Cambiare Idea sui Libri

Buon giovedì!

Oggi dall’alto del nostro terzo giorno di maratona, parliamo di un argomento che voglio affrontare da diverso tempo, è un discorso che mi è balzato in testa qualche tempo fa vagando per la mia libreria e scorgendo vari libri letti negli anni scorsi.

E’ da un po’ che non ci mettiamo qui ad aprire un discorso su un topic in particolare e oggi è arrivato il momento.

Il titolo rappresenta in pieno l’argomento, ovvero, il cambiare idea sui libri letti a distanza di mesi o anni.

Mi è capitato infatti di leggere libri che nel corso del tempo hanno lasciato un segno nella mia memoria, non per motivi particolari, magari questi testi sono quelli più innocenti e letti senza troppe aspettative, ma per un motivo o per l’altro mi trovo a ripensare spesso a questi, in negativo o positivo.

Ovviamente vi farò alcuni esempi, molti di questi rappresentano libri di cui abbiamo parlato assieme negli scorsi anni, libri per cui esiste una recensione qui sul blog.

Penso che ogni lettore prima o poi incappi in una situazione simile, ovvero il ritrovarsi con un opinione totalmente diversa da quella iniziale, ma alcuni non esprimono questo cambio di rotta/pensiero, forse per paura di risultare non così stabili nella propria opinione.

La mia reazione, la prima volta che mi sono resa conto di aver maturato un pensiero differente dal primo è stata di senso di colpa, ho pensato: “vorrei modificare ciò che ho detto perché ora chi leggerà la recensione penserà che non ho gradito questo libro che ora invece apprezzo”.

C’è sempre da considerare il fatto che la memoria non è così affidabile, quindi si può rischiare di idealizzare un testo a distanza di tempo, un qualcosa che sulle prime non viene fatto per la frescura del ricordo.

Ci sono altri casi invece in cui si capisce solo tempo dopo un concetto o un elemento inserito in un testo che sulle prime si è frainteso o non compreso.

Parliamo ad esempio di “Tutto il Nostro Sangue” di Sara Taylor, libro che ho letto anni fa e di cui esiste qui una recensione.

Avevo assegnato 4 stelle al romanzo, la mia recensione non era affatto negativa, ma nemmeno così entusiasta.

Oggi mi ritrovo a pensare molto spesso a questo romanzo, all’epoca esordio della Taylor, e per ciò che mi ha lasciato mi sentirei persino di aumentare il mio voto ed esprimere più apprezzamento.

E’ un romanzo famigliare, certo non perfetto, essendo il primo dell’autrice, ma l’impatto che ha avuto su di me è stato forte a distanza di anni, in particolare un personaggio mi ha colpita profondamente ed è piuttosto raro per me ricordarmi nei minimi dettagli la personalità, il nome e le peripezie di un personaggio.

Tutto il Nostro Sangue” è un romanzo che ha raccolto opinioni/recensioni differenti, a molte persone è piaciuto mentre ad altrettante altre no, sta di fatto che se dovessi considerare nella recensione anche la mia reazione a distanza di anni non potrei far altro che essere più favorevole ed entusiasta nei confronti del testo.

Un altro esempio può essere il famosissimo “Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello” di Shirley Jackson, libro letto sempre anni fa di cui trovate qui la recensione.

Tenendo conto anche del fatto che all’epoca (nel lontano 2016), le mie recensioni suonavano di certo più abbozzate ed immature rispetto a quelle odierne, avevo valutato questo testo con 4 stelle, con allegata un opinione di certo più che positiva ed entusiasta.

La mia opinione ha subìto delle modifiche nel corso degli anni e se dovessi parlarvi del libro oggi il mio voto sarebbe più basso e la mia opinione non così entusiasta.

Non fraintendetemi, è un ottimo romanzo psicologico, da molti definito il migliore dell’autrice, ed è di certo la punta di diamante, quindi per me rimane sicuramente un consiglio di lettura, ma non mi ha lasciato lo stesso impatto de “L’Incubo di Hill House“, sempre dell’autrice, testo invece amato generalmente di meno rispetto a questo che però io ho gradito maggiormente.

L’horror psicologico che c’è in questo romanzo è degno di nota e considerando la Jackson un autrice di mio gradimento, non forse fra le mie preferite, ma prima di poterlo dire con certezza vorrei leggere ciò che mi rimane di suo, non posso comunque non considerare questo libro importante per il genere, ma non mi ha colpita e non ha lasciato su di me una grande traccia.

Infine, parlando di un ultimo esempio non posso non citare “Stardust” di Neil Gaiman, uno dei miei invece autori preferiti, di lui vorrei assolutamente leggere tutto e non mi vergogno di dire che leggerei anche un post it con uno smile abbozzato da lui inserendolo in una teca, anche di questo trovate la recensione qui.

A questo invece avevo assegnato 3 stelle e con il senno di poi abbasserei di certo di un poco il voto, perché lo considero il peggiore fra quelli di Gaiman che ho letto finora.

Ovviamente, questo è sottinteso, se a voi è piaciuto vi prego di non sentitevi attaccati o offesi, è solo la mia semplice opinione.

A molte persone non è piaciuto “L’oceano in Fondo al Sentiero“, l’ultimo romanzo di Gaiman che per molti è un accozzaglia di elementi tipici dell’autore, io invece l’ho gradito maggiormente rispetto a questo.

All’epoca non ne avevo parlato in toni completamente positivi, ma non ero stata così critica come di certo vorrei essere ora.

Cosa voglio dire con questi esempi? Che può capitare di cambiare idea, questo cambio è influenzato da tanti fattori, la risonanza del libro a distanza di anni, il suo impatto a lungo termine su di noi, la memoria non così fedele che a volte ne modifica i contorni…

Insomma, questo non accade assolutamente con tutti i libri, ma con alcuni casi rari sì, e penso sia normale, perché quando si parla di un libro non si può avere la sfera di cristallo o non se ne può parlare anni dopo per una recensione, lo si fa di solito giorni, settimane o al massimo mesi dopo in casi estremi, ma non si può conoscere l’impatto che questo avrà su di noi anche comparandolo con altri testi dell’autore.

Magari si approfondisce un autore e si comprende di aver iniziato da quello meno apprezzabile per noi perché raccoglie un mix di elementi tipici di altri testi che vengono analizzati e approfonditi decisamente meglio in altri libri.

Come dicevo penso che alcune persone abbiano il timore di dire “ho cambiato idea”, specialmente magari chi parla di libri, come bookblogger, booktuber, bookstagrammer ecc. ecc.

Per i motivi di sopra quindi la paura di non essere considerate figure con un opinione solida e ben fabbricata, o una figura comunque in grado di dire un qualcosa e difenderlo strenuamente, ma concludo questo mio pensiero e ragionamento, dicendo che per me non c’è da avere nessuna paura di dire: “non la penso più in questo modo”, si matura, si cambia, ci si accorge di essere stati colpiti a lungo raggio da un libro sulle prime non considerato più di tanto.

E voi? Cosa ne dite? Anche voi avete cambiato idea su alcuni libri? Quali? Fatemi sapere!

A domani!

Pubblicità

Misery: Libro e Film, Parliamone

Buona domenica!

Come state? Come è andata questa settimana?

Partiamo dal presupposto che per scrivere questo articolo, il primo articolo dopo l’introduzione del nuovo editor di WordPress sono quasi impazzita, quindi perdonatemi per eventuali errori grafici o dimensioni delle immagini sballate. Che bella idea introdurre un nuovo editor eh, bravo WordPress!

Oggi finalmente parliamo di un film e un libro di cui volevo parlarvi da parecchio tempo, mesi direi ormai.

Parliamo di Misery, il successo di Stephen King e il film “Misery non Deve Morire” del 1990 diretto da Rob Reiner.

Era ora, lo so.

Dunque, ci tengo a dire che il mio non è un confronto fra le due opere, certo vorrei parlarvi di alcune differenze e cambi, ma per me non è “valido” mettere a confronto stile sfida un film e un libro, in quanto opere decisamente diverse, quindi non dirò ad esempio che una scelta nel film o nel libro è migliore rispetto ad un altra, mi limiterò a sottoporvi alcune differenze a cui ho fatto inevitabilmente caso.

Dopo questa premessa iniziamo parlando del libro.

Misery – Stephen King

Casa Editrice: PickWick

Pagine: 383

Genere: thriller/horror

Prezzo di Copertina: € 9,90

Prezzo ebook: € 7,99

Anno di Pubblicazione: 1987

Link all’acquisto: QUI

Trama

Paul Sheldon, un celebre scrittore, viene sequestrato in una casa isolata del Colorado da una sua fanatica ammiratrice. Affetta da gravi turbe psichiche, la donna non gli perdona di aver “eliminato” Misery, il suo personaggio preferito, e gli impone tra terribili sevizie di “resuscitarla” in un nuovo romanzo. Paul non ha scelta, pur rendendosi conto che in certi casi la salvezza può essere peggio della morte…

Notò che lei quasi non lo ascoltava. Per la seconda volta non manifestava il minimo interesse per un trucco del mestiere che avrebbe tenuto con il fiato sospeso un’intera scolaresca di aspiranti scrittori. E la ragione era fin troppo semplice. Annie Wilkies era il paradigma del pubblico, un’appassionata di storie assolutamente disinteressata alle tecniche narrative. Era la personificazione del Lettore Assiduo, l’archetipo vittoriano.

Misery è stato il mio primo King in assoluto, fino ad ora ho letto solo racconti di King e penso di non aver sbagliato iniziando da questo.

Parlando strettamente del libro, lo stile all’inizio non manca di descrizioni e (se non avete mai letto nulla dell’autore) vi darà forse l’impressione di essere un libro che punta parecchio sull’aspetto descrittivo.

Lo stile di scrittura è quasi sensoriale, si avvertono i sapori, gli odori, i suoni, le forme degli oggetti, tutto questo rende l’esperienza di Paul, il protagonista, condivisa con noi lettori al massimo.

Ad esempio qui c’è la prima differenza con il film piuttosto evidente, ovvero l’introspezione nei pensieri di Paul e nelle sue intenzioni, nel libro noi siamo per tutto il tempo nella testa di Paul, conosciamo la ragione dietro ad ogni sua azione, anche quelle che ad un occhio esterno sembrano poco sensate.

Nella pellicola del 1990 diretta da Rob Reiner con la sceneggiatura di Stephen King e William Goldman invece non siamo direttamente nella testa di Paul, anzi la vicenda viene vista da punti di vista completamente differenti.

Nel libro siamo sempre nella stanza in cui il protagonista è relegato e vediamo solo questo lato della storia, nel film invece abbiamo una visione più ampia.

Parlando di Paul Sheldon, il nostro scrittore, nel film è interpretato da James Caan, candidato agli Oscar come miglior attore non protagonista nel 73′ per “Il Padrino“.

Nella pellicola secondo me risulta più complesso e chiuso il personaggio di Paul, non è più un libro aperto come lo è nel testo di King, alcuni suoi silenzi nascondono pensieri a volte misteriosi per lo spettatore. Anche le sue espressioni sono più moderate e statiche, mentre nel libro ci si immagina un uomo più espressivo e ribelle a tratti.

Sopratutto nel libro scendiamo nell’oblio assieme a Paul, assistiamo ad un inizio di pazzia, proprio per la condizione in cui è costretto a vivere da tempo e per le torture psicologiche e non inflitte da Annie, ad esempio ad un certo punto Paul nei suoi pensieri pensa ad Annie come ad una dea, o inizia a ridere in momenti in cui regna il silenzio, degenera piano piano il suo stato mentale.

Inoltre tenta in vari momenti di ribellarsi o di lanciare qualche battuta sagace o irriverente, subendone poi le conseguenze, quindi prova ad avere un atteggiamento ribelle. Mentre nel film è un Paul più mansueto quello che abbiamo davanti.

Certo in entrambe le versioni con cambia il lato interessante del personaggio, Paul è uno scrittore di successo, ma di un successo che lui non apprezza, perché è riconosciuto per la saga di Misery, saga che lui definisce quasi come spazzatura, nonostante sia nata dalla sua penna.

In quello che per lui è l’ultimo volume della saga Paul infatti da morire Misery, la protagonista, ed è felice di ciò perché pensa di potersi impegnare in una scrittura più “impegnata”. Ma l’incontro con Annie metterà tutto in discussione costringendolo al ritorno da Misery, questo è Paul, uno scrittore obbligato a scrivere di un personaggio e di una storia che detesta, a battere ogni parola a macchina per costruire la vicenda di un personaggio che vorrebbe solo vedere morto, anche se, suo malgrado, durante il processo di scrittura si trova sempre più connesso a Misery e torna da lei quasi con piacere.

Parlando di Annie invece, ci ritroviamo di fronte ad un personaggio fortemente instabile sia nel libro che nel film, nella pellicola è interpretata da Kathy Barnes, vincitrice di un premio Oscar nel 1991 per questa interpretazione per l’appunto.

Non ho nessun dubbio sulla bravura di Kathy Barnes, la sua interpretazione è magistrale, in ogni scena sembra trasparire la follia di Annie, anche in quelle in cui appare più mansueta e controllata, c’è sempre l’impressione di vedere una personalità problematica.

Conoscendo già il volto della Barnes nella sua interpretazione prima di leggere il libro, mi immaginavo sempre lei durante la lettura in automatico nel ruolo di Annie e funziona alla perfezione.

Annie è un personaggio come dicevo disturbato a livello psicologico, durante la storia scopriremo anche vari fatti macabri che concernano il suo passato, penso che nel libro King abbia dedicato maggiore tempo e attenzione a questi fatti, mentre nel film sembrano essere elencati in modo più sbrigativo, in ogni caso arriva bene il concetto.

Annie salva Paul da un incidente stradale per poi tenerlo legato al letto e costringerlo a scrivere il libro seguente a quello appena uscito della saga di Misery, in cui questa appunto muore, “Il Ritorno di Misery”.

Il suo comportamento però è senza dubbio imprevedibile e preoccupante, ciò che è fonte di estrema suspance e tensione nel testo è proprio questo, ovvero il non sapere mai cosa farà Annie, cosa ne sarà di Paul, cosa accadrà nella scena successiva…

Annie è una donna che vive isolata, ha dei vicini che vengono menzionati (più nel libro rispetto al film) e vai in paese ogni tanto, non ha problemi con le persone perché indossa una maschera, sembra sempre una personalità cordiale ed innocente agli altri.

Sembra indossare sempre maschere diverse in realtà, anche con Paul, a volte queste maschere cadono in modo imprevedibile mostrando una personalità spaventosa e violenta, senza scrupoli.

Un aspetto importante nel libro che è stato modificato nel film è l’uso delle parolacce, nel libro Annie si mostra inorridita dall’uso di queste e quando viene il momento, in un impeto di rabbia o altro, di utilizzarle sceglie vocaboli non esistenti, come ad esempio “caccolicchio”. Nel film invece non c’è questa parentesi, ovvero le parole inventate.

Un altra scelta fatta è quella riguardante le immagini forti, nel libro ne vediamo di diverse, descritte con un buon numero di particolari, mentre nel film queste sono state rese più delicate, non si vede il sangue o la violenza del libro, è presente la violenza, ma è stata “alleggerita” in un certo senso.

Altra parentesi interessante è la storia all’interno della storia, nel libro di King infatti noi leggiamo quasi due storie, perché abbiamo modo di leggere il libro a cui sta lavorando Paul da recluso, “Il Ritorno di Misery“, quindi sappiamo esattamente cosa accade.

Penso che ciò riesca a dare profondità alla parentesi Misery, a come Paul lavora a questa saga e al suo rapporto con l’odiata eroina che lo ha portato al successo.

Un ultima differenza che vorrei menzionare è quella che riguarda quasi tutta la parte finale, ma non andrò nel dei dettagli per non cadere nello spoiler, sappiate solo che nella parte finale il film è stato piuttosto modificato comparandolo al libro.

Io definirei Misery un’opera ad alta tensione, in cui ogni capitolo si divora per la curiosità di scoprire il destino del protagonista e l’evoluzione degli eventi, in particolare anche la parentesi riguardante la psicologia di Annie e quella di Paul è degna di nota.

Misery è un libro che conquista il lettore fin da subito, si entra nei panni di Paul e si diventa terrorizzati da Annie che ad ogni comparsa fa sobbalzare il lettore per la tensione.

Più che essere un horror io definirei Misery un thriller psicologico per il modo in cui tiene incollato il lettore alle pagine grazie alla tensione psicologica costante.

Voto libro:

Parlando infine del film, ho apprezzato senza dubbio la recitazione di Kathy Barnes che spaventa lo spettatore e rappresenta a pieno la psicologia instabile di Annie, non ho altrettanto apprezzato invece alcuni cambiamento come ad esempio il voler enfatizzare una specie di “love story tossica” fra Annie e Paul, tramite alcune battute si sente quasi il forzato inserimento di questa sottospecie di love story, che è più un idea diciamo.

Considero comunque il film una visione che intrattiene, è piacevole da vedere, vi consiglio magari di gustarvelo dopo la lettura del libro, semplicemente perché in questo modo avrete prima un quadro completo anche della psicologia dei personaggi, un quadro più dettagliato rispetto a quello del film.

Detto ciò, voi avete mai letto Misery? Siete dei fan di King? Avete mai visto il film? Fatemi sapere!

A presto!

Bookabook, Cocci di Vetro e il Crowdfunding

Buon sabato! Come state?

Spero come sempre al meglio, nonostante tutto.

Oggi, farò un qualcosa di particolare per il mio blog, un qualcosa che non ho mai fatto, infatti in questo sabato soleggiato non sarò io a raccontarvi o parlarvi di un qualcosa, ma sarà un altra persona, Valeria, una scrittrice, tempo fa avevamo parlato del suo primo libro, ovvero “La Landa delle Strane idee“.

Titolo che a me personalmente era piaciuto parecchio, ma perché oggi sarà Valeria la principale narratrice di questo articolo?

Ebbene, Valeria vi parlerà di una nuova realtà riguardante la pubblicazione di libri (una realtà incredibilmente interessante) perché lei in prima persona è fase di campagna crowdfunding per iniziare la pubblicazione.

Quindi penso sia curioso leggere la presentazione di questo nuovo progetto da lei e sapere qualcosa in più sul suo nuovo libro “Cocci di Vetro  – brevi racconti a caccia di frammenti di luce“.

Tra l’altro nei prossimi giorni uscirà la recensione del nuovo testo di Valeria, che ringrazio perché sto avendo l’opportunità di leggere il suo libro in versione non editata e di recensirlo per prima, quindi a breve conoscerete la mia opinione a riguardo.

Ora, dopo questo piccolo accenno, lascio la parola a Valeria!

Progetto senza titolo (12)

L’inizio – Storia di un libro

Buongiorno (o buonasera) a tutti i lettori! Il mio nome è Valeria e oggi sono qui per dare la mia personale risposta alla domanda “cosa si cela dietro a un libro?

Cocci di Vetro e Frammenti di Persona

Cosa si cela dietro un libro? Ma quale libro? Ognuno di essi ha una storia diversa alle spalle e io vorrei raccontarvi quella del mio libro. Posso apparire egocentrica o narcisista (e non vi darei tutti i torti)… Ma credo che il mondo della scrittura sia così vasto, così ampio, che risulta quasi impossibile indagare quello altrui. Non che esplorare il proprio sia semplice.

Quindi, se vi interessa esplorarlo assieme a me, spero apprezzerete questi frammenti autobiografici dedicati ai miei lavori, ma a uno in particolare: Cocci di vetro – Brevi racconti a caccia di frammenti di luce.

L’Inizio

Partiamo, giustamente, dal principio. Il mese scorso ho inviato Cocci di vetro a Bookabook (una casa editrice in crowdfunding). Qualche settimana più tardi (anche in anticipo rispetto alle tempistiche previste) mi ha risposto dicendomi che avevo superato la loro selezione qualitativa.

E che a breve la mia campagna crowdfunding sarebbe iniziata…

Non solo un libro…

Prima di dilungarci a spiegare cosa sia Bookabook è meglio ripassare le basi: cos’è il crowdfunding? Io lo riassumerei così: non solo un libro, ma la possibilità di crearne uno.

Lo scopo di una campagna crowdfunding è quello di riunire in un’unica community un insieme di individui isolati che in comune hanno l’obiettivo di sostenere un progetto… O un libro. Quante volte ci siamo trovati dinnanzi allo scaffale di una libreria senza trovare un titolo che ci soddisfi? O, peggio ancora, trovarci fra le mani un libro orrendo senza sapere come sia arrivato addirittura sullo scaffale di una libreria? Personalmente mi è capitato spesso…

Sebbene questa sia una realtà, non è l’unica a nostra disposizione… Perché ne esiste un’altra, un’altra dimensione dove è il lettore a scegliere cosa finisce su quello scaffale della libreria. E questa realtà è il crowdfunding.

Cos’è Bookabook?

bookabook-logo-copertina-982x540

Eccomi che finalmente corro a rispondere a questa domanda (dandovi anche il link del loro sito). Bookabook è una casa editrice in crowdfunding e il suo obiettivo è rendere i lettori protagonisti, tanto quanto lo sono gli scrittori. Dare a ciascuno la sua voce. È vero che le scelte del singolo consumatore influenzano i prodotti che vengono introdotti sul mercato, è una realtà già conosciuta… Ma quanta influenza ha il singolo nella massa? Quanto ci si può concretamente sentire partecipi? L’obiettivo di Bookabook è quello di abbattere questo limite.

La Storia di Bookabook

Bookabook nasce nel 2014 come una delle prime case editrice in crowdfunding, e che adesso può vantare una delle comunità di lettori più numerose in Europa. Nel 2015, il team di Bookabook si è ritrovato, ad Amsterdam, tra i finalisti per il premio internazionale per l’innovazione in editoria Renew the Book. A distanza di anni dai suoi inizi, Bookabook è rimasta salda nei suoi obiettivi e nei suoi ideali, portandosi a casa non pochi risultati… Come, ad esempio, il lancio di quello che sarebbe diventato un grande successo: Papà, Van Basten e altri supereroi.

Come funziona?

Sei un lettore? Sì? Non serve altro.

Basta iscriversi al sito e sarai, in automatico, responsabile della sorte dei libri che ti verranno proposti. E qui sorge il primo dubbio… Come faccio a sapere che quello che leggo è di qualità?

È qui la vera differenza tra Bookabook e il self-publishing; posso parlare per esperienza personale avendoli provati entrambi. Mentre nel self-publishing potenzialmente chiunque può avere accesso allo scaffale di quella famosa libreria, con Bookabook bisogna prima convincere il team e superare la loro selezione, per poi affrontare il giudizio dei lettori.

Per quanto possa sembrare ovvio, non penso sia da dare per scontato che io, lettore su Bookabook, non sto andando a caccia di qualcosa di “qualità”, ma di qualcosa che “mi piaccia”… Questo perché qualcuno ha già fatto la selezione per me.

Chiarito questi punti sorge un nuovo dubbio… E se la campagna va male? È una domanda più che lecita visto che il libro verrà pubblicato e distribuito solo se la campagna crowdfunding va a buon fine. Ma se ciò non dovesse accadere? In quel caso Bookabook si impegna a rimborsare ogni singolo preordine.

In Conclusione

Ecco che così si conclude questo mio frammento autobiografico. Sebbene mi sia dedicata agli aspetti più “tecnici” che biografici, mi sembrava corretto esporre in maniera esaustiva in cosa consiste questo mio inizio. E dare tutte li informazioni nel caso qualcuno voglia intraprendere a sua volta questa strada.

Valeria

Cose del Mese – Aggiorniamoci un Attimo

Ahhh buona domenica!

Come state prima di tutto? Come avete trascorso la prima parte di questo magico ottobre? Ottobre è un mese sempre un po’ magico, l’autunno (che in realtà inizia a settembre), i colori caldi che riempiono gli ambienti, i primi freddi e le prima bevande bollenti… Insomma, come va?

Sono qui oggi per un aggiornamento perché nel mese scorso non è uscito l’articolo delle cose del mese e non c’è un articolo di questo tipo da fine luglio per parlare delle “cose” di giugno.

Perché tutto ciò? Ad agosto il blog è stato quasi tutto il mese in vacanza e le cose di luglio non sono state un granché, quindi rimanda che ti rimanda siamo finiti a questo punto.

Allora ho pensato, “perché non fare un articolo unico per gli ultimi tre mesi, luglio, agosto, settembre e la prima parte di ottobre per rimetterci in pari del tutto”? Un super “cose del mese”! Allora iniziamo!

Film del Periodo

locandina3953.jpeg

I film sono stati pochissimi, ma tranquilli ci rifaremo con le serie tv, ne ho visti davvero pochi e nessuno mi ha conquistata particolarmente.

L’unico che mi sento di citare è King Arthur, mi è piaciucchiato, la regia è di Guy Ritchie, il regista di Sherlock Holmes (come è sapientemente riportato nella locandina).

Uscito nel 2017 ma nella mia mente è ancora nuovo, come attori troviamo Charlie Hunnam, Jude Law e Astrid Berges-Frisbey.

La trama è piuttosto conosciuta insomma, vengono raccontate le gesta di Re Artù, piccola curiosità questa pellicola doveva essere la prima di una serie dedicate appunto a Re Artù ma non ha riscosso un gran successo quindi il progetto iniziale è stato modificato.

Arthur qui accetta il proprio destino e fa di tutto per seguirlo, una volta estratta la spada di Excalibur mirerà al diventare Re, ed è il suo destino diventarlo, ma per farlo dovrà affrontare Vortigern, non sarà solo in questa ardua missione però, dalla sua vittoria e dalla sua gloria nascerà la Tavola Rotonda.

Qual’è la parte più positiva del film? Gli effetti speciali, sono davvero piacevoli da gustare durante la visione, realizzati alla perfezione, tendo a volte a essere un po’ critica su questi perché trovo sia difficile trovare una serie tv o un film in cui gli effetti speciali siano effettivamente al livello della pellicola, ma in questo gli effetti speciali sono addirittura meglio.

Io non ho visto questo film al cinema ma vederlo riprodotto al cinema secondo me è un’esperienza con i fiocchi, per quanto riguarda la storia, beh è un po’ come quei fantasy in cui si butta dentro di tutto e alla fine ci sono ottocento sottotrame da chiudere, ci sono tanti eventi, azione e l’atmosfera del film in generale è piacevole. Carino, nulla di speciale ma lo rivederei.

Serie tv del Periodo

Diciamo che questa sezione è più di aggiornamento, perché abbiamo già parlato di queste serie ma ho continuato la visione di queste perché di Poldark avevo guardato solo le prime stagioni e di Disenchantment (o Disincanto) solo la prima perché la seconda è uscita il 20 settembre su Netflix.

A dire il vero in questo periodo sono uscite diverse seconde stagioni di serie tv che seguivo e che vi ho nominato qui come Creeped Out e Haunted, che vedrò al più presto (anche se Haunted mmm, non so come prenderla come serie/documentario).

Quindi perché vi parlo di queste serie? Vorrei confermare o negare quello che scrissi mesi fa, per quanto riguarda Poldark sono arrivata alla quinta stagione, ultima della serie ma attendo l’arrivo di questa in Italia per gustarmela del tutto. Infatti la serie ad oggi è stata dichiarata come terminata anche se gli stessi attori non sono stati molto chiari su questo, infatti ci hanno lasciato una speranza.

Quindi confermo o nego le mie opinioni positive a riguardo?

Allora dalla prima alla fine della quarta stagione diciamo di sì, l’unico problema a volte sono quei momenti di dramma incredibile che si risolvono dopo due secondi, ma voglio dire è comunque una serie di genere drammatico/sentimentale quindi lo accetto.

E’ realizzata sempre bene dal punto di vista della recitazione e della sceneggiatura, anche della regia se vogliamo, tutti bravi devo dire.

Non amo il fatto che sia così poco chiaro il destino della serie, i libri infatti continuano quindi tutti si domandano “ma perché non va avanti”?

Perché si dovrebbe cambiare completamente l’età dei personaggi, dal sesto libro infatti mi pare i nostri cari personaggi ai quali siamo tanto affezionati diventano più vecchiotti e lasciano spazio ai figli e ai figli dei figli.

Comunque rimane per me una serie piacevole da vedere.

Disincanto invece serie di Matt Groening di cui avevamo parlato mesi fa si trova su Netflix e da qualche settimana mi gusto piano piano le puntate della seconda stagione.

In questa stagione succedono parecchie cose, innanzi tutto ritroviamo Bean, Luci e Elfo ma ci vorrà qualche puntata per rivederli assieme come il trio che amiamo, la serie riparte incuriosendo il telespettatore però perché vediamo il padre di Bean, il Re che vive ora in un regno pietrificato, tutti sono diventati pietra e lui è solo con se stesso, perché? Bean tornerà da lui? Tutto si risolverà?

Tutti scherzano sul fatto che Disincanto sia il divertimento di Groening e in effetti per me è così, è una serie realizzata con cura ma a volte trovo che non suoni sempre bene, non sempre riesce a mantenere l’attenzione dello spettatore fino alla fine, a me piace anche lasciarlo in sottofondo sulla tv mentre lavoro al pc, questo per dire che non ruba sempre la curiosità di chi lo guarda.

Però la seconda stagione migliora rispetto alla prima, vediamo anche ambientazioni nuove e bellissime come ad esempio Steamland, città lontana da Dreamland, tutta a tema Steampunk, ahh che ambinetazione squisita.

Molte domande vengono lasciate in sospeso ma è da comprendere dato il fatto che ci sarà una terza stagione di certo, almeno da ciò che è stato scritto.

Riconfermo il fatto che è una serie da comprendere del tutto, non è immediata sotto questo punto di vista ma rimane interessante e bellissima per le animazioni per me, adoro lo stile.

Ora! Piccolo appunto che devo inserire, vi ricordate Diablero, la serie di cui vi avevo parlato mesi fa?

AAAABZWVhta6BtKAg0bNF8GCmImeqFk6qHDe0GJxqo35V2CmmNdTurimdnxEQznmAbR6Cg0CHEFx3XlcOKmj6P1SzxAcfFI6mndZXTJKAnlXUYviH0zX16OUfRMuhNWZFA.jpg

Per qualche motivo Netflix ha deciso di togliere da questa il doppiaggio in italiano, non so per qualche motivo, la seconda stagione sembra ancora lontana a venire ma per un motivo a me sconosciuto l’audio in lingua italiano non è più disponibile ma solo i sottotitoli. E’ un piccolo aggiornamento dato che mesi fa lo consigliai e volevo aggiornarmi su questa strana e fastidiosa sparizione.

 

Canzoni del Periodo

Madonna – Devil Prey 

Billie Eilish – When the Party is Over

The Who – Baba O’riley

 

Cosmetici del Periodo

Ho fatto delle scoperte interessanti che sto ancora provando quindi preferisco aspettare ancora un attimo prima di citarle, ma posso già parlarvi de le matite occhi Made to Last di Pupa, matite automatiche waterproof e il Maxi Blush di Rimmel.

Allora parliamo di queste matite incredibili, io non ho mai, e dico mai da quando applico ma matita all’interno dell’occhio, trovato una matita che mi resistesse tutto il giorno senza sbavare ovunque.

So che è un problema che hanno diverse persone e io non ero da meno, ebbene queste matite mi durano nella rima interna dell’occhio per tutto il giorno signori e signore.

Io le possiedo in due colorazioni, una blu, la numero 401 e una marrone, la numero 202.

Ci sono varie colorazioni di blu, viola, verde, marrone, nero e grigio. Questa matita una volta applicata si rapprende seccandosi e rimane lì, infatti una volta tentai di ripassarla per sicurezza ma andandoci di nuovo sopra si tolse e capii che si era seccata e la lasciai così.

Spero decidano di ampliare le colorazioni, ahh come vorrei una matita occhi rossa con questa formula incredibile!

Altro prodotto top che non avrei mai comprato mesi fa è un blush di Rimmel, non che non compri blush anzi ultimamente è impazzita la mia mania per questi ma in particolare questi blush non mi ispiravano molto, ci sono 4 tonalità, che non sono tantissime e io ho comprato la più accesa, la 003 Wild Card.

Sembra un rosso fluo ma vi garantisco che è più un colore anguria diciamo, a me piacciono molto i blush rossi e pescati perché trovo siano quelli migliori sul mio incarnato, in più trovo che molte persone abbiano un po’ di timore nell’utilizzare i blush, si sa in caso se ne applichi troppo il risultato potrebbe essere disastroso.

L’importante è andarci piano ma un pochino di blush per me sta sempre bene, in più non so voi ma sulla mia pelle non dura mai il blush quindi anche se ho fatto un bel lavoro nell’applicarlo non importa perché sparirà dopo poco.

Questo lo consiglio perché? E’ un bellissimo colore, la quantità è inifinta, la figura che fa è stupenda e costa decisamente poco (incredibile).

Nessuna App del Periodo Putroppo

giphy.gif

Scoperta del Periodo

Ahh ho scoperto un (due anzi) bellissimo canale se vi piacciono gli audiolibri e magari non avete Audibile o altri siti/app del genere e se amate Lovecraft.

Audiolibri di Sutter Cane

Librinpillole

Il primo canale contiene quasi del tutto audiolibri di opere di Lovecraft, letti la maggior parte da Roberto Pedicini un doppiatore magistrale.

Nel secondo canale invece ci sono anche testi di Tolkien, Stoker, e appunto Lovecraft, letti dal creatore del canale.

E altra scoperta, che non è una scoperta per la maggior parte di voi secondo me, sono solo arrivata in ritardo io, BookMooch.

Non pensavo fosse così semplice scambiare su questo sito che viene da prima di Acciobooks ma a differenza di questo non siete obbligati a scambiare con chi vi ha richiesto il libro e voglio dire, è perfetto.

Insomma ho sempre e solo scambiato su Accio ma questa nuova scoperta mi ha conquistata.

 

Citazione del Periodo

Certe parole sembrano possedere un potere magico formidabile. Migliaia di uomini si son fatti uccidere per parole di non hanno mai compreso il significato, e spesso anche per parole che non hanno nessun significato.

– Gustave Le Bon

Obbiettivi per ciò che ne rimane del Mese di Ottobre

Vediamo, il mio percorso verso la conquista della patente prosegue vittorioso quindi il mio obbiettivo è lavorarci per bene.

Dovrei mettermi alla scrittura di un racconto da terminare prima del 30/10 ma siamo già al 14 e il mio cervello si è richiuso come una cassaforte.

Come sempre ho 40 libri iniziati e nemmeno uno terminato ma punto a finire almeno quello in lettura per questo e lo scorso mese sul gruppo, ovvero “Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle” e Story di Robert Mckee che ho in lettura appunto.

Insomma come sempre un sacco di “cose”.

E voi? Cosa avete combinato in questi ultimi mesi? Ma sopratutto, cosa ne farete di ciò che rimane del mese di ottobre? Fatemi sapere!

A presto!

notes_190131_143522_b6d_1-e1548941801294

 

 

 

 

Hill House – La Serie e il Libro, Parliamone

Ohh buona domenica! Come state?

Anche voi sentite il freddo che inizia a lambire le carni, ma sopratutto anche voi avete già iniziato a sfoggiare i maglioni?

Finalmente mi rifaccio viva, con un articolo preannunciato mesi fra tra l’altro, meglio tardi che mai, stavolta devo assolutamente chiedervi perdono per la sparizione, ho avuto molto da fare in queste settimane fra il lavoro, ripasso e studio, nuove iniziative e progetti, insomma un casino che si sta calmando.

Vi ho fatto attendere anche troppo però per questo articolo quindi oggi dato il clima e dato l’argomento interessante il mio suggerimento è di mettervi comodi come se stessimo parlando con una tazza di tè caldo in un bar.

Perché oggi non parleremo solo di Hill House come serie ma parleremo sopratutto del libro, dell’autrice, delle somiglianze fra le due opere, insomma faremo una bella chiacchierata.

Iniziamo!

 

81ehvc-JWtL

 

L’incubo di Hill House – Shirley Jackson

Casa editrice: Adelphi  

Genere:                                                   

Pagine: 233

Prezzo di Copertina: €12,00

Prezzo ebook: €6,99

Anno di Pubblicazione: 1959

Link all’Acquisto: QUI*

Trama

Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice – e cioè non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati, allontanandosi senza voltarsi indietro. A tale domanda, meno oziosa di quanto potrebbe parere, questo romanzo fornisce una risposta. Non è infatti la fragile e indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, prolungando l’esperimento paranormale in cui l’ha coinvolta l’inquietante professor Montague. È la Casa – con le sue torrette buie, le sue porte che sembrano aprirsi da sole – a scegliere, per sempre, Eleanor Vance.

 

Quanto a Hill House, che sana non era, si ergeva contro le colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, le pareti salivano dritte, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.

hill-house-loc

The Haunting of Hill House – Netflix 

Regia: Mike Flanagan

Prima stagione uscita: 12 Ottobre 2018

Episodi: 10

Trama

La serie racconta la storia di un gruppo di fratelli che, da bambini, hanno trascorso un’estate in quella che in seguito sarebbe diventata la casa infestata più famosa del paese. Ora adulti e costretti a stare di nuovo insieme di fronte alla tragedia, la famiglia deve finalmente affrontare i fantasmi del loro passato, alcuni dei quali sono ancora in agguato nelle loro menti, mentre altri potrebbero nascondersi nell’ombra.

Non siamo come le altre famiglie, siamo diversi…per via di dove siamo cresciuti, Hill House.

 

Parliamone

Allora il mio scopo oggi è di parlare delle differenze fra queste due opere ma anche di parlare individualmente di queste.

Ho terminato da poco di leggere il libro che è stato una lettura piacevole, forse una delle più piacevoli di quest’anno e una volta iniziato il mio primo pensiero è stato proprio “wow, non pensavo fossero così diversi la serie e il libro”.

Iniziamo parlando di questo, prima di tutto lo stile di scrittura l’ho apprezzato molto, lessi anche “Siamo sempre Vissuti nel Castello” della Jackson qualche anno fa (e scrissi anche la recensione), oltre a ricordarmelo molto per lo stile ovviamente leggendo questo titolo è stato per me quasi imperativo ad un certo punto fare il confronto fra quello e Hill House, perché nei libri della Jackson ciò che fa più paura, fa più accapponare la pelle non è principalmente il luogo (al quale certo viene attribuita una gran rilevanza) ma sono più che altro le persone.

Nel libro “L’incubo di Hill House” infatti la protagonista è senza dubbio la casa ma verso fine libro quando si arriva alla risoluzione ci si accorge che è il comportamento delle persone che si muovono dentro a destare inquietudine, comportamento smosso dalla casa da ciò che fa intendere l’autrice.

Di descrizioni di Hill House sono raccapriccianti, il potere di queste è talmente forte che dopo averle lette si avverte quasi una carcassa mostruosa a forma di casa che prende forma nella mente del lettore, senza guardare immagini o altro, questo è uno dei magici poteri delle descrizioni.

Tornando poi allo stile un attimo vorrei davvero rinnovare i miei complimenti per quello della Jackson perché è uno di quelli che ti fanno avvertire tutto in modo intenso e concentrato ma senza essere scarno o al contrario troppo saturo di parole a volte anche inutili, è un bilanciamento perfetto.

Le descrizioni dell’autrice poi mi fanno l’effetto di quelle della Woolf, passerei giorni solo a rileggerle, perché sono quelle descrizioni che non ci si stanca mai di leggere.

Come ho detto all’inizio ci sono moltissime differenze fra la serie e il libro, prima di tutto la serie è molto più piena, questa prima stagione incentrata su questo titolo ha ben 10 episodi di 40 massimo 70 minuti l’uno quindi la prima domanda che mi era sorta anche mesi fa era “ma come si fa ad avere una serie così lunga con un libro di 233 pagine?”.

Infatti nella serie sono stati introdotti molti altri personaggi e la vicenda è stata senza dubbio ampliata e largamente modificata, sono stati aggiunti anche alcuni nuovi… spazi, diciamo così.

Partendo dai personaggi che sono la vita del libro e della serie qui abbiamo delle modifiche enormi, infatti nel libro troviamo Luke che è l’erede della dimora Hill House, Theodora che ha sempre un dono (come nella serie), Eleanor, soprannominata Nell che esce da una situazione molto pesante ovvero l’essere stata accanto alla madre fino ai 32 anni e fino alla morte di questa mesi prima della partenza per Hill House, Hugh Crain che è un personaggio proveniente dal passato ed era il proprietario della casa e infine Mrs e Mr Dudley che come nella serie sono le persone che si occupano della manutenzione nella casa quindi la donna cucina e assicura la pulizia e il marito invece si occupa di vari mestieri insomma.

Nella serie tv c’è un legame di sangue fra i personaggi, quindi abbiamo Olivia e Hugh Crain che sono i genitori di Theo, Luke, Nellie, Shirley e Steven. Shirley, Steven e Olivia sono infatti personaggi inventati solo per la serie se vogliamo perché i loro nomi e le loro vicende non prendono ispirazione dal libro in nessun modo, anche se a volte nel libro il personaggio di Eleanor somiglia a Olivia per le proprie esperienze. Abbiamo poi sempre Mrs e Mr Dudley che sono meno rigidi rispetto all’opera scritta dove vengono descritti come personaggi decisamente ostili o che comunque incutono timore.

Theo nella serie è diversa dal libro per il carattere, infatti nella serie è un personaggio piuttosto chiuso e sulla difensiva mentre nel testo è più estroversa ma ha comunque questo “dono”, Luke è un personaggio che sia nel libro che nella serie non è risaltato particolarmente ai miei occhi, ma nella serie lo seguiamo nel suo difficile processo di riabilitazione dall’uso di droghe, nel libro invece è l’erede della dimora ma non ha particolari caratteristiche come personaggio. Eleanor o Nell invece sia nella serie che nel libro ha un enorme ruolo, forse è anche il personaggio più sofferente, senza dubbio in entrambi in casi diciamo che non ha una sorte felice.

Infine Hugh è un altro personaggio importante nella serie, anche nel libro ma meno, infatti nel testo lo conosciamo solo per alcune prove scritte e alcuni insegnamenti che voleva tramandare alle figlie per cui aveva costruito la dimora in origine.

C’è un mistero che smuove tutta la vicenda e riguarda la casa, la vera protagonista, la domanda è “ma è la casa la causa di tutto la sofferenza e di tutto ciò che accade al suo interno o sono le persone che ci vivono e delle presenze che vagano da stanza a stanza?”,  nella serie è di poco più evidente secondo me che la colpa, se così vogliamo dire è delle presenze mentre nel libro il male è la casa come abitazione, c’è un qualcosa secondo Shirley Jackson della casa che ingurgita chiunque vi entri e lo costringe a farsi assorbire piano piano fino a non riuscire più a staccarsi.

Quindi questa è un altra forte differenza perché viene spontaneo domandarsi il perché e in queste due opere sembra esserci un perché diverso.

La casa è il perno di tutto, sembra un organismo vivente che mastica piano piano chi le fa visita, chi entra all’interno di questa diventa una preda, la casa ne interpreta il pensiero, lo fa proprio.

Come dicevo anche prima nella serie è stato fatto di grande lavoro di ampliamento quindi partendo da ciò che si aveva in mano ovvero il testo della Jackson si è deciso di espandere e modificare il tutto, per esempio la stanza rossa presente nella serie non nasce da un idea della Jackson o la donna con il collo spezzato non c’è nel libro, come non c’è il fantasma che perseguita Luke o non c’è Polly, la presenza che spinge Olivia a fare qualcosa di terribile.

Diciamo anche che nel libro non si parla mai di vere e proprie presenze, l’autrice ha voluto incentrare tutto più sugli eventi e sulla reazione dei personaggi che su delle ipotetiche presenze, quindi ad un certo punto nel testo Eleanor scopre assieme agli altri una scritta sul muro fatta con il gesso “AIUTO ELEANOR TORNA A CASA”, somiglianza con la serie ma non verrà mai spiegato o fatto intuire chi ha scritto ciò, l’autrice non fa intendere la presenza di spettri o entità.

 

screen-shot-2018-10-13-at-2-56-22-am.png

Nel libro c’è una crescente ansia legata sopratutto al personaggio di Nell, infatti la Jackson è una maestra del condizionamento mentale, ad un certo punto non si capisce più infatti se Nell immagina di ritrovarsi in una situazione in cui le persone accanto la sopportano mal volentieri o se è effettivamente così.

Diciamo anche che nel testo Eleanor è un personaggio che ha sofferto molto, non ha mai avuto determinate libertà, ha vissuto una vita segregata in pratica e ora ritrovarsi libera a fare questa nuova esperienza è incredibile per lei, ma dato che per tutto il testo seguiamo (a volte di più a volte di meno) i suoi pensieri ci rendiamo conto da lettori di quanto la sua mente vada in pezzi man mano che ci avviciniamo alla fine, la vicenda inizia con un buon affiatamento fra lei e Theo (che ricordiamo qui nel libro sono due sconosciute) ma qualcosa si rompe dopo un po’ e agli occhi di Nell questa diventa una persona odiosa da sopportare, finisce per odiarla, sia lei che Luke, ma non è ben chiaro se i comportamenti che vede in lei accadono realmente o se è lei che ci ricami sopra.

Anche con Luke accade lo stesso, l’autrice lancia delle frecciatine per far capire che Luke ha un interesse per Nell ma leggendo a dire il vero lui non si comporta come se lo avesse, con lei si comporta quasi come si comporta con Theo quindi in modo piuttosto amichevole senza fare gesti che possano far intendere altro, tranne magari verso la fine ma questo pezzo subisce il grande interrogativo di prima “ciò che accade sta accedendo veramente o è la mente di Nell che ormai sta andando in frantumi e immagina ciò che non sta accadendo?”.

Insomma diciamolo sia nella serie che nel libro Nell è uno dei personaggi principali, il più amato almeno da me, mi è piaciuta nel libro ma non tanto quanto nella serie, a volte nel libro non è chiaro il suo modo di agire, viene accusata dagli altri di voler essere al centro dell’attenzione, ma pensando al suo passato di ragazza privata di questa agognata attenzione queste non sono accuse veritiere per me.

The Haunting of Hill House - Season One - Review - Always Our Forever Home (9).PNG

Sicuramente nella serie abbiamo anche molti altri temi da trattare mentre nel libro accade qualche fatto strano dal punto di vista paranormale ma la vicenda ruota attorno a questi 4 personaggi essenzialmente.

Infatti nella serie tv abbiamo come dicevo il personaggio della donna dal collo spezzato che segue Nell da sempre e come dissi anche mesi fa è intuibile che si tratti della stessa Nell, la cosa più interessanti di tutte però nella serie per me è la misteriosa porta rossa, cosa si nasconde dietro a questa? Perché Hugh non ha mai avuto una sua porta rossa?

Come dicevo nel libro non esiste la porta rossa ma Nell ad un certo punto comincia a diventare quasi una parte della casa, ne sente i movimenti, avverte gli spostamenti delle persone al suo interno, tranne che nella biblioteca viene detto, un altra camera invece che ha un’attenzione particolare nel libro è la camera delle bambine in cui c’un freddo innaturale, forse gli ideatori della serie sono ispirati a una di queste due stanze.

source.gif

Comunque cos’è la stanza rossa? E’ una stanza della casa che si trasforma, prende le sembianze del desiderio di chi entra all’interno, per Olivia era un salotto da lettura, per Luke la casa sull’albero, per Theo una stanza per danzare, insomma è una stanza molto importante e perché ne parlo ora, perché a fine serie quando tutti i personaggi entrano nella stanza si ripete un concetto che è presente anche nel libro, ovvero che la casa sembra digerire le emozioni e le sensazioni di chi abita all’interno, asseconda i pensieri e  gli stati d’animo delle persone, viene detto da Nell che la stanza è come lo stomaco dell’abitazione.

C’è anche nel libro questo concetto ma lì non troviamo una vera e propria stanza che condensa tutto ciò.

Insomma le opere sono molto diverse fra loro anche se i concetti citati nel testo vengono ripresi quasi tutti nella serie, ma in questa ne vengono aggiunti anche di nuovi, le puntate sono tante e alcune persone hanno criticato il fatto dell’allungare il brodo, io guardando la serie non ho avuto questa sensazione, come ho sempre detto uno dei pochi difetti della serie è il fatto di partire una po’ in sordina e magari nella serie alcuni concetti sono resi meglio di altri ma se non avete ancora visto questa serie tv ve ne consiglio la visione immediatamente perché io l’ho vista quest’anno e ad ora è per me una delle migliori scoperte del 2019.

Il libro mi è piaciuto molto, l’ho preso in mano, interrotto e ripreso non per colpa del testo ma a causa di vari impegni e di altre opere che stavo leggendo nel mezzo, ma una volta ripreso in mano l’ho divorato. Come sempre uno dei fatti più affascinanti della Jackson è l’analisi psicologica dei personaggi e dei misteri che si celano anche dopo la fine del libro, infatti tutto ruota sul “è successo davvero?”, la mente e uno stato di disagio in cui ci si trova può catapultarci in un mondo ambiguo?

A fine testo sembra palese che Nell sia finita in uno stato mentale disturbato prima di compiere un atto terribile, ascoltando il testo quest’atto è una conseguenza di Hill House ma anche di uno stato psicologico non del tutto sano già della ragazza.

Tutto termina in una spirale sempre più oscura e tetra in cui nulla è certo oramai, né ciò che si sente, né ciò che si pensa.

Quindi alla fine io non posso far altro che consigliarvi caldamente la visione e la lettura sia del libro che della serie, la serie è stata un’avventura come lo è stato il libro, quel tipo di avventura che ci si ricorda anche dopo mesi e colora un periodo di un preciso colore.

In entrambe le opere si fa leva sull’aspetto psicologico e deviante delle menti delle persone coinvolte, quanto è suggestione e quanto è realtà?

15-hohh-109.w700.h467.jpg

E voi?

Avete mai visto questa serie? Se sì cosa ne pensate? Vi è piaciuta? Se no, vorreste darle un’occasione? E il libro? Cosa ne pensate? Fatemi sapere!

A presto!

notes_190131_143522_b6d_1-e1548941801294

Stranger Things 2 – Dobbiamo Parlarne!

Inizia la #XmasMaratona! Evviva! Ed è anche venerdì! Felicità x2!

giphy (8)

Con questa gioia nei cuori iniziamo, oggi primo di dicembre, con un articolo in cui parliamo assieme di Stranger Things 2, più di un anno fa (oddio sono già invecchiata di un anno) avevo scritto un articolo in cui vi parlavo della prima stagione di questa chicca e dato che voglio essere coerente e continuativa, cosa che non sono mai, ho deciso di scrivere un articolo sulla seconda stagione.

Tra l’altro sono andata a rileggermi alla veloce il mio vecchio articolo di un anno fa e sarò precisina io, ma quando trovo degli errori mi vergogno sempre mortalmente, perché da genio assoluto quale sono la maggior parte delle volte non rileggo gli articoli. Bene.

Ormai quasi tutti hanno già parlato di ST2 (abbreviamolo così) e io sono un po’ l’ultima della fila ma questa cosa non mi ha mai turbata più di tanto, anzi ammetto di essermela presa comoda.

Come per l’articolo sulla prima stagione, vi avviso che NON faro spoiler, quindi se non lo avete visto potete leggere comunque in tutta tranquillità questo articolo.

Iniziamo subito!

ST2-Final_poster

Episodi: 9

Stagioni: 2

Ambientazione: anni ’80

Cast: Winona RyderMillie Bobby BrownGaten MatarazzoCaleb McLaughlinNatalia DyerDavid HarbourNoah SchnappCharlie HeatonFinn Wolfhard, Sadie Sink, Sean Astin, Paul Reiser e Dacre Montgomery.

Ideatori: Matt e Ross Duffer

 

Horizontal-line-lines-divider-writing-decorative-public-domain-KIr5tM-clipart

Trama (Primo Episodio)

Quasi un anno dopo gli avvenimenti della prima stagione, una ragazza psichica con un tatuaggio come quello di Undici contrassegnato col numero #008 lavora come membro di una banda criminale a Pittsburgh. Intanto ad Hawkins, Mike, Will, Lucas e Dustin incontrano una ragazza nuova della loro scuola, Maxine soprannominata “Max” che attrae subito l’interesse di Dustin e Lucas; il fratello maggiore della ragazza, Billy, conosce nel frattempo Steve. Mike e Nancy stanno ancora cercando di affrontare le perdite rispettive di Undici e Barb, mentre Will ha spesso visioni del Sottosopra, nella quale si staglia nel cielo un’enorme figura vivente simile ad un ragno. Per tale motivo Joyce e Hopper portano il ragazzino a fare visite periodiche presso l’ “Hawkins National Laboratory”, ora gestito dal dottor Owens. Quest’ultimo continua a effettuare esperimenti al portale per il Sottosopra che permane aperto nei sotterranei della struttura.

 

rule

Recensione

Inizio con il dire che prima di iniziare la visione della seconda stagione temevo cambi di azione svantaggiosi, temevo la crisi da seconda stagione insomma.

Invece no, lo dico subito, questa stagione non mi ha assolutamente delusa, per nulla, anzi mi ha stupita e fatta innamorare ancora di più di Stranger Things.

Rispetto a ST1 qui alcune scene le ho trovate più frenetiche, ci sono episodi come l’ottavo in cui succede di tutto e un fatto dopo l’altro sino al colpo di scena finale di puntata, spesso ci si ritrova a trattenere il fiato e altre a sentirlo mancare.

Lo stile anni ’80 che permea l’atmosfera di ogni singola scena resta, come anche i caratteri dei personaggi che non hanno risentito di una stagione anzi li ritroviamo sempre uguali con le loro stesse battute, lo stesso meccanismo di pensiero, la stessa coerenza.

E’ un po’ come ritrovare dei vecchi amici.

Parlando di personaggi ne ho rivalutati alcuni che durante il primo ST non mi avevano conquistata pienamente, in particolare sto parlando di Steve e Will (che nella prima stagione era poco presente).

Il personaggio di Will mi piace molto e penso che il giovane attore che lo interpreta Noah Schnapp, abbia dato una grande prova di recitazione in ST2, sicuramente in questa stagione è stato un vero e proprio protagonista, è stato messo in risalto per tutte le volte in cui non si è visto nella precedente stagione.

Ho sentito molto persone lamentarsi del fatto che il personaggio di Mike poi (interpretato da Finn Wolfhard) sia mancato molto in ST2, in effetti si vede poco e quel poco di solito è di sfuggita tranne negli ultimi episodi in cui è più presente.

Ma io non mi lamento di questo, certo in alcune scene ne ho proprio sentito la mancanza ma l’anno scorso lui era uno dei protagonisti e stavolta invece è toccato a Will, pazienza, abbiamo conosciuto meglio Will.

Parliamo di Steve ora  qui andiamo sui gusti personali (interpretato da Joe Keery), non era uno dei miei personaggi prediletti ma sono stata costretta a ricredermi, in ST2 mi è davvero piaciuto, rimane in essenza quello dell’anno scorso, il suo modo si essere è uguale, ma l’ho trovato maturato e il suo ruolo in ST2 è elettrizzante.

Ci sono anche tre nuovi importanti personaggi, Bob, Max e Billy.

Billy è il fratellastro di Max (interpretato da Dacre Montgomery) ed è un ragazzo aggressivo, narcisista e imprevedibile, mi è piaciuta molto l’interpretazione di Montgomery.

Bob (interpretato da Sean Astin), è uno dei miei personaggi preferiti della seconda stagione forse IL preferito in assoluto, ah Bob il mio cuore.

Ma ahimè, per dei personaggi che si riscattano ce ne sono altri che non convincono, in ST2 non mi hanno convinto Jonathan e Nancy.

Lo so, calma, calma, non sto dicendo che come personaggi non mi piacciono più semplicemente li ho trovati “sciapi”, li vedevo a malapena, era quasi come se non ci fossero anche nelle scene in cui erano presenti.

Vi parla una che l’anno scorso adorava questa coppia e che tifava per il loro avvicinamento, anzi erano quasi in testa alla mia top three di personaggi preferiti ma è successo qualcosa in ST2, non so di preciso cosa ma non mi hanno convinta, non hanno espresso tutto quello che avevano espresso l’anno scorso.

Parliamo subito dei punti negativi, ma non li chiamerei così, sono più che altro delle piccole postille di azioni o situazioni che non mi hanno convinta e sono due.

La prima sono appunto Nancy e Jonathan che erano di spessore come una carta velina per quanto mi riguarda e la seconda è un “processo” che accade nell’ultima puntata e mi ha lasciata con un dubbio.

Cercherò di descrivervelo a larghe linee, nel nono episodio “La Porta” ovvero l’ultimo succedono molte cose importanti e c’è una scena in cui i ragazzi si organizzano per attuare un piano. Ad un certo punto a una parte del gruppetto viene in mente un idea, quanto ormai gli altri si sono allontanati, grazie anche a questa idea tutto punta verso una direzione. Il mio dubbio è “e se a questi ragazzi l’idea non fosse venuta all’improvviso, così di colpo? cosa sarebbe successo?”.

Non è una critica ci tengo a precisarlo è solo un dubbio che non riesco a levarmi dalla testa.

Ci sono diversi messaggi importanti che ho molto apprezzato in questa stagione tra cui anche quello che smentisce il classico becero del “eh ma le donne si conquistano se gli mostri che non ti importa, eh ma devi fare lo strafottente, eh vedi dopo come ti ama… sì, sì, vedi”.

Insomma ragazzi questa serie è bella, non pensavo ad una stagione di questo tipo, così scoppiettante, piena di novità, colpi di scena e invece.

Parlando delle scene della regia ci sono molti momenti al “andiamo a conquistare il mondo” ovvero quelle scene in cui parte la musica a palla (rock anni ’80, quello classico che è sempre una garanzia) e i personaggi iniziano a prepararsi per qualcosa.

Gli effetti sono realizzati alla perfezione, non c’è stato in istante in cui vedendo scene del sottosuolo io mi sia detta “mm qui l’effetto è un po’ titubante” assolutamente no, gli effetti sono pazzeschi, anche perchè in ST2 si gioca molto di più sul sottosuolo.

La ricostruzione anni ’80 è meravigliosa, la fotografia altrettanto, la musica idem, insomma una gran stagione e una gran serie.

Ci sono tutte delle situazioni e delle micro-situazioni che alla fine trovano spiegazione e si concentrano per la risoluzione finale.

Riferimenti a fatti accaduti nelle puntate precedenti a gogò, tutto segue una linea e se in ST1 avevamo il famoso alfabeto scritto sul muro con le lucine qui abbiamo i disegni-tunnel come i demo-cani.

I miei vivi complimenti, ora che ho terminato questa serie posso anche rannicchiarmi sotto le coperte e controllare ossessivamente notizie della terza stagione.

Voto: 

untitled (2)

Molto bene.

Per oggi era tutto gente, noi ci leggiamo domani (che bello scrivere questa frase).

E voi? Avete visto Stranger Things 2? Sì? Vi è piaciuto? No? Avete visto la prima stagione?

A presto!

Elisa

 

 

1922 – Dal Racconto al Film

Buon lunedì gente e buon inizio settimana!

Come ve la passate? Iniziate anche voi ad avere i piedi gelati tutto il giorno?

Oggi torno con un articolo che ho preparato per giorni, infatti oggi parliamo di 1922 (dal racconto al film), ho guardato con piacere il film prodotto da Netflix e per rinfrescarmi la memoria sul racconto l’ho riletto dopo averlo scoperto all’incirca due anni fa.

Non voglio fare il confronto nel dettaglio fra racconto e film, anzi, anche perché penso che sia utile fino ad un certo punto andare ad analizzare due metodi di intrattenimento così diversi fra loro nel dettaglio.

Voglio solo parlarvi di entrambi, fare qualche piccola considerazione e accennarvi a qualche differenza interessante.

Iniziamo!

 

 

Direi di parlare prima del racconto, 1922 come vi accennavo è un romanzo breve o racconto di Stephen King contenuto nell’opera Notte Buia, Niente Stelle assieme ad altri tre racconti.

1922 è il primo racconto di questo volume ed ha una trama molto adatta secondo me a un adattamento cinematografico, anche lo stile con sui è scritto il racconto l’ho trovato “pop” in alcune parti.

Di cosa parla questo racconto e di conseguenza il film?

La storia è quella di Wilfred, padre di Henry e marito di Arlette, amante dei campi e della sua vita da contadino. L’evento che scombussola la vita dell’uomo è la decisione ferma e convinta della moglie di vendere gli acri ereditati dal padre per trasferirsi in città. Dopo la dichiarazione di Arlette di voler abbandonare la campagna per la città, luogo che l’uomo ripudia e detesta, inizia ad innescarsi una scia di eventi raccapriccianti che trascineranno tutto nella tragedia.

Wilfred soggiogherà il figlio Henry infarcendolo di paure che non esistevano prima nella sua mente da giovane spensierato e giorno dopo giorno gli dimostrerà che l’unica soluzione è l’uccisione di Arlette.

Fin’ora non vi ho fatto spoiler (e questa “recensione” sarà senza spoiler) perché questi eventi sono riportati nella trama e si vedono chiaramente nel trailer del film, che tra l’altro vi lascio qui.

Comunque, vi dicevo, i due uccidono la rispettiva madre/moglie e le cose sembrano allinearsi nel migliore dei modi per loro fino a quando sopraggiungeranno delle notizie tutt’altro che positive come la gravidanza di Shannon Cotterie, la fidanzatina di Henry che sarà l’inizio della fine per la dolce coppietta.

Riguardo il racconto conta precisamente 147 pagine ed è molto veloce come racconto, non fa di sicuro annoiare perché nel momento in cui sembra tutto tranquillo spunta un evento che scarica altri problemi nella vita di Wilfred.

Poi come vi accennavo l’ho trovato molto “pop” come racconto, con uno stile facile e adattato al periodo storico certamente non favorevole alla figura femminile, King è bravissimo (non solo in 1922 ma in generale) a ricostruire nei dettagli la parlata, l’atmosfera, il modo di fare tipico di un epoca.

Nel 1922 non c’erano particolari investigazioni nei confronti della sparizione di una moglie, di conseguenza tutte le forze che dovrebbero intervenire per la verità sono blande, la figura dello sceriffo non è per nulla intimidatoria ne nel libro ne nel film.

Sicuramente è un racconto inquietante, direi che tramite l’esperienza di lettura in alcune piccole parti la vicenda diventa paurosa quasi non più solo sinistra, mentre nel film (almeno questo ho avvertito io) l’atmosfera è senza dubbio oscura e in alcune parti anche disturbante ma non paurosa.

Parlando del film è più l’impatto di alcune scene a provocare una certa inquietudine, sia nel racconto che nella pellicola poi c’è un tema anzi un animale ricorrente, ovvero i topi.

Si gioca molto su questo animale non proprio gradito a molti, sopratutto a quelli che soffrono di musofobia, io personalmente non ho questa paura nei confronti di questi animali, anzi ho addirittura un criceto (che ricorda parecchio diciamo), ma dopo la visione del film 1922 ho iniziato a vederli in modo diverso.

C’è addirittura una copertina di una edizione Pickwick che raffigura un topo in copertina, per farvi capire quanto è presente questo animale e quanto si gioca sul senso di repulsione che il ratto ha il potere di far provare.

51003A-P8ZL._SX318_BO1,204,203,200_

Riguardo il film prodotto da Netflix, l’attore che interpreta Wilfred è Thomas Jane che aveva già recitato in altri adattamenti di alcuni titoli di King come L’Acchiappasogni e The Mist.

Diciamo che è abituato alle atmosfere Kinghiane, per quanto riguarda l’attrice che interpreta Arlette invece c’è Molly Parker e per Henry c’è Dylan Schmid.

Sugli attori non ho nulla da dire, mi sono piaciute le loro prove di recitazione, Thomas Jane è stato fantastico perché è riuscito a calarsi nei panni di un contadino disposto a tutto per le proprie convinzioni e per stare dove vuole, un uomo non curante ma intelligente perché Wilfred è un uomo intelligente e spietato.

1922-recensione-del-film-netflix-tratto-stephen-king-recensione-v4-35539-1280x16

La fotografia è veramente ben fatta, ci sono alcuni sprazzi di scene che meritano, a parte alcune piccole scene non così importanti il film come vi dicevo ripercorre alla perfezione il racconto, la maggior parte delle battute sono uguali identiche e mi sono resa conto durante la visione del film che alcune scene sono ricostruite esattamente come me le ero immaginate durante la lettura, è incredibile.

Forse un piccolo punto negativo è il fatto che ci sono alcuni piccoli punti morti o a volte si esagera a tenere una scena per secondi  minuti non necessari con il risultato che lo spettatore potrebbe annoiarsi, un metro di giudizio invisibile che uso spesso è questo: se durante la visione di un film guardo parecchio altrove, faccio altro oppure stoppo molto spesso significa che ogni tanto quel film diventa pesantuccio.

Non è successo molto spesso con 1922 ma ogni tanto è successo, comunque a parte questi piccoli momenti la pellicola regge bene il “confronto” (chiamiamolo così) con il racconto, anzi molto bene.

“[…]Dio mi fulminerà.” “Ammesso che esista.” “Io spero che non esista. Si è più soli, ma spero che non esista. Secondo me tutti gli assassini lo sperano, perchè se non c’è il paradiso, allora non c’è neanche l’inferno.”

Un punto però che non è evidente almeno nel racconto ma lo è nel film, e viene ripetuto più di una volta, è il fatto che in ogni situazione c’è sempre più di una scelta, che c’è sempre un altra scelta, questo concetto nel racconto è lievemente sottinteso ma nulla di più.

Un altra differenza piuttosto lieve è in Henry, il ragazzino del racconto a volte sembra preso dall’euforia e diventa inquietante con le sue risate rumorose nei momenti meno opportuni mentre l’Henry del film è più tranquillo e l’attore che lo interpreta ha il tipico viso da bravo ragazzo quindi non sembra così poco comprensibile come nello scritto di King.

Come vi dicevo prima il film è piuttosto fedele al racconto ma alcune parti sono state tagliate, giustamente direi altrimenti sarebbe durato 4 ore, i tagli maggiori sono sopratutto nelle scene che susseguono la parte centrale della vicenda, Henry fa una scelta sconsiderata e nel testo ci sono molti più dettagli di ciò che accade dopo questa scelta mentre nel film questa sequenza di eventi non viene descritta del tutto.

Comunque, alla fine di questa storia traspare un messaggio molto importante (che avrei voluto fosse più approfondito nel racconto) ovvero che c’è sempre un’altra scelta e che tutto ti si può rivoltare contro, inizi desiderando qualcosa e finisci perdendo qualunque cosa compreso ciò che desideravi dopo aver fatto di tutto per ottenerlo.

Nonostante tutto è difficile provare pena per Wilfred, personalmente non l’ho provata.

Vi consiglio sia il film prodotto da Netflix, sia il racconto di King, a meno che voi non abbiate la fobia dei topi certo, ma veli consiglio entrambi, il film non mi ha per nulla delusa anzi, mi ha piacevolmente sorpresa.

In questa vicenda c’è tutto, fantasmi, allucinazioni, topi, drammi amorosi, molte tragedie, insomma è una storia completa.

E’ stata una bella sorpresa questo film, uno punto a te Netflix e Zak Hilditch.

Bene!

Voi avete mai visto 1922? O letto il racconto? No? Vi ho incuriosito?

Noi ci leggiamo prestissimo gente!

 

Elisa

 

 

 

Scrivere di Ciò che Si E’ Letto

Buongiorno, buon lunedì ma soprattutto buon inizio giugno (in ritardo) people!

Finalmente torno sul blog, non vedevo l’ora di poter scrivere questo articolo!

Oggi non parliamo di un libro in particolare, né di nuove uscite letterarie, né di poesia, parliamo però di un argomento sempre legato ai libri, una questione piuttosto importante su cui da qualche mese mi ritrovo a pensare.

Per la serie “parliamone” oggi ci facciamo quattro chiacchiere tranquille per ragionare sulla questione “scrivere di ciò che si è letto”.

Come ai vecchi tempi oggi con un bel bicchiere di té freddo ci mettiamo a parlare di svariati punti, io mi sa che ci vado piano col té però dato che il grande alleato ventilatore mi ha tradita facendomi prendere un raffreddore di quelli potenti, proprio a giugno.

Mi è capitato qualche volta, ma neanche tanto spesso, di entrare in quello che significa essere una bookblogger o una blogger più in generale.

Oggi vorrei soffermarmi su un dilemma che può attanagliare chi scrive di libri ovvero chi recensisce, chi ne parla, chi li racconta, insomma chi gestisce un blog che parla di libri.

Questo dilemma come vi dicevo mi attanagliava da qualche tempo, prima in maniera lieve poi con il passare delle settimane un grande interrogativo è cresciuto in me alimentato da quel dilemma iniziale, l’interrogativo in questione è:

Qual’è il modo migliore per scrivere di un libro che si è letto?

Una risposta a questa domanda (e un ulteriore conferma del fatto che non sono l’unica ad avere dubbi su ciò che scrivo) è arrivata nelle scorse settimane da Chiara del blog IlMioMondoInventato.

Chiara in un articolo racconta appunto quali sono i criteri utilizzati da lei per scrivere le recensioni che porta sul suo blog, io leggendo questo articolo mi sono posta la stessa domanda che si pone Chiara (oltre a quella di prima) “le mie sono buone recensioni?”

Ovviamente a questa seconda domanda io non posso rispondere, non sono io a poterlo dire.

Questo blog è aperto da un anno e mezzo quindi non da varie ere geologiche ma nemmeno da ieri insomma, le mie recensioni sono cambiate dall’inizio e questo penso sia evidente dando un’occhiata a quelle risalenti ai primi tempi, non sono cambiate solo le recensioni, è cambiato il mio stile di scrittura e la mia concezione riguardo al scrivere un buon articolo, o post.

Andando a guardare sul calendario non è passato molto tempo dal primo post ma il mio approccio è cambiato, si è evoluto.

Quindi mi è venuto spontaneo chiedermi quali sono gli ingredienti necessari per scrivere una buona recensione, le recensioni sono importanti per un blog che parla di libri, molto importanti e si cerca di descrivere un quadro a qualcuno che non lo ha ancora visto, oppure l’ha visto e vuole sentire l’opinione di qualcun’altro.

Trovo che una recensione scritta da qualcuno che si segue influenzi, positivamente o negativamente, un possibile lettore di un determinato titolo quindi una recensione ha il suo peso.

Almeno questo è quello che succede a me, mi è capitato ovviamente anche di acquistare e leggere titoli criticati che a me sono piaciuti, quindi bene o male che se ne parli le recensioni hanno una ripercussione secondo me sulla persona che ti segue e le legge.

Per quanto mi riguarda un buon 35% se non di più nelle mie recensioni rappresenta l’opinione personale, un 20% la scrittura o lo stile di scrittura che ritengo piuttosto importante e il resto la storia di per sè, quindi la trama, i fatti narrati e il resto.

La scrittura dipende sempre anche dal gusto personale, per esempio uno stile come quello di Simenon a me non entusiasma, è troppo coinciso e poco esaustivo dal punto di vista delle descrizioni, mi rendo anche conto però che a qualcun’altro una scrittura simile potrebbe piacere quindi l’opinione personale spalleggia l’intera recensione.

E’ un argomento interessante perché tutti (mi rivolgo ai bookblogger) scrivono le proprie recensioni in modo diverso ed è giusto sia così, in questo modo si ha un ritratto dello stesso titolo sotto punti di vista diversi, questo è un bene ma stando a questa considerazione non esiste un prototipo di recensione ideale ogni recensione è personale e ideale a modo suo.

Nelle mie recensioni di solito tendo a citare i punti positivi e negativi di un libro per poi analizzarli, a me sembra un buon modo per strutturare una recensione ma ci sono moltissimi altri modi per parlare di un libro.

Come scrive sempre Chiara la ricerca è molto importante, necessaria per parlare di un libro nel migliore dei modi è sempre utile sapere qualcosa dell’autore, qualche curiosità sulla pubblicazione insomma senza informazione non si può scrivere una buona recensione.

Ogni volta che mi siedo per scrivere una recensione al pc mi viene spontaneo domandarmi “sto facendo un buon lavoro?” e questo interrogativo persiste anche dopo averlo terminato “ho scritto una buona recensione?”, penso sia comune farsi queste domande.

Quando parlo di un libro non faccio mai spoiler, per il discorso di prima ovvero non importa come ne parli di un determinato titolo la persona che legge l’articolo potrà in futuro leggere quel libro quindi ritengo sia meglio non rivelare particolari che devono rimanere nascosti.

Di solito nelle recensioni non descrivo lo svolgimento della storia a causa spoiler appunto e anche perché quello che un potenziale lettore conosce della storia è scritto nella trama quindi io parlo solitamente della scrittura, dei punti salienti della storia (non tutta) senza entrare nei particolari, delle caratteristiche dell’opera, gli argomenti che tratta e ovviamente racconto le mie opinioni personali.

Magari per un lettore che segue determinati bookblogger penso che la cosa migliore da fare sia trovare il blogger che ha i gusti più simili ai suoi, non è la scoperta della’acqua calda quello che sto dicendo ma la ritengo una considerazione maturata nel tempo.

Bene, questo è quello che è emerso dalle mie personali considerazioni sulle recensioni e sui dilemmi legati a queste.

Ci tengo a dire che ognuno sul proprio blog scrive le recensioni come vuole sempre e solo lui (o lei), non voglio assolutamente insinuare il fatto che è meglio scrivere le recensioni in un determinato modo rispetto ad un altro, non fraintendetemi.

In questo articolo voglio solo parlare sinceramente con voi e dirvi un po’ come scrivo personalmente le mie recensioni, su quali criteri mi appoggio e aprire un sereno dibattito su cosa significa scrivere una recensione.

Voi cosa ne pensate? Ditemi la vostra ragazzi, vi aspetto!

A prestissimo!

Elisa

Stranger Things – Dobbiamo Parlarne!

Weiii bentornati!

Oggi, vi avviso, andremo a parlare di un argomento un tantino diverso da quelli che sono abituata a trattare e che voi siete abituati a vedere sul blog.

Tanto ormai su questo blog si parla di tutto ed è bello così, mixiamo argomenti!

Chiariamo subito che come sempre io NON farò spoiler.

Infatti oggi parleremo di una serie tv molto, molto famosa in questo periodo ovvero Stranger Things.

Ve ne avrei dovuto parlare settimane fa oramai ma volevo prendermi tutto il tempo per farmi qualche ricerca sulla serie e farmi la mia vera opinione con il passare del tempo.

Vi dirò come mi sono avvicinata a questa serie tv.

Dunque, in un caldo e noioso pomeriggio domenicale in cui il mio unico hobby era infastidire quel buon compare che abita con me (si parla del mio cane) di nome Adelmo, mi venne l’idea di farmi un giro su Netflix.

Io non sono quel classico tipo di persona che passerebbe tutto il giorno (a anche la notte) a vedere in continuazione serie tv e film, forse una volta lo sono stata ma con il passare del tempo  quella parte di me si è assopita.

Quindi non ho sempre voglia di vedere “cose” nuove, anzi preferisco passare il tempo scrivendo, ascoltando musica o leggendo.

Ma quella domenica addocchiando una nuova serie così interessante e con Winona Ryder (attrice che io amo), mi sono lasciata andare alla visione di questa serie.

Inutile dirvi che mi sono guardata tutte le puntate una dietro all’altra e ora sono già in astinenza.

stranger-things

Episodi: 8

Stagioni: 1

Ambientazione: anni ’80

Genere: Fantascienza, Soprannaturale

Cast: Winona Ryder, Millie Bobby Brown, Gaten Matarazzo, Caleb McLaughlin, Natalia Dyer, David Harbour, Noah Schnapp, Charlie Heaton e Finn Wolfhard.

Ideata da: Matt e Ross Duffer

dibujado-a-mano-decoracion-para-boda_23-2147521080

Trama

Il 6 novembre 1983 a Hawkins, una remota e tranquilla cittadina dell’Indiana, il dodicenne Will Byers, membro di un ristretto gruppo di quattro amici fraterni, sparisce in circostanze misteriose; allo stesso tempo in un laboratorio segreto nei dintorni della stessa cittadina un ricercatore è vittima di un’inquietante creatura. Dallo stesso laboratorio Hawkins, una stramba ragazzina approfitta della confusione generata dall’incidente per fuggire. Dopo aver trovato rifugio in un ristorante, inseguita da agenti del laboratorio, continua la sua fuga imbattendosi nei tre migliori amici di Will: Mike, Dustin e Lucas, che si erano messi sulle tracce del fidato compagno svanito nel nulla. La ragazza, che si identifica con il numero tatuato sul suo braccio, “Undici”, crea un legame in particolare con Mike, il quale accetta di nasconderla nella sua abitazione.

Si scoprirà poi che i piani degli agenti del laboratorio sono più subdoli e malefici di quello che si possa pensare.

dibujado-a-mano-decoracion-para-boda_23-2147521080

Recensione

Sono sicura che almeno qualcuno di voi abbia sentito parlare di questa serie prima di oggi e credo ve ne abbiano parlato in modo positivo.

Se così non è, ne parlo io.

Partiamo subito da uno di quelli che sono (a mio vedere) uno dei punti di forza di questa serie, ovvero il punto di vista e la caratterizzazione dei giovani.

In Stranger Things molti dei personaggi sono ragazzini o adolescenti ed è affascinante vedere in che modo affrontano alcune vicende come la scomparsa di alcuni loro amici ed è interessante vedere come gli adolescenti possano essere davvero cattivi.

L’ambientazione anni ’80 è curata nei minimi dettagli, io non sono cresciuta in quell’epoca però ho potuto vedere film ambientati e creati in quegli anni quando ero piccola e in un certo senso mentre guardavo questa serie mi sentivo sul divano di casa assieme ai miei genitori.

La recitazione è sicuramente un altro punto di forza perché da quello che ho potuto vedere ogni attore è riuscito a caratterizzare il proprio personaggio in modo convincente e fermo.

Uno dei miei personaggi preferiti è stato Hopper (David Harbour) che è il capo della polizia di Hawkins ed è un uomo ferito dentro dalla scomparsa della figlia, ci viene presentato come un “latin lover” vista la sua propensione ad intrattenersi (e ho voluto fare l’elegante) con molte donne.

Un altro dei miei personaggi preferiti è senza dubbio Jonathan (Charlie Heaton) che è il classico ragazzo preso di mira e non accettato perché considerato strano, insomma un outsider è il figlio Joyce (Winona Ryder) e il fratello di Will (Noah Schnapp).

Per quanto riguarda il mio personaggio preferito nella cerchia dei giovinotti molto giovani, ho amato Mike (Finn Wolfhard), anche se mi è piaciuto molto anche Will che a differenza degli altri però si è visto poco nella serie (non vi dirò cosa intendo con poco altrimenti sarebbe spoiler).

Ultimo personaggio preferito Undici (Millie Bobby Brown), adorabile, meravigliosa.

Direi, parlando di personaggi, di chiudere la parentesi con quello che forse mi è piaciuto meno di tutti non per il fatto che fosse poco caratterizzato o mal interpretato semplicemente non mi ha convinto come personaggio forse per il fatto che a volte fa delle scelte poco coerenti, sto parlando di Nancy (Natalia Dyer).

L’attrice è molto brava ma purtroppo il personaggio di Nancy non riesco proprio a farmelo piacere del tutto.

Stiamo parlando di una serie soprannaturale quindi, sempre senza fare spoiler, ci ritroveremo a vedere degli effetti ad un certo punto.

Questi effetti non hanno niente a che fare con quelli che conosciamo oggi, sono vecchio stampo, sono quegli effetti che riguardandoli oggi ti rendi conto di quanti progressi sono stati fatti in questo campo.

E’ una serie che io invito tutti a guardare, anche se non siete fan del genere fantascientifico o soprannaturale, perché trovo che una serie così non si possa catalogare sotto determinati generi.

Io guardando tutti gli episodi ho visto davvero molto, ci sono storie d’amore, ci sono rapporti d’infanzia molto affascinanti, ci sono rapporti genitori/figli, note di nostalgia e sopratutto sempre tanti colpi di scena e un crescente desiderio nello spettatore di vedere sempre altro senza fermarsi.

Su Stranger Things ci sarebbero da dire così tante cose ma ahimè rischierei di spoilerare tutti gli otto episodi, quindi non entrerò nel dettaglio.

giphy

Quello che vi posso dire però è che non tutti gli eventi accaduti nella prima stagione sono stati chiari quindi spero che nella seconda stagione questi eventi “senza risposta” si chiariscano.

Sto parlando ad esempio del personaggio di Barb (personaggio adorabile) o della vicenda Nancy, Jonathan e Steve.

Parliamo un attimo dell’aspetto musicale, ci sono ovviamente tracce appartenenti agli ’80 e una delle tracce più citate è Should I Stay Or Should I Go dei The Clash (una delle mie canzoni preferite tra l’altro).

Insomma una serie imperdibile per gli amanti degli anni ’80 e delle classiche atmosfere Sci-fi anche se io sinceramente la consiglio veramente a tutti, che siate giovani o adulti non importa.

Voto (prima stagione):

untitled

Guarderò senz’altro la seconda stagione, anzi sono in trepidante attesa e non vedo l’ora di gustarmela.

Detto ciò, correte a guardarla e noi ci leggiamo presto gente!

Rimanete connessi perché sta per arrivare una grande, grande, grande novità qui!!

A presto!

Elisa

Le Signorine di Concarneau – Georges Simenon

Hello!

Dunque, oggi sono qui con un altra recensione, bello vero?

Sapete quando vi ho detto che assieme alla Melodia di Vienna avrei potuto anche inserire un altro titolo? L’ho fatto.

GY42060027

Editore: Adelphi (Anche se la sottoscritta l’ha letto in quest’altra edizione, acquistata in edicola con il Corriere della Sera)

Pagine: 132

Prezzo di Copertina (Ed. Cartacea): Ed. Adelphi € 16,00 

Prezzo e-book: € 9,99

Anno della Prima Pubblicazione: 1936

Link all’acquisto: QUI

Trama

Jules Guérec – quarant’anni, celibe, proprietario di due pescherecci – è sempre vissuto nella cittadina bretone in cui è nato, nella casa adiacente all’emporio che la sua famiglia gestisce da generazioni, nello stesso odore “di catrame, cordami, caffè, cannella e acquavite”, insieme alle due sorelle rimaste nubili, che lo accudiscono con una sollecitudine benigna, occhiuta e possessiva. A loro Guérec deve rendere conto di come spende ogni centesimo. Persino quando gli capita di andare a Quimper, e di non resistere alla tentazione di tornare in quella certa strada dove un paio di signore “arrivate da Parigi” passeggiano “gettando agli uomini sguardi provocanti”, il pensiero di come farà a giustificare i cinquanta franchi mancanti gli rovina il piacere. Sono loro, le sorelle, a sorvegliare tutto, a provvedere a tutto. Anche quella volta che lui, da giovanotto, ha messa incinta una ragazza, è stata Celine – che delle due è la più penetrante e la più spiccia, e che afferma di conoscere il fratello come fosse un figlio suo – a prendere in mano la situazione. Una notte, però, Guérec, senza quasi accorgersene, sarà la causa di un evento tragico, le cui paradossali conseguenze potrebbero forse spingerlo a uscire dal bozzolo soffocante, ma anche tiepido e rassicurante, dei legami familiari.

“Certa gente nasce sotto una cattiva stella…”

Recensione

Ho terminato questo libro negli scorsi giorni e come sempre (più o meno) tendo a riflettere su un libro prima di parlarvene, cerco di ponderare su certi ragionamenti e sopratutto cerco di capire se un libro mi è piaciuto oppure no.

Con questo ho qualche difficoltà, perché non mi è piaciuto però non è neppure un libro illeggibile.

Premetto che stiamo parlando di Simenon, quindi non è il primo tizio che passa per la strada, giusto?

Ho letto in passato qualcosa di questo autore del XX secolo ovviamente tra i centinaia di scritti prodotti da quest’ultimo può essercene magari qualcuno non validissimo e per me questo titolo non è valido come altri suoi titoli.

Ci tengo a sottolineare che questi sono miei semplici pareri e che a differenza di quello che potrebbe sembrare apprezzo molto Simenon.

Partiamo dai punti positivi per me di questo scritto:

  • Il libro scorre piacevolmente e ti invoglia a proseguire la lettura, incuriosendo il lettore per via delle varie situazioni in cui il personaggio si caccerà.
  • Il linguaggio è tutto sommato semplice e diretto e questo facilita la lettura in ogni momento.

Passiamo ai punti negativi:

  • Succedono alcuni fatti gravi all’interno del libro, fatti che non posso raccontarvi altrimenti vi spoilererei tutto il libro, però sono fatti di una certa gravità e io ho avvertito una certa superficialità nel trattarli. Alcuni avvenimenti andavano, secondo me, analizzati il modo migliore di quello adoperato dall’autore.
  • Il personaggio principale, Jules, l’ho trovato profondamente immaturo. Se l’autore non avesse detto che quest’uomo aveva 40 anni io sarei andata avanti per tutto il libro con la ferma convinzione che di anni ne avesse 16.
  • Sento come se questo libro non mi avesse lasciato nulla, uno spunto di riflessione, un ricordo, nulla. E’ stata una lettura per me con poco gusto.

Forse ci sono aspetti nascosti che io non sono riuscita a carpire ma da quello che emerge dopo la lettura mi è sembrato un libro con dei personaggi conservatori e rintanati dalla nascita nello stesso luogo che per colpa dell’immagine che si andrà formando di loro alla gente saranno costretti a prendere decisioni drastiche.

Forse l’unico spunto che io riesco a trarre è questo, che a questi personaggi importa talmente tanto dell’opinione altrui da rischiare persino di lasciare tutto che avevano precedentemente costruito.

Io mi trovo seriamente in difficoltà con questo libro perché ad un certo punto ti prende talmente tanto da proseguire la lettura con una certa frenesia, però al termine io non ho provato assolutamente nulla.

Non mi lascia né un ricordo bello né uno brutto, semplicemente una lettura senza una gran spina dorsale.

Le descrizioni sono apprezzabili, si usa del gergo peschereccio per il fatto che il protagonista assieme alle sorelle vive in questo paesino marittimo in cui la pesca è l’attività ufficiale, quindi interessante sotto questo punto di vista perché si può scoprire una terminologia che magari prima era poco conosciuta.

Però tutto sommato io non riesco a farmelo piacere questo libro, nonostante il rispetto che nutro per Simenon.

Voto:

download (1)

Due stelline, come ho detto il linguaggio è scorrevole e incuriosisce quindi si legge velocemente, però al termine ripensando a quello che avevo letto mi sono detta “ah, ok, va bene”, con una certa indifferenza.

Non so cosa è andato storto.

E questa non è una buona cosa.

Ovviamente se il libro vi è piaciuto non offendetevi, questa è una mia semplice opinione.

Bene!

E voi? Avete letto quest libro? Vi è piaciuto? Sì? Paliamone, confrontiamoci!

A presto!

Elisa