Buon lunedì!
Pensavate fossi sparita per sempre portando con me la recensione di “Isola” vero? E invece eccomi qui!
Come state? Come procede questo agosto? Ma sopratutto, siete sopravvissuti/e fino ad ora al caldo?
Comunque, oggi parliamo di quello che è stato il libro di luglio per il gruppo di lettura LiberTiAmo, che vi ricordo per il mese di agosto è in pausa estiva ma torneremo a metà agosto per il sondaggio di settembre (solo a pensare a settembre mi sento venir meno), quindi mi raccomando preparatevi a votare.
Ma!
Non perdiamoci in chiacchiere e andiamo a parlare di “Isola”.
Isola – Siri Ranva Hjelm Jacobsen
Editore: Iperborea
Pagine: 215
Prezzo di Copertina (Ed. Cartacea): € 17,00
Prezzo ebook: € 9,99
Anno della Prima Pubblicazione: 2018
Link all’Acquisto: QUI *
Trama
Una giovane ragazza danese ha nostalgia di un’isola verde e impervia battuta dai venti del Nord, un’isola delle Faroe dove non ha mai vissuto ma che ha sempre sentito chiamare «casa», perché da lì emigrò la sua famiglia negli anni Trenta. Comincia così, dall’urgenza di riappropriarsi delle sue origini e di una cultura che ha ereditato ma non le appartiene, il suo viaggio di ritorno a Suduroy, da cui nonno Fritz, pescatore dell’Artico, partì alla ricerca di un destino migliore, e nonna Marita, sognatrice irrequieta, fuggì verso il mondo e la modernità. Un viaggio nella storia di una famiglia e di questo piccolo arcipelago sperduto nell’Atlantico, che è stato coinvolto nel secondo conflitto mondiale e nella guerra fredda e che ha lottato fieramente per una sua autonomia dalla Danimarca. Un viaggio nella memoria e nel mito che perdura in queste terre sospese nel tempo, tra le asprezze di una natura primigenia, dove ogni racconto di vita si colora di leggenda, dall’amore segreto tra Marita e Ragnar il Rosso, falegname filosofo e ribelle che chiama i gabbiani «i proletari del mare», alla roccia incantata nel giardino di zia Beate, che attira sciagure su chi prova a rimuoverla. Romanzo d’ispirazione autobiografica, “Isola” è un canto d’amore alle Faroe e un racconto sulle ripercussioni intime dell’emigrazione, sul ruolo degli affetti e dei legami di sangue nell’identità di una persona, sul bisogno di radici o almeno di un’Itaca dell’anima, un posto che si possa chiamare casa.
Abbi mi insegnò la sua nostalgia come un versetto biblico, su cui battevamo e ribattevamo (…) Le isole di cui aveva nostalgia non avevano una posizione geografica. Io lo sapevo, e di sicuro lo sapeva anche omma. Che quella di abbi era una patria fluttuante.
Recensione
Allora, inizio subito con il dire che ero entusiasta per questo libro, infatti dopo aver visto che aveva vinto il sondaggio non vedevo letteralmente l’ora di buttarmi nella lettura.
Il libro ha 215 ma si legge davvero alla veloce, un po’ per l’impaginazione (non so voi ma secondo me i formati dell’Iperborea rendono tutto più bello) e un po’ per il fatto che non è per nulla uno stile di scrittura pesante, anzi lo è ma in un modo particolare e tra poco vi spiego cosa intendo con questa affermazione.
Ovviamente c’è da tenere conto del fatto che questo libro appartiene alla narrativa nordica quindi ha uno stile particolare, che di certo non può essere apprezzato da tutti secondo me.
Ma torniamo un attimo a ciò che vi dicevo, ovvero il mio entusiasmo per questo libro, questo entusiasmo si è prolungato fino ad un certo punto della lettura perché il libro più o meno fino a pagina 50 è piacevole, non si capisce molto di quello che sta succedendo ma è una lettura leggera, godibile.
Ci si ritrova subito faccia a faccia con questo “stile particolare”, io non ho letto molto appartenente alla narrativa nordica, la prima autrice rappresentante di questa narrativa che mi viene in mente è Tove Jansson ma lei rispetto alla Jacobsen ha uno stile che ti permette di capire molto di più.
Io penso, sempre parlando di stile che è il punto più controverso di quest autrice e di questo libro che uno stile particolare è sempre interessante da scoprire ma questo da un certo punto in poi diventa pesante.
Non dico che sia un libro impossibile da apprezzare, anzi sono sicura che qualcuno lo apprezzerà o lo ha già fatto ma a me è sembrato di leggere una lista di metafore, paragoni e ricordi aggrovigliati che confondono sempre di più il lettore.
Confusione, questo è il termine con cui definirei questo libro.
All’inizio questa quantità innumerevole di metafore la trovavo quasi piacevole ma più mi inoltravo nel libro e più mi rendevo conto che di quello che leggevo non mi rimaneva nulla, perché la maggior parte sono metafore vuote messe lì tanto per buttare questo simil guizzo di poesia.
Ci sono anche diverse tradizioni o tratti distintivi, leggende o curiosità della popolazione delle isole Faroe che io ho trovato buttate lì e mai spiegate, vengono date per certo come se il lettore fosse un’esperto di queste isole e delle loro tradizioni.
Al che penserete “vabbè Elisa se non sai certe cose le vai a ricercare su Google”, quello che ho pensato anche io, dato che poi non è che ci sia tanta scelta.
Questo ovviamente può essere un punto negativo o positivo a seconda della persona, perché scoprire nuove tradizioni di altri paesi (o isole in questo caso, ah che battuta) è sempre interessante.
Ecco, se vogliamo trovare un punto positivo a questo libro è che ciò che si scopre, e i panorami che a volte vengono descritti (mi raccomando non senza l’ausilio di miliardi di metafore) sono davvero piacevoli.
Piccola nota sulle metafore, a me piacciono molto, anzi vorrei trovarne di più nei libri ma ci sono due tipi di metafore, quelle che vogliono davvero dire qualcosa e quelle buttate lì che non vogliono significare nulla, ma scritte solo per dare l’impressione di avere un mood poetico.
Insomma, se dovessi dirvi cosa mi ricordo di questo libro dopo averlo terminato la mia risposta sarebbe “quasi nulla a parte qualche scena interessante”.
I personaggi non mi hanno emozionata, a parte due o tre che erano personaggi di contorno tra l’altro, degli altri non ricordo nulla di particolare.
E’ uno di quei libri che spariscono dopo poco nel cervello.
Il significato, di riscoperta della propria patria è sempre un qualcosa che mi prende nella lettura ma in questo caso non l’ho quasi sentito questo messaggio, è passato tutto in secondo piano, a parte in alcuni momenti in cui sembrava che il libro virasse verso la giusta direzione per poi riprendere con quel groviglio di ricordi.
Voto:
Mi ha deluso questo libro sopratutto per il fatto che penso si potesse fare di più con un’idea di base originale come quella su cui si basa il libro, la scrittura è esagerata, sovraccarica, infatti dopo poco stanca il lettore se non fosse per l’ambientazione.
E voi? Avete letto “Isola? No? Sì? Vi è piaciuto? Ditemi!
A prestissimo,
Elisa
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