nuova fiamma di questo Jane, una donna che somiglia molto alla defunta nell’aspetto, ma decisamente di meno nei modi e nel carattere.

Hugues fa di tutto per far assomigliare questa donna alla defunta, per soddisfare il suo desiderio di riportare in un qualche modo in vita la ex moglie con le sembianze della nuova amante, ma presto si rende conto che le due non potranno mai essere la stessa persona e il suo amore perso è destinato a rimanere sepolto.

La nuova amante di certo non è un personaggio piacevole dal punto di vista caratteriale, Rodenbach fa di tutto per presentarcela come una giovane materialista e superficiale a cui non importa nulla di Hugues, ma in fin dei conti nemmeno a lui importa nulla di lei, è così ossessionato da questa per la connessione che ha con Ofelia, ma non da lei come figura a sé, nella sua mente la lega sempre alla defunta, ma il suo amore rimane legato a Ofelia.

Nella mente di Hugues quindi inizia questo gioco di specchi che a tratti si interrompe, più precisamente questo accade ogni volta in cui succede un evento che fa aprire gli occhi a Hugues sulla vera natura della nuova fiamma e gli ricorda che lei non è Ofelia.

Dicevamo prima della nebbia, una presenza che sembra sempre presente nel romanzo, presente come quella nella mente di Hugues che diventa dipendente da questa donna, che lo maltratta molto spesso, e da uomo solitario e visto con pietà dalla società per la sua perdita finisce per diventare un uomo con frequentazioni strane secondo la gente.

Finale

Il finale è forse il punto più alto del romanzo in cui vediamo passato e presente che si toccano, Ofelia e Jane che si uniscono, un’esplosione di impeto e un punto di non ritorno.

Ho trovato il finale prevedibile per certi versi, ma comunque interessante per i simboli che ritroviamo in esso e i vari collegamenti con la mente di Hugues che nel corso del romanzo impariamo a conoscere.

Questo testo è l’espressione del decadentismo, mi sono ritrovata a pensarlo spesso durante la lettura, ne ha tutte le caratteristiche.

Conclusioni

Tutto sommato ho apprezzato “Bruges la Morta”, come dicevo soprattutto per le atmosfere e per la poesia di alcune parti del testo, ma forse mi aspettavo qualcosa in più.

E’ un romanzo godibile, un classico che si divora, intrigante, ma desideravo qualcosa in più dai personaggi e in generale qualcosa in più da tutta la trama.

Ero certa che questo libro mi sarebbe piaciuto, è stato così, ma di certo con delle riserve, è un libro che ti fa assaporare atmosfere tragiche e solitarie, decadenti, ma appena ti immergi in queste ti saluta già.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Bruges la Morta”? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!

LiberTiAmo di Febbraio (2022)

Buon martedì e buon primo di febbraio!

Oggi, come ogni primo giorno del mese, sono qui per annunciare e parlare un poco del libro che leggeremo nel corso del mese sul gruppo di lettura, LiberTiAmo, che vi ricordo potete trovare su Goodreads e Telegram.

Il libro scelto per essere la nostra lettura di febbraio è “Al Faro” di Virginia Woolf, parliamone assieme!

Al Faro – Virginia Woolf

Casa Editrice: Feltrinelli

Link all’acquisto: QUI

Trama

“Al Faro”: questo il vero titolo del romanzo di Virginia Woolf che la nuova traduzione di Nadia Fusini riporta all’originaria bellezza. Romanzo sperimentale, intonato alla ricerca di libertà formale che accomuna i grandi scrittori di questo secolo, “Al Faro” è un libro sulla memoria e l’infanzia; un’elegia alla luce che ha illuminato le figure della madre e del padre reali, che nel romanzo diventano il signore e la signora Ramsay. A tema è lo scontro tra il sì materno (“sì, andremo al faro”) e il no paterno (“no, al faro non si può andare”), come esso risuona nel cuore del figlio James, e nella mente della figlia Virginia, che a distanza di anni si misura, scrivendo, con la potenza di quei fantasmi. L’effetto è liberatorio. Prima, confessa Virginia Woolf, “pensavo al babbo e alla mamma ogni giorno”. Ora “li depone”, li seppellisce. È la sua catarsi.

Al Faro è stato pubblicato per la prima volta nel 1927.

Il romanzo segue ed amplia la tradizione del romanzo modernista, in cui la trama ha un’importanza secondaria rispetto all’introspezione psicologica dei personaggi.

Il libro sarà in lettura dal 01/02 al 28/02, quindi per tutto il mese di febbraio.

Vi unirete a noi nella lettura? Avete mai letto “Al Faro” della Woolf? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!

Per Non Dimenticare

“Io mi pizzicai la faccia: ero ancora vivo? Ero sveglio? Non riuscivo a crederci. Com’era possibile che si bruciassero gli uomini, dei bambini, e che il mondo tacesse? No, tutto ciò non poteva essere vero. Un incubo… Presto mi sarei risvegliato di soprassalto, con il cuore in tumulto, e avrei ritrovato la mia stanza, i miei libri…”

“Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che consumarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.”

“Ma perché, ma perché benedirLo? Tutte le mie fibre si rivoltavano. Per aver fatto bruciare migliaia di bambini nelle fosse? Per aver fatto funzionare sei crematori giorno e notte, anche di sabato e nei giorni di festa? Per aver creato nella sua grande potenza Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di morte? Come avrei potuto dirgLi: “Benedetto Tu sia o Signore, Re dell’Universo, che ci hai eletto fra i popoli per venir torturati giorno e notte, per vedere i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli finire nel crematorio? Sia lodato il Tuo Santo Nome, Tu che ci hai scelto per essere sgozzati sul Tuo altare?”

La notte – Elie Wiesel

“La spiegazione è ripugnante ma semplice: in questo luogo è proibito tutto, non già per riposte ragioni, ma perché a tale scopo il campo è stato creato.”

“Ma questo ne era il senso, non dimenticato allora né poi: che appunto perché il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si può sopravvivere, e perciò si deve voler sopravvivere, per raccontare, per portare testimonianza; e che per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà. Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facoltà ci è rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso.”

“Non capisce Kuhn che è accaduto oggi un abominio che nessuna preghiera propiziatoria, nessun perdono, nessuna espiazione dei colpevoli, nulla insomma che sia in potere dell’uomo di fare, potrà risanare mai più? Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera di Kuhn.”

Se Questo è un Uomo – Primo Levi

#giornatadellamemoria#

#pernondimenticare#

Incendi – Richard Ford

Buon mercoledì e ben ritrovati/e!

Come state? Procede bene la settimana? Vi sentite già pronti per la fine di gennaio?

Oggi parliamo di un libro che ho letto qualche mese fa, siamo ancora immersi nell’operazione di recupero delle recensioni arretrate, meno una, tra l’altro abbiamo parlato un poco di questo libro nell’articolo dei libri top del 2021, quindi la rivelazione del voto finale non sarà una sorpresa, ma prima di quello ci dobbiamo addentrare nei meandri di questo testo.

Iniziamo!

Incendi – Richard Ford

Casa Editrice: Feltrinelli

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 165

Prezzo di Copertina: € 7,50

Ebook non disponibile

P. Pubblicazione: 1990

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Nell’autunno del 1960, quando io avevo sedici anni e mio padre era momentaneamente disoccupato, mia madre conobbe un certo Warren Miller e si innamorò di lui.

Trama

Nell’estate del I960 la città di Great Falls, Montana, fu circondata dal fuoco. Il fumo proveniente dalla foresta in fiamme coprì le montagne a sud, ovest e a est. Fu l’estate in cui il padre di Joe trasferì la famiglia nel Montana per non perdere l’occasione del boom petrolifero. Fu l’estate in cui il padre perse il lavoro al golf club e andò a combattere l’incendio. Fu l’estate in cui la madre di Joe incontrò Warren Miller e s’innamorò di lui. Fu l’estate in cui Joe si accorse che i genitori erano qualcosa di inesplicabile, come tutti. Nessuno di questi personaggi ritiene che la felicità gli sia dovuta. Tutti devono fare degli aggiustamenti nei confronti degli altri. Tutti, quando è in gioco la propria sopravvivenza, richiedono innocentemente che il proprio interesse prevalga, anche su quello delle persone che amano. Nessuno, dice Ford, conosce il perchè delle proprie azioni. Semplicemente le compiono. Sdradicano le proprie esigenze, abbandonano i figli, cambiano compagni di vita: tutto nel vago perseguimento della felicità.

Recensione

Dunque, ci tengo a dire che questa è stata la mia prima esperienza con Richard Ford, un autore che ho sicuramente intenzione di approfondire perché questo primo testo mi ha stupita e altre pubblicazioni dell’autore, se non la maggior parte, mi sembrano parecchio interessanti.

Richard Ford è un autore americano, ha pubblicato romanzi e raccolte di racconti, l’ultima è stata “Scusate il Disturbo“, raccolta di racconti edita Feltrinelli pubblicata nel 2021.

Fra i suoi testi più famosi è giusto citare: “Canada“, “Tutto Potrebbe Andare Molto Peggio” e “Sportswriter“, tutti editi Feltrinelli.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Per me lo stile di Ford è assolutamente godibile, trovo riesca a penetrare nelle emozioni dei personaggi e a farle arrivare moltiplicate al lettore, usando uno stile tutto sommato equilibrato e sempre con una punta di nostalgia.

I personaggi si guardano spesso alle spalle pensando al passato e nelle loro espressioni regna sempre una sorta di infelicità latente, il modo in cui si muovono, reagiscono, vivono, nasconde una specie di malinconica tristezza.

Il ritmo di Ford in “Incendi” è costante, medio, l’autore si prende il tempo per rappresentare al meglio i personaggi senza essere né troppo sfuggente, né troppo perso ad adagiarsi sugli allori.

La vicenda di per sé è semplice, parliamo di un ragazzo che durante l’assenza del padre vede la madre frequentare un altro uomo, va addirittura a cena a casa di questo con la madre ed è costretto ad assistere alla caduta del matrimonio fra i genitori, un’esperienza dolorosa che anche nei momenti di narrazione più innocenti, mi ha fatto soffrire non poco.

Infatti questo libro all’apparenza è innocente, lo stile dell’autore lo è perché rappresenta fatti che migliaia di persone vivono o hanno vissuto nella loro adolescenza/infanzia e lo fa con fatti semplici, eventi di tutti i giorni, racconta ciò come se non stesse succedendo qualcosa di grave, come se la famiglia del protagonista non si stesse sfasciando.

E’ un libro che fa vivere o rivivere al lettore esperienze legate all’infanzia o adolescenza, riporta il lettore stesso a quel tempo e lo fa assistere inerme a fatti che sono dolorosi per il protagonista.

L’atmosfera generale del libro mi ha ricordato quelle mattine estive in cui ci si sveglia presto e si ha il tempo di vedere l’alba, ci si perde ad ammirarla cercando di non pensare alla giornata che ci aspetta perché sappiamo di dover affrontare tanti problemi che vorremmo evitare, ecco quando ripenso ad “Incendi” penso a questa immagine.

Noi seguiamo il protagonista sedicenne e ci identifichiamo con lui, un giovane che si ritrova in un periodo delicato della propria crescita e deve fare i conti con tutto quello che sta accadendo, questo romanzo fa rivivere quelle tipiche emozioni di frustrazione mista a speranza disillusa e non che sono tipiche dell’adolescenza.

Il Crollo di un Matrimonio

Il tema principale del libro, oltre alla crescita del protagonista, è come dicevamo prima il tradimento di questa donna nei confronti del marito e il crollo di questo amore, matrimonio, famiglia.

Trovo che questa sia una tematica molto delicata che certe volte non viene rappresentata al meglio, quella del tradimento matrimoniale, c’è da dire che secondo me negli anni è stata bistrattata, dal cinema, dallo spettacolo, in generale un po’ ovunque, ho sempre avuto l’impressione di vederla rappresentata come un fatto di poco conto, viene spesso sminuita e non approfondita, mentre invece un tradimento, come quello a cui assistiamo in “Incendi“, è un evento che segna profondamente una famiglia e una coppia, ovviamente con tutte le eccezioni del caso.

In questo libro invece Ford ci fa provare il dolore e la frustrazione di un ragazzo che sente di non poter fare nulla, di un uomo, il padre, che realizza di non essere più ricambiato nel suo amore dalla moglie, di una donna, la madre, che si sente prigioniera di una vita che non vuole più.

Siamo assieme al protagonista catapultati in un clima di disagio e distacco, improvvisamente la madre diventa per lui una sconosciuta, una figura che sente di non aver forse mai capito e il padre quell’individuo lontano a cui vorrebbe urlare di tornare a casa e pregarlo di fare qualcosa.

“Avrei voluto risponderle qualcosa, anche se non stava neanche parlando con me ma solo con se stessa o con nessuno in particolare. Io non pensavo di raccontare tutto questo a mio padre e avrei voluto rassicurarla in proposito. Ma non volevo essere l’ultimo a parlare. Perché se anche avessi detto qualcosa, sapevo che la mamma sarebbe rimasta in silenzio come se non m’avesse sentito e io sarei rimasto lì con le mie parole – qualunque fossero state – a ricordarle per il resto della mia vita.”

E’ sempre Colpa dell’altro

Per Joe, il protagonista, è facile odiare l’amante della madre che viene additato per tutto il romanzo come un uomo quasi senza scrupoli, sulle prime sembra impacciato e piuttosto timido, ma successivamente viene alla luce una sua parte di personalità più ispida e viscida.

Non è un uomo cattivo, anche se noi vediamo tutto dagli occhi di Joe e ci sembra un mostro, perché in queste situazioni la colpa sembra sempre essere dell’altro, di quello/a che porta via la madre o il padre, Joe inizierà a capire piano piano che non è l’altro ad essere un mostro, ma in queste situazioni la colpa non è di nessuno e di tutti, anche qui ci sono casi e casi ovviamente.

Anche noi finiamo per odiare l’amante e per vedere il padre come una vittima, la situazione è molto più complicata così e alla fine comprendiamo meglio la vera natura dei personaggi e le loro motivazioni.

Conclusioni

Incendi” è un libro che mi ha fatto versare lacrime amare, anche se non è all’apparenza il libro più strappalacrime che esista, forse ha solo toccato, nel mio caso, delle corde particolari e per questo mi è piaciuto molto.

E’ una storia all’apparenza semplice, ma decisamente complessa, i cui non ci sono veri colpevoli, persone perse forse, è un libro che ricorda ai figli che anche i genitori sono esseri umani e come tutti sbagliano e cadono.

Anche se mi è piaciuto devo ammettere di non aver apprezzato del tutto il finale, per me unico neo del libro, mi è sembrato affrettato e sforzato.

Voto:

E voi? Avete mai letto qualcosa di Ford? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!