Il Deserto dei Tartari – Dino Buzzati

Buon martedì!

Come procede luglio e questa settimana afosa?

Spero che il blog non sia completamente oscurato e introvabile dopo i cambiamenti di cui abbiamo parlato qualche giorno fa, dovrebbe essere tutto a posto ora… quindi, rieccoci!

Oggi, parliamo di un libro che ho letto all’inizio del 2022, un libro che io avevo già provato a leggere circa 1/2 anni fa ma che non ero riuscita a portare a termine, forse perché non era il momento giusto.

Questo libro tra l’altro fa anche parte di quella specie di tbr annuale che ho stilato alla fine del 2021 nei propositi di lettura per il 2022 e sono stata molto felice di poterlo finalmente segnare come letto dopo essermi goduta la lettura.

Comunque, andiamo con ordine, oggi parliamo de “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.

Il Deserto dei Tartari – Dino Buzzati*

Casa editrice: Mondadori

Pagine: 300

Genere: romanzo, narrativa

Prezzo di Copertina: € 14,50

Prezzo ebook: € 7,99

P. Pubblicazione: 1940

Link all’acquisto: QUI

*La copertina mostrata è quella dell’edizione che ho letto io, ma il titolo è disponibile in una nuova edizione, edita Mondadori, con una nuova veste grafica che potete trovare cliccando sul link qui sopra.

Incipit

Nominato ufficiale, Giovanni Drogo partì una mattina di settembre dalla città per raggiungere la Fortezza Bastiani, sua prima destinazione. Si fece svegliare ch’era ancora notte e vestì per la prima volta la divisa di tenente. Come ebbe finito, a luma di una lampada a petrolio si guardò nello specchio, ma senza trovare la letizia che aveva sperato. Nella casa c’era un grande silenzio, si udivano solo piccoli rumori da una stanza vicina; sua mamma stava alzandosi per salutarlo.

Trama

Ai limiti del deserto, immersa in una sorta di stregata immobilità, sorge la Fortezza Bastiani, ultimo avamposto dell’Impero affacciato sulla frontiera con il grande Nord. È lì che il tenente Drogo consuma la propria esistenza nella vana attesa del nemico invasore. Che arriverà, ma troppo tardi per lui. Pubblicato nel 1940, “Il deserto dei Tartari” è “il libro della vita” di Dino Buzzati: nell’esistenza sospesa di Giovanni Drogo, infatti, i riti di un’aristocrazia militare decadente si mischiano a gerarchia, obbedienza e alla cieca osservanza di regolamenti superati e anacronistici. La sua storia è una «sintesi della sorte dell’uomo sulla Terra», il racconto «del destino dell’uomo medio» in attesa di «un’ora di gloria che continua ad allontanarsi», finché, ormai vecchio, si accorgerà «che questa sua aspirazione è andata buca». «Probabilmente» ha rivelato l’autore «tutto è nato nella redazione del “Corriere della Sera”, dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se la grande occasione sarebbe venuta o no. Molto spesso avevo l’idea che quel tran-tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva». In questa edizione il testo è accompagnato dalla riproduzione di materiali inediti che permettono di ricostruire la genesi del romanzo e il suo percorso dalla pagina al grande schermo tra cambiamenti e finali diversi.

Recensione

“Il Deserto dei Tartari” è stato pubblicato per la prima volta nel 1940 ed è il libro più famoso dell’autore, anche se Buzzati ha scritto di certo anche altri testi decisamente famosi e apprezzati.

Lo scrittore in un’intervista affermò che lo spunto per il romanzo era nato:

«… dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva.»

Stile, Ritmo e Atmosfera

Lo stile che troviamo è quello tipico di Buzzati, uno stile travolgente che riesce a trascinare il lettore dentro alla vicenda fin dalle prime pagine, viene spontaneo interessarsi alla vita di Giovanni Drogo in viaggio per raggiungere la Fortezza Bastiani e lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita.

Il tono iniziale della vicenda è quasi sconsolato e dubbioso, Drogo è finalmente ufficiale e dovrebbe essere felice per questo, ha studiato per anni in attesa di un tempo simile e come primo incarico deve prestare servizio appunto alla Fortezza Bastiani, un avamposto tempo prima strategico che ora però è quasi sconosciuto ai più, sorveglia solo una desolata pianura denominata “il deserto dei tartari”.

I Tartari (o Tatari) sono una popolazione nomade dell’Asia centrale, federata nel Medioevo con i Mongoli; però alla fine questi hanno poco a che vedere con il libro, infatti Buzzati sfrutta il nome dei Tartari per evocare l’idea di una minaccia militare, di un’invasione da parte di un popolo crudele, un’attacco che sembra non giungere mai, ciò si rivela una motivazione che tiene incorati i personaggi alla Fortezza Bastiani.

Comunque, il ritmo del libro è costante, nonostante il focus sia sul tempo che passa, sulla “fuga del tempo” e sul rimanere bloccati nella speranza di un qualcosa che si spera accadrà in futuro, ma il tempo va avanti e questo qualcosa non accade mai, il ritmo rimane scorrevole.

Infatti fra personaggi secondari, avvenimenti vari e riflessioni di Drogo a me non è mai capitato di avvertire un senso di pesantezza o lentezza nello stile di Buzzati.

“Per le ultime volte vengono a lui nella notte le dolci immagini di un mondo completamente felice. Guai se potesse vedere se stesso, come sarà un giorno, là dove la strada finisce, fermo sulla riva del mare di piombo, sotto un cielo grigio e uniforme e intorno né una casa né un uomo né un albero, neanche un filo d’erba, tutto così da immemorabile tempo.”

Parlando delle atmosfere presenti in questo testo direi che la sensazione è proprio quella di sentirsi vincolati in un ambiente desolato, in attesa di un qualcosa che sembra sempre sul punto di arrivare e ci si continua a preparare per questo qualcosa, si continua ad attendere e intanto si avverte il peso degli anni che passano.

L’assuefazione de “Il Deserto dei Tartari”

Giovanni Drogo è un personaggio di base neutro, un giovane di buone speranze che all’inizio rimane colpito anche negativamente dalla Fortezza Bastiani, pensa che una volta terminato il periodo di permanenza se ne andrà verso prati più verdi, pensa che questa sarà solo un’avventura di pochi mesi, ma come dicevamo prima il tempo passa e Drogo si ritrova invece vittima della Fortezza Bastiani.

I tartari, la Fortezza, alcune minacce che spunteranno nel corso del libro non fanno altro che convincere Drogo a rimanere alimentando quel sospetto e quella convinzione di avere ragione quando si pensa che qualcosa accadrà prima o poi.

“Il Deserto dei Tartari” è un libro che si fonda su questo principio, è una metafora costruita in modo più che sapiente dall’autore che è riuscito a creare simboli e paesaggi che in realtà non sono solo ciò che vediamo, e che Drogo vede, ma sono il simbolo della condizione umana, questa distesa sterminata di cui non si vede chiaramente il fondo da cui potrebbe arrivare una minaccia in ogni momento simboleggia l’ignoranza verso il futuro che ci tiene però attaccati/e alla speranza nei confronti di questo, uno stato di perenne attesa in cui si ha paura di cambiare ciò che si è in quel momento perché le cose potrebbero migliorare o arrivare proprio quando scegliamo di voltarci dall’altra parte e andarcene.

“Era l’ora delle speranze. E lui ritornava a meditare le eroiche fantasie tante volte costruite nei lunghi turni di guardia e ogni giorno perfezionate con nuovi particolari.”

Il libro ha un qualcosa di onirico, ciò che Drogo vive sembra sempre ricoperto da un alone sfocato come se tutta la vita passasse come un serie di eventi già confermati e prestabiliti, che si mischiano assieme.

Il libro può essere interpretato in vari modi, anche come un racconto allegorico, da una parte ciò che leggiamo legato alla vita militare nella Fortezza Bastiani può essere considerato letteralmente per quello che è quindi il racconto di un ufficiale in questo luogo, ma dall’altro lato può anche essere considerato un testo dedicato alla condizione umana, in cui il deserto, il tempo e le minacce rappresentano condizioni umane.

Conclusioni

“Il Deserto dei Tartari” è secondo me un testo geniale, sia per la capacità di Buzzati nel dare vita ad un contesto come quello presente nel volume, sia per l’idea e la rappresentazione della condizione umana mostrata in modo unico e originale.

E’ un libro senza dubbio amaro che getta però il focus anche su vari aspetti della vita, non solo quelli di cui abbiamo parlato, ovviamente non posso andare fino in fondo per evitare di fare spoiler, ma vi posso dire che nel corso del libro incontriamo molti personaggi e vediamo ciò che accade a questi e così facendo vediamo altri lati della medaglia, versioni diverse della vita rispetto a quella che si è scelto Drogo.

Giovanni attende la gloria come i suoi compagni, spera in un futuro di azione e riconoscimento o più che altro cambiamento, vive in questa speranza e nel frattempo il tempo passa e si ritrova vecchio e malato a ripensare alla sua esistenza in una grande parabola che parla di tempo che passa e si perde.

A fine lettura ho assegnato quattro stelle a questo testo, perché ci sono stati punti in cui ho trovato il ritmo abbastanza lento e un poco pesante, ma vi posso dire che a distanza di mesi, mi sento di poter assegnare quattro stelle e mezzo dopo aver digerito a pieno la lettura.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Il Deserto dei Tartari”? Se sì, vi è piaciuto? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

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CitaTime

“Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c’è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. […] Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra che non abbia mai voglia di calare al tramonto.”

“Gravava oramai nella sala il sentimento della notte, quando le paure escono dai decrepiti muri e l’infelicità si fa dolce, quando l’anima batte orgogliosa le ali sopra l’umanità addormentata.”

“Sembrava ieri, eppure il tempo si era consumato lo stesso con il suo immobile ritmo, identico per tutti gli uomini, né più lento per chi è felice né più veloce per gli sventurati.”

“La vita gli appariva inesauribile, ostinata illusione, benché la giovinezza fosse già cominciata a sfiorire. Ma Drogo non conosceva il tempo. […] E lui aveva invece disponibile una semplice e normale vita, una piccola giovinezza umana, avaro dono, che le dita delle mani bastavano a contare e si sarebbe dissolto prima ancora di farsi conoscere.”

Dino Buzzati

Il Panettone non Bastò – Dino Buzzati

Buon mercoledì e benvenuti/e nel penultimo giorno di maratona!

Ebbene sì, domani diremo “arrivederci” a questa maratona, ma non pensiamoci, c’è sempre tempo per rimandare le cose tristi.

Oggi concentriamoci su un libro di cui io voglio assolutamente parlarvi, l’ho già citato in un “Pillole Letterarie”, ma merita una recensione completa a sé.

Ovvero “Il Panettone non Bastò“, di Dino Buzzati, una raccolta di racconti, scritti, pensieri, dell’autore tutti riguardanti il Natale, che è stata la scoperta più piacevole fra i testi letti in preparazione alla maratona, il mio preferito.

L’ho lasciato per ultimo proprio per questo, per deliziarci di questo libro alla fine, prima della Vigilia, quindi direi di iniziare a parlarne per bene!

Il Panettone non Bastò – Dino Buzzati

Casa Editrice: Mondadori

Pagine: 240

Prezzo di Copertina: € 13,00

Prezzo ebook: € 7,99

Anno di Pubblicazione: 2019

Link all’acquisto: QUI

Trama

Trentatré racconti che, a partire dagli anni Trenta alla morte, Buzzati dedicò al Natale: c’è il ricordo del suo primo Natale adolescenziale senza il padre, una riflessione sulla tecnica dei regali, una fiaba illustrata dallo stesso scrittore bellunese. E ancora, il racconto scritto a bordo dell’incrociatore su cui Buzzati prestava servizio come inviato di guerra, una poesia su Gesù Bambino. Ne risulta un lungo viaggio nel mondo di un grande scrittore attraverso la lente di un argomento che lo ha sempre stimolato, offrendogli lo spunto per considerazioni più ampie. Una raccolta di pagine toccanti che disegnano il ritratto di un uomo e della sua vita, svelata attraverso abitudini, contraddizioni e meraviglie del Natale.

E’ inutile. Natale anche stavolta si svolgerà secondo le modalità tradizionali, tutto andrà come sempre: oggi ci sentiamo così buoni, domani sera, dopodomani al massimo, torneremo le solite carogne.

Recensione

Questa raccolta presenta articoli, racconti, poesie, fiabe e resoconti autobiografici di Buzzati sul Natale, che non festeggiava in generale questa festività, non capiva e non amava questo rito. Nonostante la sua sua repulsione per questa festività Buzzati si ritrova spesso la tematica Natale fra le mani, questo giorno diventa importante anche nella sua produzione, infatti scriverà vari testi sulla festa.

In questi scritti c’è anche un modo per entrare nell’intimità di Buzzati, nei pensieri e nei significati attribuiti al Natale dell’autore quindi.

Racconti, poesie, lezioni, tematiche

In questi racconti, scritti in generale, ci sono messaggi, lezioni, critiche, al Natale e al comportamento delle persone che ruota attorno a questa festa, Buzzati guarda quasi da lontano la festività e la analizza in modi diversi, mantenendo in molti di questi scritti un tono amaro e abbastanza critico.

Buzzati si concentra sulla facciata che le persone indossano durante il giorno di Natale, questo desiderio di provare ad essere migliori e di riuscirci, dimenticando di esserlo nel resto dell’anno.

Punta una luce sul consumismo, sulla distanza fra le persone nella celebrazione, su cosa significhi veramente il Natale come festività e su come sia stata travasato nei tempi odierni ecc. ecc.

La maggior parte di questi testi sono stati scritti dagli anni ‘40 agli anni ‘60.

Questa raccolta pubblicata nel 2019 è un collage di tutti i racconti e scritti ritrovati in giornali o nel privato di Buzzati.

Scritti

Gli argomenti come dicevo sono parecchi ma tutti legati bene o male al Natale, di solito per ogni raccolta mi perdo a parlarvi di ogni racconto in modo individuale, in questo caso non lo farò, perché gli scritti sono davvero parecchi e perché alcuni si somigliano fra loro, quindi finirei per fare una specie di listona.

Cambiano sempre anche le ambientazioni in questa raccolta, in un racconto siamo sperduti in mezzo al mare con un reggimento di soldati che malinconicamente pensa all’essere soli in mezzo al nulla e alla distanza che li separa dalla famiglia, in un altro racconto sorvoliamo una città italiana con ii fantasmi dei famosi bue ed asinello, quelli originali diciamo, che si perdono a mirare le persone che corrono in ansia da ogni parte e pensano tristemente che questo non è il Natale che conoscono.

Le poesie sono soprattutto verso la fine e sono abbastanza rare, in generale la raccolta presenta soprattutto articoli presi dai giornali su cui Buzzati scriveva.

Ritroviamo la classica poetica buzzatiana, quindi la gioventù, l’attesa, la famiglia, l’asprezza dei sentimenti sotto la loro luce più realistica.

Penso davvero che questa sia la raccolta perfetta da leggere per le feste, per la varietà dei racconti, per il fatto che ruotano tutti attorno a questa tematica, ma senza risultare mai troppo esagerati o insistenti su certi pensieri o critiche.

Senza pensarci due volte consiglierei questa raccolta a chiunque abbia voglia di leggere racconti profondi, ma non troppo impegnatici che lanciano una luce fredda sul Natale a tratti.

Conclusioni

E’ molto complesso parlare di questa raccolta perché abbiamo all’interno molti testi vari, diversi fra loro, e sarebbe troppo complesso parlare di ognuno in modo specifico, sta di fatto che ci sono le classiche dinamiche e ambientazioni alla Buzzati nel Natale.

Voto:

Di tutti i libri natalizi che ho letto a novembre, questa lettura rimane la più vivida, quella che mi portato nel clima di calore del Natale, non proprio un clima di festa, dato le riflessioni a volte cupe, ma decisamente interessanti e importati.

Vorrei leggere più raccolte di questo tipo, con questa potenza e questo vigore.

E voi? Avete mai letto “Il Panettone non Bastò”? Sì? No? Fatemi sapere!

A domani!

Pillole Letterarie #21

Ancora, scrivete che, per quanto dirlo sia scandalo, la più grande furberia è quella di non essere furbi, perché costoro si fabbricano palazzi di marmo rivestiti d’oro ma alla fine avranno un conto troppo pesante da pagare. E perciò insegneremo ai nostri figli di evitare la furberia come la peste (anche di essere astuti noi abbiamo troppe volte tentato negli anni decorsi). Scrivete, per quanto possa apparire enorme, che un cuore pulito è meglio di un’auto a otto cilindri e cambio di marcia automatico, lunga da qui fin lì.

Allora per la prima volta nella vita quella sera di Natale, benché fossimo in tanti e tutti ci volessimo sinceramente bene a vicenda, ci siamo accorti di essere soli. […] Perché bello non significa soltanto bello ma può significare anche terribile e profondo. Anzi. Le più grandi bellezze, in questo mondo, forse stanno proprio qui. Nel dolore, nel rimpianto di ciò che è stato e non sarà più, nella nostra solitudine, della quale noi in genere non ci accorgiamo, o preferiamo non pensarci. Ma verrà il giorno.

#libriconsigliati#

#piccolistralciletterari#

La Boutique del Mistero – Dino Buzzati

Buona Epifania ragazzi/e e finalmente ben tornati/e sul blog!

Ahhh che gioia essere tornata, le feste sono finite, o meglio finiscono oggi, ed è ora di ripartire con quinta anche.

Come sono state queste feste? Vi siete divertiti/e? Vi siete riposati/e? Spero davvero di sì!

Con il ritorno alla normalità come avrete notato la grafica del blog si allontanata dal Natale, ogni anno dopo la fine delle feste natalizie ci tengo a tornare con una nuova grafica perché dato che andiamo incontro ad un anno nuovo è giusto un po’ di rinnovamento!

Comunque iniziamo questo nuovo anno con una recensione, nello specifico la recensione de “La Boutique del Mistero” di Dino Buzzati, libro in lettura nel mese di dicembre sul gdl LiberTiAmo.

Ripartiamo people!

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La Boutique del Mistero – Dino Buzzati

Casa Editrice: Mondadori

Genere: Raccolta di Racconti

Pagine: 208

Prezzo di Copertina: € 12,00

Prezzo ebook: € 7,99

Anno di Pubblicazione: 1968

Link all’Acquisto: QUI

 

Trama

Trentuno racconti, scelti e ordinati da Dino Buzzati «nella speranza di far conoscere il meglio di quanto ho scritto», compongono questa raccolta. Racconti (celeberrimi “Il colombre”, “I sette messaggeri”, “Sette piani”, “Il mantello”) in cui allegorie inquietanti, spunti surreali, invenzioni fantastiche coesistono con dati di cronaca, o presunti tali, che sembrano rimandare a possibili realtà metafisiche. Il racconto è infatti per Buzzati un momento di indagine profonda ed emozionante in un’atmosfera magica: poche volte, nella letteratura italiana, uno scrittore ha esplorato così a fondo il mistero che circonda l’uomo, le debolezze e i paradossi che lo caratterizzano, la sua solitudine, le sue esperienze.

“Io uomo fatto, lui appena adolescente.
Ma una sera all’improvviso, in solitudine all’insaputa della intera umanità, con una matita in mano, egli scrisse alcune righe, e subito cominciò a staccarsi da terra.
Volava un po’ sghembo, librandosi simile a falco giovanetto sopra le case e gli alberi, entrava e usciva dalle grandi nuvole bianche del cielo, si sentiva a casa sua lassù; macché ali, un mozzicone di lapis copiativo fra le dita gli bastava.”

Recensione

Questo è stato il mio primo Buzzati completo, dato che mesi fa ho iniziato “Il Deserto dei Tartari” senza portarlo a termine e anni fa “Un Amore” senza portarlo a termine.

Non per motivi particolari, nel primo caso dopo averlo iniziato stavo anche adorando la lettura ma sono subentrati altri libri e questo è finito sotto alla pila, mentre nel secondo caso ricordo di non aver avuto molto entusiasmo.

Ma parliamo della Boutique del Mistero, è una raccolta di racconti, parecchi racconti, trentuno nello specifico, la maggior parte sono piuttosto brevi massimo 4/5 pagine ma ci sono alcune eccezioni.

Dato che non è un romanzo o racconto lungo ad essere sincera fatico a dirvi qualcosa di specifico dato che non posso fare spoiler e in questo libro ci sono 31 situazioni diverse, ma ci sono alcuni punti in comune, ogni racconto ha lo scopo di “insegnare” o suggerire un qualcosa, una lezione, un risvolto a certi atteggiamenti o situazioni.

In alcuni racconti anche, verso la fine del libro, compare anche Buzzati stesso che si inserisce in qualche avventura.

Il problema principale con i racconti è il tralasciarne alcuni che alla fine non ti hanno lasciato niente, è come se davanti agli occhi ti passassero 31 immagini di panorami diversi e dopo averli visti tutti solo alcuni ti rendi conto di averli ancora in giro per la mente.

Quindi su 208 pagine solo alcune mi hanno lasciato qualcosa, in particolare l’ultimo racconto mi è piaciuto particolarmente, Buzzati scrive della morte della madre in termini e in ragionamenti commoventi e sentiti, questo ve lo dico dai anche se è un mini spoiler, il racconto si intitola “I Due Autisti” perché Buzzati pensa a il fulcro del discorso fra i due autisti che stanno trasportando la defunta madre, e riflette sull’egoismo dei figli e il bisogno della donna in vita della vicinanza negata da questo.

E’ molto commovente e un finale perfetto per questa raccolta.

 “Io invece no. Io andavo in giro per Milano ridendo e scherzando con gli amici, idiota, delinquente che ero, mentre il costrutto della mia stessa vita, l’unico mio vero sostegno, l’unica creatura capace di comprendermi e di amarmi, l’unico cuore capace di sanguinare per me (e non ne avrei trovati altri mai, fossi campato anche trecento anni) stava morendo.”

Altro racconto che mi è piaciuto, forse il più citato del libro è “Inviti Superflui”, qui l’autore pensa ad una donna e alla diversità che li separa oltre che alle possibili scene che potrebbero vivere assieme se fossero ancora assieme e se questa forse fosse diversa.

E’ un testo poetico, romantico e capisco perché è il più citato.

Infine, ve ne cito tre perché alla fine sono quelli che mi sono rimasti più impressi, altro racconto che mi gironzola ancora per la testa è “Il Cane che ha Visto Dio”, uno dei racconti più lunghi dell’opera.

Si dividono in due categorie i racconti di questo libro, quelli che vogliono lasciare al lettore un messaggio, una lezione diciamo e quelli che invece vogliono solo parlare di un pensiero, di uno stato d’animo dell’autore, camuffati questi ultimi sotto personaggi o scene che non vanno dritte al punto.

C’è anche qualche atmosfera gialla/inquietante come nel racconto “I Topi”, che nonostante sia piuttosto breve riesce ad iniettare nel lettore una certa ansia.

Questo è un elemento anche che mi fa capire quanto un autore di racconti sia bravo nello scrivere, perché in uno scritto di poche pagine riesce a costruire una tensione tangibile come se prima ci fossero altre 200 pagine che ti hanno portato a quel punto.

Insomma Buzzati scrive bene, non c’è niente da fare, lo stile è medio direi, non troppo semplice nè troppo articolato, godibile, veloce con qualche descrizione che aiuta ad immaginare lo scenario senza appesantire la lettura.

Lo stile è ottimo anche perché ti spinge a continuare la lettura, di racconto in racconto fino alla fine.

Alcuni racconti hanno un ingrediente magico, si parla di religione, truffa, umiltà, perdita, ipocrisia e molti altri temi.

Mi ha stupito la critica dell’autore che si ripete diverse volte nei confronti delle classi più abbienti, il signori del tempo che guardavano con disprezzo i poveri, Buzzati li critica aspramente in un modo a volte più marcato e a volte più sottile.

La critica sociale è sentita dall’autore e si ripresenta in diversi racconti.

E’ un testo che consiglierei a chi ama i racconti, la volatilità di questi, la critica sociale e la riflessione su temi degni di analisi senza mai sfociare in un qualcosa di troppo diretto.

Tuttavia a parte questi racconti citati prima non mi è rimasto molto di questo libro, alcune trovate mi sono piaciute, la simbologia è affascinante ma di 208 me ne ricordo una ventina.

Il resto è stato piacevole certo ma questo non toglie il fatto che non credo ripenserò un granché a questo libro nei prossimi mesi.

Voglio però leggere di sicuro altro di Buzzati, perché mi ha incantata con il suo stile e vorrei proseguire con “Il Deserto dei Tartari” che mi stava piacendo da impazzire.

Voto:

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Credo che tre stelline sia una valutazione più che giusta per me, è comunque un libro che consiglierei anche perché ci sono alcune perle degne di essere lette almeno una volta all’interno.

E voi? Avete mai letto “La Boutique del Mistero”? Vi piace Buzzati? Si? No?

Ancora ben tornati a tutti,

a presto!

Elisa

 

 

 

CitaTime

 “Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.

Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi geni ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi.

Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.

Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Orione, cullata da piroga sacra.

Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti. “

Dino Buzzati

CitaTime

“Sentiva un’ombra di opaca amarezza, come quando le gravi ore del destino ci passano vicine senza toccarci e il loro rombo si perde lontano mentre noi rimaniamo soli, fra gorghi di foglie secche, a rimpianger la terribile ma grande occasione perduta.”

– Il Deserto dei Tartari, Dino Buzzati