Buon martedì!
Come procede luglio e questa settimana afosa?
Spero che il blog non sia completamente oscurato e introvabile dopo i cambiamenti di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, dovrebbe essere tutto a posto ora… quindi, rieccoci!
Oggi, parliamo di un libro che ho letto all’inizio del 2022, un libro che io avevo già provato a leggere circa 1/2 anni fa ma che non ero riuscita a portare a termine, forse perché non era il momento giusto.
Questo libro tra l’altro fa anche parte di quella specie di tbr annuale che ho stilato alla fine del 2021 nei propositi di lettura per il 2022 e sono stata molto felice di poterlo finalmente segnare come letto dopo essermi goduta la lettura.
Comunque, andiamo con ordine, oggi parliamo de “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.

Il Deserto dei Tartari – Dino Buzzati*
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 300
Genere: romanzo, narrativa
Prezzo di Copertina: € 14,50
Prezzo ebook: € 7,99
P. Pubblicazione: 1940
Link all’acquisto: QUI
*La copertina mostrata è quella dell’edizione che ho letto io, ma il titolo è disponibile in una nuova edizione, edita Mondadori, con una nuova veste grafica che potete trovare cliccando sul link qui sopra.
Incipit
Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione. Si fece svegliare ch’era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di tenente. Come ebbe finito, a luma di una lampada a petrolio si guardò nello specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato. Nella casa c’era un grande silenzio, si udivano solo piccoli rumori da una stanza vicina; sua mamma stava alzandosi per salutarlo.
Trama
Ai limiti del deserto, immersa in una sorta di stregata immobilità, sorge la Fortezza Bastiani, ultimo avamposto dell’Impero affacciato sulla frontiera con il grande Nord. È lì che il tenente Drogo consuma la propria esistenza nella vana attesa del nemico invasore. Che arriverà, ma troppo tardi per lui. Pubblicato nel 1940, “Il deserto dei Tartari” è “il libro della vita” di Dino Buzzati: nell’esistenza sospesa di Giovanni Drogo, infatti, i riti di un’aristocrazia militare decadente si mischiano a gerarchia, obbedienza e alla cieca osservanza di regolamenti superati e anacronistici. La sua storia è una «sintesi della sorte dell’uomo sulla Terra», il racconto «del destino dell’uomo medio» in attesa di «un’ora di gloria che continua ad allontanarsi», finché, ormai vecchio, si accorgerà «che questa sua aspirazione è andata buca». «Probabilmente» ha rivelato l’autore «tutto è nato nella redazione del “Corriere della Sera”, dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se la grande occasione sarebbe venuta o no. Molto spesso avevo l’idea che quel tran-tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva». In questa edizione il testo è accompagnato dalla riproduzione di materiali inediti che permettono di ricostruire la genesi del romanzo e il suo percorso dalla pagina al grande schermo tra cambiamenti e finali diversi.
Recensione
“Il Deserto dei Tartari” è stato pubblicato per la prima volta nel 1940 ed è il libro più famoso dell’autore, anche se Buzzati ha scritto di certo anche altri testi decisamente famosi e apprezzati.
Lo scrittore in un’intervista affermò che lo spunto per il romanzo era nato:
«… dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva.»
Stile, Ritmo e Atmosfera
Lo stile che troviamo è quello tipico di Buzzati, uno stile travolgente che riesce a trascinare il lettore dentro alla vicenda fin dalle prime pagine, viene spontaneo interessarsi alla vita di Giovanni Drogo in viaggio per raggiungere la Fortezza Bastiani e lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita.
Il tono iniziale della vicenda è quasi sconsolato e dubbioso, Drogo è finalmente ufficiale e dovrebbe essere felice per questo, ha studiato per anni in attesa di un tempo simile e come primo incarico deve prestare servizio appunto alla Fortezza Bastiani, un avamposto tempo prima strategico che ora però è quasi sconosciuto ai più, sorveglia solo una desolata pianura denominata “il deserto dei tartari”.
I Tartari (o Tatari) sono una popolazione nomade dell’Asia centrale, federata nel Medioevo con i Mongoli; però alla fine questi hanno poco a che vedere con il libro, infatti Buzzati sfrutta il nome dei Tartari per evocare l’idea di una minaccia militare, di un’invasione da parte di un popolo crudele, un’attacco che sembra non giungere mai, ciò si rivela una motivazione che tiene incorati i personaggi alla Fortezza Bastiani.
Comunque, il ritmo del libro è costante, nonostante il focus sia sul tempo che passa, sulla “fuga del tempo” e sul rimanere bloccati nella speranza di un qualcosa che si spera accadrà in futuro, ma il tempo va avanti e questo qualcosa non accade mai, il ritmo rimane scorrevole.
Infatti fra personaggi secondari, avvenimenti vari e riflessioni di Drogo a me non è mai capitato di avvertire un senso di pesantezza o lentezza nello stile di Buzzati.
“Per le ultime volte vengono a lui nella notte le dolci immagini di un mondo completamente felice. Guai se potesse vedere se stesso, come sarà un giorno, là dove la strada finisce, fermo sulla riva del mare di piombo, sotto un cielo grigio e uniforme e intorno né una casa né un uomo né un albero, neanche un filo d’erba, tutto così da immemorabile tempo.”
Parlando delle atmosfere presenti in questo testo direi che la sensazione è proprio quella di sentirsi vincolati in un ambiente desolato, in attesa di un qualcosa che sembra sempre sul punto di arrivare e ci si continua a preparare per questo qualcosa, si continua ad attendere e intanto si avverte il peso degli anni che passano.
L’assuefazione de “Il Deserto dei Tartari”
Giovanni Drogo è un personaggio di base neutro, un giovane di buone speranze che all’inizio rimane colpito anche negativamente dalla Fortezza Bastiani, pensa che una volta terminato il periodo di permanenza se ne andrà verso prati più verdi, pensa che questa sarà solo un’avventura di pochi mesi, ma come dicevamo prima il tempo passa e Drogo si ritrova invece vittima della Fortezza Bastiani.
I tartari, la Fortezza, alcune minacce che spunteranno nel corso del libro non fanno altro che convincere Drogo a rimanere alimentando quel sospetto e quella convinzione di avere ragione quando si pensa che qualcosa accadrà prima o poi.
“Il Deserto dei Tartari” è un libro che si fonda su questo principio, è una metafora costruita in modo più che sapiente dall’autore che è riuscito a creare simboli e paesaggi che in realtà non sono solo ciò che vediamo, e che Drogo vede, ma sono il simbolo della condizione umana, questa distesa sterminata di cui non si vede chiaramente il fondo da cui potrebbe arrivare una minaccia in ogni momento simboleggia l’ignoranza verso il futuro che ci tiene però attaccati/e alla speranza nei confronti di questo, uno stato di perenne attesa in cui si ha paura di cambiare ciò che si è in quel momento perché le cose potrebbero migliorare o arrivare proprio quando scegliamo di voltarci dall’altra parte e andarcene.
“Era l’ora delle speranze. E lui ritornava a meditare le eroiche fantasie tante volte costruite nei lunghi turni di guardia e ogni giorno perfezionate con nuovi particolari.”
Il libro ha un qualcosa di onirico, ciò che Drogo vive sembra sempre ricoperto da un alone sfocato come se tutta la vita passasse come un serie di eventi già confermati e prestabiliti, che si mischiano assieme.
Il libro può essere interpretato in vari modi, anche come un racconto allegorico, da una parte ciò che leggiamo legato alla vita militare nella Fortezza Bastiani può essere considerato letteralmente per quello che è quindi il racconto di un ufficiale in questo luogo, ma dall’altro lato può anche essere considerato un testo dedicato alla condizione umana, in cui il deserto, il tempo e le minacce rappresentano condizioni umane.
Conclusioni
“Il Deserto dei Tartari” è secondo me un testo geniale, sia per la capacità di Buzzati nel dare vita ad un contesto come quello presente nel volume, sia per l’idea e la rappresentazione della condizione umana mostrata in modo unico e originale.
E’ un libro senza dubbio amaro che getta però il focus anche su vari aspetti della vita, non solo quelli di cui abbiamo parlato, ovviamente non posso andare fino in fondo per evitare di fare spoiler, ma vi posso dire che nel corso del libro incontriamo molti personaggi e vediamo ciò che accade a questi e così facendo vediamo altri lati della medaglia, versioni diverse della vita rispetto a quella che si è scelto Drogo.
Giovanni attende la gloria come i suoi compagni, spera in un futuro di azione e riconoscimento o più che altro cambiamento, vive in questa speranza e nel frattempo il tempo passa e si ritrova vecchio e malato a ripensare alla sua esistenza in una grande parabola che parla di tempo che passa e si perde.
A fine lettura ho assegnato quattro stelle a questo testo, perché ci sono stati punti in cui ho trovato il ritmo abbastanza lento e un poco pesante, ma vi posso dire che a distanza di mesi, mi sento di poter assegnare quattro stelle e mezzo dopo aver digerito a pieno la lettura.
Voto:

E voi? Avete mai letto “Il Deserto dei Tartari”? Se sì, vi è piaciuto? Sì? No? Fatemi sapere!
A presto!
