Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle – Stuart Turton

Buon venerdì e ben ritrovatə!

Partiamo oggi con la prima recensione del 2023, finalmente! E’ stato un inizio anno bello intenso e avrei voluto parlarvi già mesi fa di questo testo, che ho letto appunto nel 2022, ma l’importante è essere comunque qui con la nostra prima recensione dedicata ad un testo e poter finalmente parlare di questo acclamatissimo romanzo, sono felice di poter tornare a pieno ritmo.

E per voi, come sono state queste prime settimane del 2023?

Dunque, oggi parliamo de “Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle” di Stuart Turton, un romanzo di cui si è parlato parecchio, in tutti i luoghi e in tutti i laghi, e fiumi e torrenti, ovunque insomma.

La prima volta che ho affrontato questo testo mi sono ritrovata nel pieno fallimento e costretta al momentaneo abbandono, ma l’anno scorso mi sono convinta a riprenderlo in mano e dopo un poco di fatica iniziale sono riuscita a portarlo a termine.

Parliamone!

Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle – S. Turton

Casa editrice: Neri Pozza

Pagine: 523

Genere: mystery, thriller, narrativa

Prezzo di Copertina: € 18,00

Prezzo ebook: € 9,99

P. Pubblicazione: 2019

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Dimentico tutto tra un passo e l’altro. “Anna!” mi ritrovo a gridare, per poi chiudere la bocca di scatto, sorpreso. Ho il vuoto nel cervello. Non so chi sia Anna, né perché stia chiamando il suo nome. Non so nemmeno come abbia fatto ad arrivare qui. Sono in un bosco, e mi proteggo gli occhi dalla pioggia sottile. Sento il cuore che batte all’impazzata. Puzzo di sudore e mi tremano le gambe. Devo aver corso, ma non ricordo perché. “Come ho…” mi interrompo nel vedere l’aspetto delle mie mani. Sono ossute e brutte. Le mani di un estraneo. Non le riconosco.

Trama

Blackheath House è una maestosa residenza di campagna cinta da migliaia di acri di foresta, una tenuta enorme che, nelle sue sale dagli stucchi sbrecciati dal tempo, è pronta ad accogliere gli invitati al ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle. Gli ospiti sono membri dell’alta società, ufficiali, banchieri, medici ai quali è ben nota la tenuta degli Hardcastle. Diciannove anni prima erano tutti presenti al ricevimento in cui un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcastle – ha segnato la storia della famiglia e della loro residenza, condannando entrambe a un inesorabile declino. Ora sono accorsi attratti dalla singolare circostanza di ritrovarsi di nuovo insieme, dalle sorprese promesse da Lord Peter per la serata, dai costumi bizzarri da indossare, dai fuochi d’artificio. Alle undici della sera, tuttavia, la morte torna a gettare i suoi dadi a Blackheath House. Nell’attimo in cui esplodono nell’aria i preannunciati fuochi d’artificio, Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola lentamente nell’acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa. Morta, per un colpo di pistola al ventre. Un tragico decesso che non pone fine alle crudeli sorprese della festa. L’invito al ballo si rivela un gioco spietato, una trappola inaspettata per i convenuti a Blackheath House e per uno di loro in particolare: Aiden Bishop. Evelyn Hardcastle non morirà, infatti, una volta sola. Finché Aiden non risolverà il mistero della sua morte, la scena della caduta nell’acqua si ripeterà, incessantemente, giorno dopo giorno. E ogni volta si concluderà con il fatidico colpo di pistola. La sola via per porre fine a questo tragico gioco è identificare l’assassino. Ma, al sorgere di ogni nuovo giorno, Aiden si sveglia nel corpo di un ospite differente. E qualcuno è determinato a impedirgli di fuggire da Blackheath House…

Recensione

Se si esclude la componente fantastica, il romanzo ha caratteristiche christiane, con indizi precisi sparsi in (quasi) tutti i capitoli e un assassino da individuare; all’inizio è presente una dettagliata pianta della villa e dei terreni attorno ad essa; è inoltre presente l’elenco di tutti i personaggi. È strutturato in sessanta capitoli; quando l’identità del protagonista cambia, all’inizio del capitolo vi è appuntato il giorno in cui esso si svolge.

Stie, Ritmo e Atmosfere

Dunque, lo stile di Turton è piuttosto godibile a livello generale, certamente non è la caratteristica che spicca in questo testo e in alcuni segmenti l’ho trovato un poco prolisso, sopratutto nella parte iniziale del testo che penso sia quella più ostica proprio perché si può avere qualche difficoltà ad ingranare, e a tratti il ritmo sembra rallentare ed una conseguenza può essere appunto quella di perdere per un tot di pagine la concentrazione o l’interesse almeno per vari aspetti della vicenda.

In questo mystery c’è quell’aspetto legato alla parte iniziale in discesa/stallo rispetto al resto, nel senso che la partenza è intrigante ma man mano che si va avanti ci si immerge in un ritmo che rallenta un poco, però una volta ripreso il ritmo di certo torna l’interesse legato alla risoluzione finale e al mistero che è alla base del libro, ma in alcuni punti l’autore si prende il suo tempo, è un testo che procede con un ritmo tutto sommato lento, anche perché abbiamo molti personaggi e ci sono parecchi dettagli ed eventi da incastrare.

Le atmosfere del volume sono legate ad un senso più o meno costante di pericolo, fino alla fine il nostro protagonista che cambia ogni giorno corpo e identità è minacciato da fattori vari di ogni tipo, interni ed esterni, legati al corpo cui è legato in quel momento o alle persone che lo circondano e in tutto questo ha solo otto giorni di tempo per risolvere un mistero piuttosto intricato, senza contare il fatto che si gioca la libertà con altri individui.

Oltre al pericolo ci si sente costantemente intrappolati in una specie di ciclo infinito da cui non si sa come uscire, insomma queste atmosfere funzionano bene, ovviamente non sono sempre presenti, ma ci sono momenti in cui diventano parecchio intense, è un testo con uno sfondo claustrofobico.

I punti forti

Sicuramente uno dei punti di forza di questo romanzo è la struttura stessa e l’idea alla base di questa, il fatto che il nostro narratore salti ogni giorno da un corpo e un carattere all’altro, perché prende anche le caratteristiche caratteriali del personaggio di cui si “impossessa” e questo continuo salto sia effettivamente ben gestito dall’autore e non è un qualcosa di semplice anche perché i personaggi non sono pochi.

La struttura a primo acchito può sembrare parecchio intricata e complessa da imparare, perché il nostro narratore si risveglia il primo giorno in cui lo incontriamo nei panni di un certo Sebastian Bell, un dottore che sembra gestire traffici strani, questo Sebastian sembra non ricordare nulla di sé, del luogo in cui si trova e del perché si preoccupi di una certa Anna. Successivamente le cose inizieranno ad assumere contorni più definiti quando Bell incontrerà un certo individuo vestito da medico della peste, costui gli comunicherà le regole di questa specie di mistero/gioco in cui il narratore è uno dei tre individui che partecipano a questa sfida presenti in questo luogo, Blackheath House appunto, in cui è accaduto un fatto tragico ovvero un omicidio, quello di Evelyn Hardcastle.

Il narratore si ritroverà a vivere per otto giorni, in otto corpi diversi quello che di base è sempre lo stesso giorno, quello dell’omicidio. La vincita finale a questo gioco è la libertà del narratore che sembra appunto intrappolato in questo luogo in un loop senza fine.

Un altro aspetto interessante è il fatto che se una incarnazione per qualche motivo finisce fuori gioco, magari sviene, gli viene fatto del male o è momentaneamente non “disponibile” come corpo da abitare, la narrazione va comunque avanti e si passa all’incarnazione successiva, c’è questo continuo salto e a volte ad esempio al giorno sei viene ripresa l’incarnazione del giorno tre, perché magari quel personaggio era svenuto al giorno tre. So che può sembrare complessa come struttura, ma una volta che ci si prende la mano può scorrere più fluida.

Abbiamo quindi otto personaggi diversi per caratteristiche varie legate al fisico, alla personalità, alla posizione ecc. ecc. L’autore fa un gran bel lavoro sotto questo punto di vista perché riesce a dare ad ogni personaggio delle caratteristiche ben precise tenendo sempre quel qualcosa riconducibile al vero narratore che si nasconde sotto le spoglie del personaggio del giorno. Ognuno ha una sua voce e dei tratti distintivi precisi, ad esempio all’ottavo giorno incontriamo Gold che è un artista e nonostante arrivati a questo punto del libro il vero narratore sia in uno stato particolare, si riesce comunque a farsi una idea di Gold staccata dalla figura del narratore, come se avesse una sua personalità e non fosse solo un corpo e uno strumento che viene utilizzato.

Anche perché un’altra sfida del narratore è quella di rimanere fedele in un certo senso a i pochi ricordi che gli restano e non farsi trascinare dalle varie personalità di cui si impossessa.

Quindi la struttura e i personaggi sono di certo punti che vanno a favore dell’autore, sono a mio vedere ben riusciti.

I punti deboli

Ora, nei punti deboli vi dico subito che sarò molto generica purtroppo perché non volendo fare spoiler non posso dirvi quali sono gli aspetti precisi che non mi hanno convinta, perché sono punti molto specifici legati ad eventi importanti che si legano gli uni agli altri all’interno del testo e parlarne nel dettaglio vorrebbe dire spoilerare, quindi cercherò di prenderla alla larga.

Ci sono quei classici eventi in cui i personaggi si comportano in un modo che alla fine, conoscendo la risoluzione, scoprendo l’arcano mistero e guardando il quadro generale, non ha così senso.

Ad esempio c’è un personaggio che si muove in modo ravvicinato nei confronti di un altro personaggio che si nasconde sotto mentite spoglie, e questo non lo riconosce minimamente o comunque non nota nulla di diverso nonostante sia molto vicino a questo.

Oppure ancora, non si spiega perché guardando la spiegazione finale a queste specie di loop si tenta a favorire un personaggio rispetto ad un altro, quando entrambi sono persone pericolose.

Più generica di così non posso essere, me ne rendo conto.

Questo è un romanzo che da anche la possibilità alla fine di una libera interpretazione per quanto riguarda il genere, perché può cadere in un testo onirico/fantastico o in un distopico/fantascientifico, ci sono delle domande a cui non viene data nessuna risposta e certo questa è una scelta dell’autore per lasciare anche questa libera interpretazione, però io avrei gradito quanto meno qualche risposta in più.

Ho creduto per tutto il tempo ad un universo terreno, quindi pensavo fossimo in un luogo sulla Terra in cui (per un non ben specificato motivo) accade questo strano fatto del loop degli otto giorni fino alla risoluzione, ma in realtà il testo verso la fine (in un particolare dialogo che speravo fosse più esaustivo) apre un mondo anche ad altre possibilità non così legate alla realtà se vogliamo o ad un qualcosa di terreno e contemporaneo.

Il libro lascia il lettore con molte domande a cui si può provare a rispondere vagando con la fantasia, ma dopo 526 pagine, intrighi su intrighi, persone che sembrano essere realmente esistite (almeno nella realtà del romanzo), una vicenda che si pensa reale e su cui si attendono chiarimenti, io mi aspettavo qualche certezza in più, è forse troppo comodo alla fine sfregarsi le mani e dire: “Ok, adesso pensaci tu lettore e incastra le cose come vuoi”.

Conclusioni

E’ un testo che mi ha suscitato emozioni contrastanti perché se da una parte sono stata soddisfatta di essere finalmente riuscita a completare questa lettura, dall’altra parte mi sono ritrovata delusa per questo vuoto che ho avvertito nel finale e queste “scaglie” di eventi che alla fine non hanno senso nel quadro generale, anche se sono ben poca cosa rispetto a questa risoluzione traballante.

Ci sono stati dei momenti in cui ero decisamente dentro alla narrazione e verso la fine mi sono ritrovata a divorare il testo, leggendo le ultime 150 pagine alla velocità della luce, ma ci sono anche stati momenti tiepidi e deludenti.

Devo dire che la mia valutazione finale vaga tra le tre stelle e le tre stelle e mezzo.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle”? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A presto!

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LiberTiAmo di Gennaio e Febbraio (2023)

Buona domenica e buon primo dell’anno!

Possiamo finalmente dare il benvenuto a questo 2023! Spero che il vostro ultimo dell’anno sia stato da ricordare, in modo positivo si spera… Avete festeggiato? Avete assaporato il dolce sapore dell’anno maledetto che se ne va?

Ora, una volta salutato il 2022 e guardato al 2023 possiamo iniziare a parlare della prima lettura dell’anno per il gruppo di lettura, LiberTiAmo, in cui ogni mese leggiamo assieme un libro in massima libertà, ci trovate come sempre su Goodreads.

In questo caso il libro di gennaio sarà anche quello di febbraio, perché parliamo di un mattone russo, “Vita e Destino” di V. Grossman.

Vita e Destino – V. Grossman

Casa editrice: Adelphi

Link all’acquisto: QUI

Trama

«Ho appena terminato un grande romanzo a cui ho lavorato per quasi dieci anni…» scriveva nel 1960 Vasilij Grossman, scrittore noto in patria sin dagli anni Trenta (e fra i primi corrispondenti di guerra a entrare, al seguito dell’Armata Rossa, nell’inferno di Treblinka). Non sapeva, Grossman, che in quel momento il manoscritto della sua immensa epopea (che aveva la dichiarata ambizione di essere il Guerra e pace del Novecento) era già all’esame del Comitato centrale. Tant’è che nel febbraio del 1961 due agenti del KGB confischeranno non solo il manoscritto, ma anche le carte carbone e le minute, e perfino i nastri della macchina per scrivere: del «grande romanzo» non deve rimanere traccia. Gli occhiuti burocrati sovietici hanno intuito subito quanto fosse temibile per il regime un libro come Vita e destino: forse più ancora del Dottor Živago. Quello che può sembrare solo un vasto, appassionante affresco storico si rivela infatti, ben presto, per ciò che è: una bruciante riflessione sul male. Del male (attraverso le vicende di un gran numero di personaggi in un modo o nell’altro collegati fra loro, e in mezzo ai quali incontriamo vittime e carnefici, eroi e traditori, idealisti e leccapiedi – fino ai due massimi protagonisti storici, Hitler e Stalin) Vasilij Grossman svela con implacabile acutezza la natura, che è menzogna e cancellazione della verità mediante la mistificazione più abietta: quella di ammantarsi di bene, un bene astratto e universale nel cui nome si compie ogni atrocità e ogni bassezza, e che induce a piegare il capo davanti alle sue sublimi esigenze. «Libri come Vita e destino» ha scritto George Steiner «eclissano quasi tutti i romanzi che oggi, in Occidente, vengono presi sul serio».

Inizialmente fu concepito dall’autore come la seconda parte di un grande libro sulla Seconda Guerra Mondiale, seguendo, con l’ampiezza e la generosità tipica del romanzo ottocentesco, molti destini individuali che si intrecciano con le vicende del tremendo conflitto tra l’URSS e la Germania nazista. Come corrispondente di guerra per quasi tre anni, egli seguì tutte le fasi del conflitto fra Tedeschi e Sovietici, raccontando per primo il genocidio degli Ebrei nell’Europa Orientale e fu presente a molte famose battaglie. La scrittura di Vita e destino fu motivata in parte dal senso di colpa che provava per la morte della madre, Ekaterina Savel’evna, assassinata nei massacri di Berdychiv, città natale dello scrittore, compiuti dai tedeschi, che gettarono trentamila corpi in un’enorme fossa comune nel settembre 1941.

Il libro sarà in lettura per tutto il mese di gennaio e tutto il mese di febbraio.

E voi? Avete mai letto “Vita e Destino”? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

2023: Obbiettivi di Lettura, Reading Challenge e Recap 2022

Buon mercoledì!

Come state? Come avete trascorso i precedenti giorni di festa? Avete assaporato a pieno l’atmosfera natalizia?

In questi giorni di transizione fra le feste natalizie e la fine dell’anno è finalmente arrivato il momento di parlare degli obbiettivi di lettura per il 2023, delle varie reading challenge e di fare un piccolo recap delle letture del 2022.

Adoro questa tipologia di articolo, ogni anno infatti mi piace mettermi qui e pensare un poco ai vari libri da leggere nell’anno successivo e valutare la situazione, poi non sempre mantengo gli obbiettivi, ma è bello comunque farli e immaginare le prossime letture.

Dunque, iniziamo con ordine parlando dell’anno attuale e di Goodreads, infatti ogni anno mi piace pensare a quanti libri leggere nell’anno seguente e impostare l’obbiettivo su Goodreads per poi vedere alla fine se sono riuscita oppure no a rispettare il numero, è un qualcosa che mi piace fare anche per automotivarmi, poi se va a buon fine bene, altrimenti bene comunque.

Nel 2021 mi ero imposta l’obbiettivo di leggere 60 libri nel 2022 e con mia grande sorpresa sono riuscita nell’intento, ad oggi 28 dicembre infatti ho letto 65 libri, potrebbero diventare 66 prima della fine dell’anno, ma non ne sono certa.

Mi ero anche fatta una tbr vera e propria di 30 libri selezionati dalla mia libreria tra quelli che risiedevano anche da più tempo sulle mie mensole, una tbr che ho tenuto per tutto l’anno tra i widget a destra nel blog e ogni volta che portavo a termine un titolo andavo ad inserire una piccola V. Ecco di questi 30 ne ho letti 12, è vero non sono neanche la metà, ma sono felice comunque perché da persona che solitamente fallisce in pieno nelle tbr almeno essere arrivata a 12 è un traguardo, poi alcuni di questi testi risiedevano davvero da anni in libreria in attesa di essere letti. Anche se io sono dell’idea che non ci sia assolutamente niente di male in questo, perché alla fine quando si ha un testo tra le file della libreria lo si legge al momento in cui ci si sente di volerlo leggere e va bene così, non scade insomma.

  1. Revolutionary Road – R. Yates
  2. Dracula – B. Stoker ✔️
  3. Il Grande Divorzio. Un Sogno – C.S. Lewis
  4. Abarat – C. Barker
  5. Loney – A. M. Hurley
  6. Un Inverno da Lupi – C. Ekback
  7. Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop – F. Flagg
  8. Bunker Diary – K. Brooks
  9. La Notte è un Luogo Solitario – B. Erskine
  10. La Rabbia e L’Orgoglio – O. Fallaci
  11. Il Bastardo – E. Caldwell ✔️
  12. Il Violino Nero – M. Fermine ✔️
  13. L’uomo che Voleva essere Colpevole – H. Stangerup
  14. Red Dragon – T. Harris
  15. L’incantatrice di Firenze – S. Rushdie
  16. Il Deserto dei Tartari – D. Buzzati ✔️
  17. Ognuno per Sè – B. Bainbridge
  18. I Cavalieri – T. Winton
  19. Sandman vol. 2 – scritto da N. Gaiman ✔️
  20. L’ultima Lacrima – S. Benni ❌ SOSTITUITO con: Mattatoio n.5 di K. Vonnegut
  21. La Psichiatra – W. Dorn ✔️
  22. Mentre Morivo – W. Faulkner
  23. Jack lo Squartatore, l’autobiografia – J. Carnac ✔️
  24. Dieci Giorni in Manicomio – N. Bly ✔️
  25. La Luna è dei Lupi – G. Festa ✔️
  26. La vita è un’altra Cosa – J. Barth
  27. Hap e Leonard vol. 1 – J.R. Lansdale
  28. Al Faro – V. Woolf ✔️
  29. Le Sette Morti di Evelyn Hardcastle – S. Turton ✔️
  30. La Figlia del Boia – O. Potzsch ✔️

Sono comunque felice per le letture del 2022, perché nonostante mi sia un poco scaricata verso la fine dell’anno, ho comunque letto libri che volevo leggere da anni, ad esempio “Dracula” o “Il Deserto dei Tartari”, ho letto testi meraviglioso quest’anno, altri deludenti, altri ancora a sorpresa perché sono state letture iniziate all’improvviso, ma alla fine è stato un anno che chiude senza dubbio in positivo.

Per il 2023 vorrei cambiare un pochino le cose, probabilmente da quello che posso già vedere oggi, il 2023 sarà un anno bello intenso e il mio obbiettivo non sarà la quantità, ma la qualità e non voglio innalzare troppo l’asticella a livello numerico.

Di conseguenza, il mio obbiettivo di lettura su Goodreads per il 2023 sarà di 30 libri, poi in caso dovessi superare questo numero sarà un piacere e una bella soddisfazione, ma per ora questo è l’obbiettivo.

Per quanto riguarda invece tbr specifiche come avevo fatto l’anno scorso seguendo ad esempio la “Sfida dello scaffale strabordante” di Sbarbine che Leggono, con qualche modifica, non penso di farne nessuna per il 2023, non mi sono fatta liste di libri specifici da voler leggere l’anno prossimo, forse le farò una o due volte nel corso dell’anno per periodi precisi o mesi precisi, ad esempio una tbr estiva o una tbr primaverile, ma non una annuale.

Ora, reading challenge, sono circa due anni che inserisco sempre qualche reading challenge in questa tipologia di articolo, ma alla fine non ne porto mai a termine nessuna e in più me ne dimentico appena inizia l’anno, questa volta mi unisco ancora una volta alla challenge di PopSugar, di cui adesso vedremo assieme i vari punti, con l’obbiettivo almeno di provarci perché ci sono punti molto interessanti che possono invogliare anche a leggere testi fuori dalla nostra “comfort zone”.

Guardiamo assieme i punti:

  1. Un libro che avresti voluto leggere nel 2022
  2. Un libro che hai comprato da una libreria indipendente
  3. Un libro su una vacanza
  4. Un libro di un autore esordiente
  5. Un libro con creature mitiche
  6. Un libro su una storia d’amore proibita
  7. Un libro con la parola “Ragazza” (Girl) nel titolo
  8. Un memoir di una celebrità
  9. Un libro con un colore nel titolo
  10. Un romance con personaggio principale formoso (fat lead) – Per questo punto sono stata un quarto d’ora a cercare migliaia di traduzioni, vedere video di altre persone che partecipano alla challenge e viaggiare nell’internet. Alla fine credo si intenda un romance appunto in cui uno dei personaggi principali è formoso diciamo, spero di aver compreso bene.
  11. Un libro su o ambientato a Hollywood
  12. Un libro pubblicato nella primavera del 2023
  13. Un libro pubblicato l’anno in cui sei nat*
  14. Una rivisitazione moderna di un classico
  15. Un libro con il testo di una canzone come titolo
  16. Un libro il cui nome del protagonista è nel titolo
  17. Un libro con un triangolo amoroso
  18. Un libro che è stato bandito o contestato in qualsiasi stato nel 2022
  19. Un libro che soddisfa un precedente punto tuo preferito di una sfida passata
  20. Un libro che diventerà un film o una serie tv nel 2023
  21. Un libro ambientato nel decennio in cui sei nato
  22. Un libro con un personaggio queer principale (queer lead)
  23. Un libro con una mappa
  24. Un libro con un coniglio in copertina
  25. Un libro con solo testo in copertina
  26. Il libro più breve (a livello di pagine) nella tua TBR
  27. Una raccomandazione dal #BookTok
  28. Un libro che hai comprato usato
  29. Un libro consigliato da un tuo amico
  30. Un libro che è sulla lista di un club del libro di una celebrità
  31. Un libro su una famiglia
  32. Un libro che esce nella seconda metà del 2023
  33. Un libro su un atleta/sport
  34. Un libro di fiction storica
  35. Un libro sul divorzio
  36. Un libro che pensi piacerebbe al tuo migliore amico
  37. Un libro che avresti dovuto leggere a scuola
  38. Un libro che hai letto più di 10 anni fa
  39. Un libro che vorresti poter leggere di nuovo per la prima volta
  40. Un libro di un autore con le tue stesse iniziali

Livello Avanzato

  1. Un libro scritto durante NaNoWriMo
  2. Un libro tratto da un famoso film
  3. Un libro che si svolge interamente in un giorno
  4. Un libro autopubblicato
  5. Un libro nato come fan fiction
  6. Un libro con un animale da compagnia
  7. Un libro su una festività che non sia il Natale
  8. Un libro con due lingue
  9. Il libro più lungo (per pagine) nella tua lista TBR
  10. Un libro con allitterazione nel titolo

Come ogni anno i punti sono 40 più 10 aggiuntivi che rappresentano un livello “avanzato”.

Bene, tra gli altri obbiettivi mi piacerebbe senza dubbio anche terminare “L’Armata dei Sonnambuli” di Wu Ming che ho iniziato qualche mese fa, è stato un libro per il gruppo, e non ho ancora terminato e vorrei anche concludere “Cromorama” di Falcinelli, sempre iniziato qualche settimana fa, ma che per mancanza di tempo durante queste feste non sono ancora riuscita a portare a termine.

Vorrei leggere almeno una decina di raccolte di poesie quest’anno, so che è un proposito che inserisco sempre, ma ci tengo ad andare avanti nella mia esplorazione di poeti vari italiani e non.

Facendo un piccolo riassunto per il 2023 ho scelto di restringere senza dubbio gli obbiettivi, che saranno leggere 30 libri minimo, terminare i libri in corso, leggere almeno una decina di raccolte di poesie e cercare di completare almeno in parte la challenge di PopSugar che trovo sempre molto divertente.

E voi? Quali sono i vostri progetti di lettura per il 2023? Parteciperete a qualche challenge? Fatemi sapere!

Ne approfitto per farvi gli auguri di un buon ultimo dell’anno, ci leggeremo il primo di gennaio per il libro del mese del gruppo, ma nel frattempo auguri, auguroni fra 3,2,1, buon ultimo dell’anno!

A presto!

Le Cinque Letture Top del 2022

Buon giovedì!

Dato che con tutta probabilità non ci leggeremo di nuovo prima di Natale, ne approfitto anche per farvi i miei auguri per una straordinaria Vigilia e un indimenticabile Natale, di sicuro avremo l’occasione di salutarci prima della fine dell’anno, ma per ora vi faccio i miei auguri per i prossimi giorni di festa!

Bene, ora direi che è il momento di parlare delle letture top del 2022, abbiamo infatti qualche giorno fa parlato dei testi flop/delusioni letterarie dell’anno e ora guardiamo al lato positivo di quest’anno di letture, i cinque testi più due menzioni onorevoli che ho amato di più nel corso del 2022.

Useremo lo stesso metodo del precedente articolo, quindi partiremo dalla quinta posizione per arrivare alla prima, quindi le prime posizioni sono dedicate ai titoli che più ho amato quest’anno, insomma nella mia perenne indecisione ho cercato di aggiungere un ulteriore ordine di gradimento anche se tutti i titoli qui presenti si sono meritati il posto nei libri migliori dell’anno per motivi diversi.

Iniziamo!

La Quinta Stagione – N.K. Jemisin

Anno di Pubblicazione (ITA): 2019

Link all’acquisto: QUI

È iniziata la stagione della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli. Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa. Comincia con il tradimento e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.

Uhh che dire de “La Quinta Stagione”? Beh inizio con il dire che dobbiamo ancora parlarne in una recensione approfondita ma non temete perché arriverà presto, questo discorso vale sempre per tutti i libri qui presenti di cui non abbiamo ancora parlato per bene. Altro appunto che vorrei fare è che per qualche motivo, a me sconosciuto, al momento non è disponibile l’edizione cartacea del primo volume della trilogia a cui appartiene appunto “La Quinta Stagione” ovvero la trilogia della Terra Spezzata. Forse è momentaneamente sparito a causa di una riedizione o altro, comunque potete trovarlo in digitale e confido nel fatto che tornerà disponibile in futuro anche in cartaceo. Parlando ora del romanzo, ho deciso di inserirlo al quinto posto perché nonostante l’abbia gradito molto ci sono stati dei punti in cui ho faticato ad ingranare e non è un testo perfetto a livello di ritmo secondo me, però superato un certo punto problematico mi sono ripresa con la lettura e il resto del libro me lo sono goduta a pieno. Non è un romanzo dalle tematiche leggere, anzi, è un testo ambientato in un mondo fantasy completamente rimodellato rispetto al nostro, in cui esistono appunto queste fatidiche stagioni di cui ne esiste una quinta, da cui prende il titolo il romanzo, che ciclicamente stermina le popolazioni riformando persino lo strato terrestre. Seguiamo diversi personaggi e il romanzo è strutturato in modo da farci saltare in ogni capitolo da un personaggio all’altro, scoprendo man mano sempre di più sul passato di quell’individuo, sul perché si ritrova al presente in un certo tipo di situazione e in generale sulla sua personalità. E’ un testo che ci mostra personaggi decisamente in lotta con il mondo, con il loro passato e con loro stessi, personaggi traumatizzati da eventi terribili e funesti. E’ quel tipo di libro in cui ci si affeziona talmente tanto ai personaggi da vederli in carne ed ossa davanti agli occhi durante la lettura, in cui si finisce per soffrire e gioire assieme a loro. Il coinvolgimento è decisamente forte, come l’intreccio narrativo e la costruzione del mondo. Ottimo primo romanzo della trilogia, che tocca tematiche forti e riesce a caratterizzare a pieno i personaggi.

Lo Straniero – A. Camus

Anno di Pubblicazione: 1942

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Pubblicato nel 1942, “Lo straniero” è un classico della letteratura contemporanea: protagonista è Meursault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Un giorno, dopo un litigio, inesplicabilmente Meursault uccide un arabo. Viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto – il processo e la condanna a morte – senza cercare giustificazioni, difese o menzogne. Meursault è un eroe “assurdo”, e la sua lucida coscienza del reale gli permette di giungere attraverso una logica esasperata alla verità di essere e di sentire.

Abbiamo recentemente parlato di questo romanzo (qui), di conseguenza cercherò di non perdermi a scriverne grandi cose perché trovate nella recensione la mia opinione più completa. Ho capito di amare profondamente Camus dopo aver letto “La Peste” e “Lo Straniero” appunto, di certo è entrato nella rosa dei miei autori preferiti. Lo Straniero è uno dei libri di punta dell’autore e viene spesso citato anche con il suo titolo originale in francese. Parla appunto di quest’uomo, Meursault, che viene condannato a morte in seguito all’omicidio di un uomo, il punto è che Meursault non sembra avere un reale movente e in più ci risulta fin da subito chiaro che l’uomo ha un approccio decisamente distaccato nei confronti della vita e degli altri. E’ un testo piuttosto breve, ma pregno di tematiche interessanti e caratteristiche ben costruite per una tipologia di personaggio che non si vede spesso, di certo non creato così bene. Il libro mette sul tavolo vari interrogativi, riflessioni e tematiche, tra le quali sicuramente la mancanza di empatia del protagonista e la sua visione della vita, ma non c’è solo la mancanza di empatia in lui, Meursault è una figura che vive secondo una sua scuola di pensiero in cui nulla ha davvero senso o importanza, c’è solo il presente, la routine che si ripete, la vita di tutti i giorni in cui ogni tanto succede qualcosa di diverso e lui cerca di vivere quel qualcosa senza mai essere troppo coinvolto emotivamente, ma non per scelta, è un qualcosa di insito in lui. Le cose accadono nella sua vita, ma il suo atteggiamento verso queste è piatto, sembra non riuscire ad entrare mai davvero in contatto con qualcuno o con una situazione, la vive sì, ma rimane indifferente a questa. “Lo Straniero” è un libro meraviglioso e profondamente interessante perché innesca una serie di riflessioni appunto sul modo in cui Meursault vive la vita, sulla sua personalità e i suoi atteggiamenti, ma non solo. E’ un testo che ci porta a riflettere su molte tematiche, una su tutte è quella legata al vero Meursault, estraneo a sé stesso.

Il Deserto dei Tartari – Dino Buzzati

Anno di Pubblicazione: 1940

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Ai limiti del deserto, immersa in una sorta di stregata immobilità, sorge la Fortezza Bastiani, ultimo avamposto dell’Impero affacciato sulla frontiera con il grande Nord. È lì che il tenente Drogo consuma la propria esistenza nella vana attesa del nemico invasore. Che arriverà, ma troppo tardi per lui. Pubblicato nel 1940, “Il deserto dei Tartari” è “il libro della vita” di Dino Buzzati: nell’esistenza sospesa di Giovanni Drogo, infatti, i riti di un’aristocrazia militare decadente si mischiano a gerarchia, obbedienza e alla cieca osservanza di regolamenti superati e anacronistici. La sua storia è una «sintesi della sorte dell’uomo sulla Terra», il racconto «del destino dell’uomo medio» in attesa di «un’ora di gloria che continua ad allontanarsi», finché, ormai vecchio, si accorgerà «che questa sua aspirazione è andata buca». «Probabilmente» ha rivelato l’autore «tutto è nato nella redazione del “Corriere della Sera”, dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se la grande occasione sarebbe venuta o no. Molto spesso avevo l’idea che quel tran-tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva». In questa edizione il testo è accompagnato dalla riproduzione di materiali inediti che permettono di ricostruire la genesi del romanzo e il suo percorso dalla pagina al grande schermo tra cambiamenti e finali diversi.

Anche di questo testo abbiamo già parlato in una recensione approfondita (qui) e confermo ciò che ho scritto in precedenza, ovvero che per me “Il Deserto dei Tartari” è un libro geniale. Tra l’altro non ho ancora compreso a pieno il potere che Buzzati ha su di me, ma vi garantisco che tutto quello che ho letto di Buzzati fino ad ora mi torna ciclicamente in mente, da quando ho letto questo libro mi ritrovo ogni tot di tempo a ripensare al buon vecchio Drogo che trascorre il suo tempo alla Fortezza Bastiani, allo scenario arido e solitario del deserto, all’attesa che aleggia come una presenza nascosta su tutti i presenti, insomma una volta letto è impossibile dimenticare “Il Deserto dei Tartari”. E’ un testo che di certo ha dei momenti di freno, in cui il ritmo rallenta, ma ciò ha un preciso senso pensando anche alla vita che fanno i nostri personaggi, alla vera essenza e significato del testo e alle atmosfere della Fortezza. E’ un libro che parla dell’attesa, del rimanere bloccati per paura di abbandonare un qualcosa che appena lasciato rischia di migliorare e rivelarsi come il miraggio di una vita, è un romanzo che tratta della paura del cambiamento, del voler rimanere aggrappati a ciò che si conosce in attesa di qualcosa che sembra sempre all’orizzonte. in dirittura di arrivo, ma nel frattempo i giorni passano, poi le settimane, i mesi e gli anni e si diventa assuefatti a ciò che si conosce. Meraviglioso.

Piranesi vive nella Casa. Forse da sempre. Giorno dopo giorno ne esplora gli infiniti saloni, mentre nei suoi diari tiene traccia di tutte le meraviglie e i misteri che questo mondo labirintico custodisce. I corridoi abbandonati conducono in un vestibolo dopo l’altro, dove sono esposte migliaia di bellissime statue di marmo. Imponenti scalinate in rovina portano invece ai piani dove è troppo rischioso addentrarsi: fitte coltri di nubi nascondono allo sguardo il livello superiore, mentre delle maree imprevedibili che risalgono da chissà quali abissi sommergono i saloni inferiori.
Ogni martedì e venerdì Piranesi si incontra con l’Altro per raccontargli le sue ultime scoperte. Quest’uomo enigmatico è l’unica persona con cui parla, perché i pochi che sono stati nella Casa prima di lui sono ora soltanto scheletri che si confondono tra il marmo.
Improvvisamente appaiono dei messaggi misteriosi: qualcuno è arrivato nella Casa e sta cercando di mettersi in contatto proprio con Piranesi. Di chi si tratta? Lo studioso spera in un nuovo amico, mentre per l’Altro è solo una terribile minaccia. Piranesi legge e rilegge i suoi diari ma i ricordi non combaciano, il tempo sembra scorrere per conto proprio e l’Altro gli confonde solo le idee con le sue risposte sfuggenti. Piranesi adora la Casa, è la sua divinità protettrice e l’unica realtà di cui ha memoria. È disposto a tutto per proteggerla, ma il mondo che credeva di conoscere nasconde ancora troppi segreti e sta diventando, suo malgrado, pericoloso.

Uhh leggere questo libro è stata un’esperienza! Dobbiamo ancora parlarne per bene e vi dico la verità, ho rimandato il momento della recensione perché non è un libro facile da descrivere, ha all’interno una grande quantità di tematiche e situazioni, “Piranesi” è un mondo a parte. Ma arriveremo a parlarne, il prima possibile, prometto. Comunque, mi aggrego al marasma di persone che hanno letto e amato questo testo, perché anche io ne sono rimasta completamente catturata. Come dicevo prima “Piranesi” è un mondo e quando ci entri dentro non puoi non rimanerne affascinat*, abbiamo scenari poetici e a tratti inquietanti, atmosfere solitarie e legate ad un senso di vuoto e smarrimento, perché anche se il nostro Piranesi conosce bene il mondo in cui abita sembra esserci sempre questo senso di enorme grandezza in cui è facile perdersi perché sia noi che il protagonista non sappiamo quanto è davvero grande questo mondo o quali sono i suoi confini. Leggendo “Piranesi” si ha quasi la sensazione di sentire costantemente il suono dell’acqua, gocce d’acqua che cadono, onde che sbattono all’interno di queste enormi stanze presenti in questo mondo, l’acqua è un elemento sempre presente che fa da sfondo a molte scene. E’ un testo che come il Giovanni Battista Piranesi, architetto italiano del 1700, ci porta a perderci in questo mondo labirintico che sembra a tratti uscito da uno dei sogni del vero Piranesi, soprattutto per il concept delle infinite stanze e del fatto che ognuna sembra avere delle caratteristiche precise. A parte l’aspetto legato al mondo comunque, il libro ha una trama molto interessante e accattivante legata al nostro protagonista con cui non si riesce a non entrare in sintonia, è forse il protagonista che ho più amato pensando a quelli che ho incontrato in quest’anno di letture. E’ un testo relativamente breve che contiene però un intero e affascinante mondo tutto da scoprire. Ad un certo punto del libro ci si inizia a concentrare maggiormente sulla parentesi legata al protagonista, ma anche qui si rimane affascinati dalla miriade di tematiche che Clarke riesce ad affrontare ed inserire. Un libro poetico e doloroso, enorme e trascinante.

I Miei Luoghi Oscuri – J. Ellroy

Anno di Pubblicazione: 1996

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La madre di James Ellroy venne assassinata in una tragica notte a El Monte quando lo scrittore aveva appena dieci anni. La trovarono dei ragazzini, riversa sulla schiena. Il coroner stabilì che era morta per asfissia dovuta a strangolamento mediante lacci. La polizia non scoprì mai chi fosse l’autore di quel brutale omicidio. Trentasei anni dopo Ellroy riapre l’indagine. Presa visione del fascicolo della polizia relativo a quel caso insoluto, lui stesso diventa investigatore per scoprire l’assassino. Con le fotografie del cadavere della madre davanti agli occhi fa della sua autobiografia un romanzo di una forza sorprendente. Costruire storie, prima immaginarie, poi autobiografiche ha permesso a questo grande scrittore di sopportare una realtà cruda e impietosa, di riscrivere le regole del noir, di salvare la figura di sua madre e se stesso dai successi più oscuri della propria coscienza.

Non poteva che essere “I Miei Luoghi Oscuri” il mio libro preferito del 2022, solo lui e sempre lui. Abbiamo già parlato di questo libro, vi lascio la recensione completa qui. Non è un libro perfetto e sicuramente non è un libro che può piacere a tutti, ci sono stati momenti in cui ho faticato nella lettura ed è anche un libro che ho letto in un lasso di tempo abbastanza ampio perché ho sentito il bisogno di prendere delle pause a tratti. Però, come ho scritto anche nella recensione, questo è quel classico esempio di libro che dopo aver letto senti dentro di te e non è una frase buttata lì apposta, avete presente quando leggete un testo e vi immergete talmente tanto nel tempo in cui è ambientato, nei personaggi presenti, nelle vicende, da sentire di aver letteralmente vissuto voi in primis quelle situazioni e quel tempo? E’ come se fosse un pezzo di vita ed esperienza che si aggiunge alla vostra senza che l’abbiate realmente vissuta a livello fisico. A me è successo esattamente questo con il testo di cui stiamo parlando. E’ un libro che parla tra l’altro di vicende realmente accadute a James Ellroy, è decisamente autobiografico come testo, e si concentra sull’omicidio della madre di Ellroy avvenuto quando lui aveva solo dieci anni. L’autore parla di questo, della sua crescita post perdita, del rapporto con il padre, della sua dipendenza da droga e alcool, in generale della sua adolescenza burrascosa, e torna in età adulta anche su ciò che accadde in quella notte tragica alla madre, investigando in prima persona sul suo omicidio e affrontando per la prima volta il suo trauma riguardante la morte della madre. Ma non solo perché Ellroy dipinge una dolorosa, ma necessaria parentesi di reale comprensione della personalità della madre che in realtà forse non aveva mai conosciuto, torna sulle origini di lei, cerca di scoprire chi era la madre prima di diventare Jean Ellroy madre di James Ellroy, il che è assai complicato da fare quando il genitore in questione viene a mancare, perché quando si cresce penso sia normale iniziare a farsi domande sull’identità pre genitoriale dei genitori e se si ha la possibilità queste domande si possono fare al diretto interessato, ma quando il genitore non c’è più e per tutta la vita si è rimasti bloccati su un’idea e un’idealizzazione fissa risulta difficile e destabilizzante. A parte questa profonda e dolorosa scoperta e ricerca della verità sulla madre, la comprensione e il perdono, in questo testo si parla molto anche di tanti altri casi di cronaca nera, alcuni davvero crudeli e tragici. Non è un libro facile da digerire, ma credo sia un testo che lascia un forte impatto soprattutto umano e tramite la vita di Ellroy si possono comprendere e analizzare tanti aspetti della vita di ognuno di noi.

Vorrei citare anche questi due testi perché meritano di rientrare nei top dell’anno, sto parlando del secondo volume della serie di Sandman, “Casa di Bambola” e “La Scala di Dioniso” di Luca di Fulvio.

Ho amato molto il secondo volume della serie, più del primo e del terzo, rimane per ora il mio preferito. Sto pian piano avanzando nella lettura della famosa serie di cui quest’anno tra l’altro è uscita anche una serie tv su Netflix, è una serie che narra di Morfeo, il dio dei sogni e degli incubi, ma non solo, ci sono molti altri personaggi, trame e sottotrame, ad esempio seguiamo anche la sorella di Morfeo, Morte, un personaggio magnetico e accattivante. Insomma è una serie decisamente ricca e questo secondo volume spicca per bellezza di trama e intrecci.

De “La Scala di Dioniso” abbiamo già parlato in una recensione approfondita quindi non mi dilungherò più di tanto. E’ il testo che mi ha fatto conoscere Luca di Fulvio che è già entrato nella cerchia dei miei autori italiani contemporanei preferiti. E’ un testo particolare per il mondo in cui è ambientato, decisamente cupo e noir, narra le vicende di questo ispettore che si ritrova trasferito in questo luogo dalle tinte decisamente oscure, una cittadina fiancheggiata da quartieri pregni di crimine e oscurità, è un testo decisamente ben riuscito a mio vedere per quanto riguarda la cupezza delle atmosfere. Il nostro eroe, con molti punti deboli, deve indagare su una serie di omicidi, anzi vere e proprie stragi in cui il serial killer sembra divertirsi a torturare le vittime e inscenare un quadro preciso della scena del crimine. Se vi piacciono i noir o le atmosfere vivide e cupe, le storie d’amore tormentate, i personaggi complessi e una scrittura che a tratti si prende i suoi tempi per farvi entrare a pieno nella storia, questo libro è perfetto per voi.

E voi? Quali sono stati i vostri libri top dell’anno? Fatemi sapere!

A presto e buon Natale!

Le Cinque Letture Flop del 2022

Buon lunedì e buon inizio settimana!

Come state in questo inizio settimana?

Una settimana speciale perché tra qualche giorno sarà finalmente Natale e io mi ritrovo sempre agli ultimi nel pubblicare tutto quello che volevo pubblicare, nuovo Natale, vecchi e soliti ritardi, evviva!

E’ il momento dell’anno in cui partono i bilanci delle letture e come sempre dobbiamo parlare delle letture flop e top del 2022, anche se ogni anno mi spezza il cuore dover inserire certi titoli nei flop perché ovviamente quando mi sono approcciata a questi avevo mille speranze e aspettative positive e a fine anno partono i flashback alla: “ahh com’era bella l’innocenza pre-lettura”, ma ahimè capita a tutti noi di incappare in titoli che alla fine non si rivelano così soddisfacenti.

Come sempre ci tengo anche a fare un piccolo disclaimer e a dire che ovviamente anche se a me questi titoli non sono piaciuti del tutto non vuol assolutamente dire che siano titoli terribili o provenienti dalle zone più calde dell’inferno, o che non possano piacere a voi, semplicemente sono libri che non mi hanno convinta o conquistata per una serie di motivi.

Partiremo dalla quinta posizione per arrivare alla prima, ho cercato di creare un ordine basato su un ulteriore livello di gradimento, quindi i titoli che sono qui presenti in automatico sono titoli che non mi hanno convinta, ma si sa, più si va in alto più si tocca l’apice, quindi le prime posizioni sono dedicate ai titoli che meno di tutti mi hanno convinta.

Iniziamo!

La Psichiatra – W. Dorn

Anno di Pubblicazione: 2009

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Non credere e nessuno. Non fidarti nemmeno di te stesso. Non cercare la verità. Sarà la verità a trovare te. Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un’umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l’Uomo Nero la sta cercando. La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo da donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all’Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall’ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l’incubo. Nessuno l’ha vista uscire, nessuno l’aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi, ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire.

Questo è un testo decisamente amato nel panorama thriller ed è un libro con vari punti positivi a suo favore, per questo ho deciso di posizionarlo nella quinta posizione. E’ un libro che avevo in libreria in attesa di essere letto da anni e mi è capitato di sentire opinioni entusiaste di altre persone nel corso del tempo, soprattutto riguardanti il lato psicologico del romanzo che è presente ed è a mio avviso la parte migliore del testo, ma è una parte ristretta. E’ stata una lettura nella media, troppo prevedibile in alcuni punti con uno stile semplice che a brevi tratti ha fatto piccoli salti in alto per poi ricadere subito. Parliamo di un thriller con grandi plot twist, come dicevo prima alcuni prevedibili altri meno, anche perché alcune parti importanti della storia emergono effettivamente solo verso la fine quindi non si riesce a tenerne conto prima. So che l’autore ha scritto un altro testo che dovrebbe riprendere le vicende di questo dato che il finale de “La Psichiatra” lascia vari spiragli. Tra i titoli flop è quello che ho gradito di più e penso possa anche piacere molto a vari lettori, per qualcuno che non legge solitamente thriller potrebbe essere una lettura interessante, ma nel mio caso è stato un testo senza particolari punti forti che tiene agganciati fino alla fine sì, ma delude sotto molti aspetti.

La Casa delle Belle Addormentate – Y. Kawabata

Anno di Pubblicazione: 1961

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“La casa delle belle addormentate” (seguito in questo volume dai romanzi brevi “Uccelli e altri animali” e “Il braccio”) è un raffinato racconto erotico centrato sulle visite del vecchio Eguchi a un inconsueto postribolo in cui gli ospiti possono passare la notte con giovanissime donne addormentate da un narcotico. Il regolamento vieta di svegliarle, esaltando il fascino quasi magico emanato dalle fanciulle, e permette a Eguchi, attraverso una delicata rapsodia di sensazioni e di ricordi, di riappacificarsi con se stesso in un viaggio tra i più misteriosi recessi della psiche, evocati con segni incredibilmente semplici, rarefatti e luminosi.

Abbiamo già parlato di questo libro in una recensione approfondita nel corso dell’anno (qui), di conseguenza non vi stupirà la sua posizione in questa classifica. In questo volume non c’è solo il racconto principale che da il nome alla raccolta, ma anche altri due racconti e io posso dire di non aver particolarmente apprezzato nessuno dei tre, ma come scritto anche nella recensione di certo c’è alla base di questa mia opinione finale anche un limite personale perché ho letto qualcosina di autori giapponesi, ma probabilmente non abbastanza da poter comprendere al meglio questi racconti e vari messaggi/riferimenti contenuti all’interno. Mi sono scoperta totalmente indifferente durante la lettura di questi racconti nei confronti dei personaggi, dei loro drammi personali, delle storie in generale, il mio approccio è rimasto piatto, non ho mai avvertito un minino di trasporto o pure interessamento. Come ho scritto anche nella recensione: “Sicuramente le tematiche trattate da Kawabata e alcune atmosfere presenti nei racconti, in particolare nel primo, meritano un livello di attenzione piuttosto buono perché sono interessanti e vale la pena soffermarcisi sopra, ma in generale non sono riuscita ad entrare mai veramente nella vicenda, per la mancanza di empatia con i personaggi o semplicemente per la vicenda che ad un certo punto sembra quasi trascinarsi. Il mio problema principale con questo libro è il non essere riuscita in nessun modo ad entrare nelle vicende, il mio livello di interesse è stato basso per tutto il tempo, anzi è più giusto dire che all’inizio ci ho provato in tutti i modi ad entrare nella vicenda, ma dopo poco il mio livello di interesse è sceso e non è più risalito.”

La Fortuna – V. Parrella

Anno di Pubblicazione: 2022

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Il prodigio viene dalla terra, e scuote aria e acqua. Dal cielo piovono pietre incandescenti e cenere, il mare è denso e la costa sembra viva, ogni mappa disegnata è stravolta, i punti di riferimento smarriti. Lucio ha solo diciassette anni e ha seguito l’ammiraglia di Plinio il Vecchio nel giorno dell’eruzione del Vesuvio, ma non può sospettare che il monte che conosce da sempre sia un vulcano. Per quel prodigio mancano le parole, non esiste memoria né storia a rassicurare. Nascosta dalla coltre rovente c’è Pompei, la città che ha visto nascere Lucio e i suoi sogni, dove ancora vivono sua madre, la balia, gli amici d’infanzia, dove ha imparato tutto ciò che gli serve, adesso, per far parte della flotta imperiale a dispetto del suo occhio cieco – anzi, proprio grazie a quello, che gli permette di vedere più degli altri, perché “un limite è un limite solo se uno lo sente come un limite, sennò non è niente”. E mentre Lucio tiene in mano, per quanto la Fortuna può concedere, il filo del suo destino, ecco che Pompei torna a lui presente e più che mai viva, nel momento in cui sembra persa per sempre, attraverso i giochi con le tessere dei mosaici, i pomeriggi trascorsi nei giardini o nelle palestre, le terme, il mercato, i tuffi in mare e le gite in campagna, le scorribande alla foce del fiume. La sua intera giovinezza gli corre incontro irrimediabilmente perduta, eppure – noi lo sappiamo – in qualche modo destinata a sopravvivere. Insieme a Lucio, una folla di personaggi, mercanti, banchieri, matrone, imperatori, schiavi, prostitute e divinità, si muove tra le pagine di un romanzo sorprendentemente attuale, in cui niente è già visto: piuttosto ciò che conoscevamo del mondo classico ci appare in un aspetto nuovo, moderno e intimo. Perché il desiderio è nascosto, si innalza dalla terra, è il cuore stesso della terra, e noi siamo terreni.


Anche di questo libro abbiamo recentemente parlato in una recensione (qui), e come scritto anche lì da appassionata di Pompei ero entusiasta per la lettura de “La Fortuna” che però si è rivelata una delusione. E’ un testo pieno di belle frasi inserite ad arte per colpire il lettore, ma alla base io non ho trovato delle buone fondamenta in quello che dovrebbe essere un romanzo di formazione che è però carente proprio in questo, perché non sentiamo mai davvero di conoscere Lucio, il protagonista. Ci vengono narrati degli spezzoni della sua vita, si salta continuamente da un frammento di ricordo all’altro e appena il lettore sente di avvertire qualcosa di simile all’empatia per Lucio, si salta immediatamente da un’altra parte e il Lucio che credevamo di conoscere torna ad essere un lontano ricordo. Lo stile diventa ad un certo punto forzato e ripetitivo nel suo voler essere sempre poetico e aulico. Insomma è un romanzo con vari problemi, dal protagonista, ai personaggi che gli ruotano attorno, dalla debolezza della trama, dalla vera natura del romanzo di formazione che a mio vedere qui non viene rispettata nel migliore dei modi perché risulta troppo debole, allo stile dell’autrice che a tratti sembra voler a tutti i costi esaltare queste frasi impostate e d’effetto. Poteva essere un ottimo romanzo anche perché quando si parla di Pompei si ha la disponibilità di una scenario e di una storia immense, ma ahimè purtroppo a mio vedere l’esperimento non è andato a buon fine. 

Il Bastardo – E. Caldwell

Anno di Pubblicazione: 1929

*libro fuori catalogo, ma facilmente reperibile usato*

La vicenda del Bastardo si snoda sullo sfondo del vecchio Sud degli Stati Uniti in un’atmosfera tesa e allucinante. Protagonista Gene Morgan, un uomo segnato fin dalla nascita da un destino avverso. Egli conduce un’esistenza randagia, costellata da violenze; costretto ad emigrare da un paese all’altro, braccato, coinvolto in situazioni torbide, conosce infine una ragazza che gli fa balenare col suo amore la possibilità di una condizione umana serena. 

Ho deciso di fermarmi qui con la trama, perché almeno nell’edizione che ho letto io (quella della foto) viene rivelato tutto il finale del libro e diciamo pure l’intera vicenda, quindi mi sono fermata al punto in cui si parla di questa ragazza che Gene incontra, perché in caso dovesse venirvi la voglia di recuperarlo non finirete per odiarmi per avervi spiattellato tutto il libro in poche righe. Dunque “Il Bastardo” è un testo sicuramente crudo e violento, in cui emerge un umanità egoista e crudele che vive ai margini della società, non facendosi particolari problemi ad infrangere la legge. E’ quindi un testo non leggero da leggere perché non emerge mai il lato positivo di nulla, seguiamo un personaggio negativo che per tutto il corso della vicenda compie azioni negative. Forse, tra l’altro, questo essere che nasce in condizioni così sfavorevoli e sembra quasi essere condannato dalla vita a vivere in questo modo può ricordare il protagonista de “Il Profumo” di Suskind ora che ci penso. Comunque, io ho letto in precedenza “Fermento di Luglio” di Caldwell che ho molto apprezzato e di cui abbiamo anche parlato in una passata recensione, ma a differenza di quel testo nel Bastardo non sembra mai esserci un vero e proprio motivo o ragione che segue le azioni non solo del protagonista, ma anche dei personaggi che gli ruotano attorno. Dobbiamo ovviamente pensare al contesto in cui si svolge la vicenda, quindi un contesto degradato in cui abbiamo a che fare con personaggi senza una morale, ma qui letteralmente non c’è mai una ragione. Accadono fatti molto gravi, omicidi improvvisati senza senso, tradimenti anche qui piovuti dal cielo, altri omicidi per ragioni assurde, insomma va bene il contesto ma avrei voluto capire almeno le motivazioni e soprattutto capire i personaggi, perché tutti si comportano in questo modo di conseguenza tutti si mischiano e un personaggio sembra uguale all’altro. In più il nostro Gene all’inizio del romanzo fugge dal luogo in cui abitava perché ha commesso, pensa un po’, un omicidio, quindi torna nella città natale della madre. Bene, quindi a mio vedere non ha particolare senso il fatto che un uomo fuggito dalla propria città per scappare alla legge finisca in una città dove non si fa nessunissimo problema ad uccidere, fare a botte, e avere il fiuto finissimo di ritrovarsi sempre nelle situazioni peggiori. Insomma, nulla di questo testo mi ha convinta, capisco il voler dipingere una fetta della società disagiata e violenta, senza freni inibitori e morale, ma qui tutto ciò che accade sembra improvvisato e piatto.

Gli Ultimi Giorni di Smokey Nelson – K. Mavrikakis

Anno di Pubblicazione: 2016

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1989. Una famiglia è massacrata nella stanza di un albergo di Atlanta. Smokey Nelson, l’assassino, viene condannato alla pena capitale. Passa vent’anni nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione della sentenza. Molte cose sono accadute dopo la sua carcerazione: guerre, altri crimini, la devastazione provocata dall’uragano Katrina e, a parte un nome su un documento dell’amministrazione penitenziaria, Smokey Nelson non significa più nulla per nessuno. Eppure ci sono persone che non hanno dimenticato.

Sono stata molto indecisa per il primo posto fra “Il Bastardo” e “Gli Ultimi giorni di Smokey Nelson” appunto perché entrambi sono da primo posto, ma per motivi diversi e forse per “Gli Ultimi giorni di Smokey Nelson” pesa anche l’estrema delusione che ho provato a fine lettura. Questo testo mi aspettava sugli scaffali da anni e finalmente negli scorsi mesi ho preso il coraggio e la volontà a due mani e l’ho affrontato. Ricordo di averlo comprato in libreria soprattutto per la tematica base che dovrebbe essere quella della pena di morte, ma una volta letto posso dire che in questo romanzo sono altre le tematiche principali. Sì, si accenna alla pena di morte perché seguiamo soprattutto tre personaggi che in un modo o nell’altro hanno subìto le conseguenze di ciò che ha fatto questo Smokey Nelson, un uomo che nel 1989 in un albergo di Atlanta ha massacrato una famiglia. Seguiamo una donna che incontrò proprio la mattina del massacro Smokey nel parcheggio dell’albergo, poi seguiamo quello che all’epoca fu un sospettato e venne incarcerato per un breve lasso di tempo al posto di Smokey e infine seguiamo il padre della donna che venne uccisa da Smokey quel fatidico giorno. Parleremo meglio e in modo più approfondito di questo romanzo il prima possibile in una recensione, ma nulla viene detto chiaramente in questo libro, non si da una spiegazione alle azioni di Smokey, non si approfondisce il tema della pena di morte e del perché un ragazzo una mattina decide di sterminare una famiglia. Sì, viene più che sottilmente accennata una motivazione, ma vi posso dire che è veramente debole ed è condensata in una mezza frase di una riga. In più ho trovato questo testo deludente e forzato nelle parentesi riguardanti i personaggi che ruotano attorno a Smokey, che in realtà non lo incontrano mai nel presente, riflettono su di lui accennando al passato e parlando della loro vita attuale. Il modo in cui si concludono le parentesi dei personaggi è secondo me forzato e assolutamente manipolato a favore di una specie di sincronicità che si poteva evitare, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Pearl, la donna che all’epoca aveva incontrato Smokey nel parcheggio. Ho letto in un commento che questo è un testo chiaramente contro la pena di morte, ma io non sono del tutto d’accordo, proprio perché si accenna solo all’idea che gli altri personaggi hanno della pena di morte, ma sono commenti da una riga, quel classico commento da chiacchiera da bar insomma, non c’è una vera presa di posizione o un dialogo/ragionamento più esteso su questa tematica. Direi che è un libro che si concentra soprattutto sul tema delle conseguenze, ciò che ha fatto quest’uomo pesa, ha pesato e peserà per sempre sulle vite di molte altre persone e credo che molte volte non ci si soffermi mai abbastanza su questo, sul fatto che un evento simile (ma anche altri tipi di aventi) cambia la vita di una buona quantità di individui in modi diversi. Rimane per me una lettura piuttosto deludente, che avrebbe potuto dare molto di più.

E voi? Quali sono state le vostre letture flop del 2022? Quali libri vi hanno deluso? Fatemi sapere!

Di tutti i libri comparsi qui di cui non abbiamo ancora parlato non temete perché ne parleremo di certo il prima possibile in modo più approfondito.

A presto!

10 Libri da Regalare a Chi Legge Ma Anche No – La Saga Infinita

Buon venerdì!

Come procede la settimana? Qual è il vostro spirito in questa giornata di quasi weekend?

Oggi torna un must degli articoli natalizi di questo blog, un articolo che torna ogni anno e che io compongo con piacere ogni anno cercando di inserire titoli che a mio vedere posso essere adatti a varie tipologie di gusti e persone, ma che sono in generale libri adatti da regalare a chi legge e non.

Ovviamente poi ci sono le sotto categorie, ma ogni anno mi piace pensare, riflettendo sui suggerimenti librosi per eventuali regali, anche a persone che non leggono solitamente o che comunque non hanno l’abitudine di leggere con frequenza.

Io sono circondata da persone che non hanno la passione per la lettura quindi se penso di regalare un libro rifletto in mille modi sui gusti di quella persona e ovviamente sul libro in questione.

Alcuni dei libri che ho inserito sono per me evergreen quindi classici magari in edizioni belle adatti da regalare anche come oggetto per la bellezza dell’edizione, con un classico in una bella edizione non si sbaglia mai.

Comunque, parleremo meglio delle proposte man mano, io direi di iniziare questa carrellata!

Le Ricette della Signora Tokue – D. Sukegawa

Prezzo di Copertina (ed. cop. flessibile): € 12,00

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Sentarō è un uomo di mezza età, ombroso e solitario. Pasticciere senza vocazione, è costretto a lavorare da Doraharu, una piccola bottega di dolciumi nei sobborghi di Tōkyō, per ripagare un debito contratto anni prima con il proprietario. Da mattina a sera Sentarō confeziona dorayaki – dolci tipici giapponesi a base di pandispagna e an, una confettura di fagioli azuki – e li serve a una clientela modesta ma fedele, composta principalmente da studentesse chiassose che si ritrovano lì dopo la scuola. Da loro si discosta Wakana, un’adolescente introversa, vittima di un contesto familiare complicato. Il pasticciere infelice lavora solo il minimo indispensabile: appena può abbassa la saracinesca e affoga i suoi dispiaceri nel sakè, contando i giorni che lo separano dal momento in cui salderà il suo debito e riacquisterà la libertà. Finché all’improvviso tutto cambia: sotto il ciliegio in fiore davanti a Doraharu compare un’anziana signora dai capelli bianchi e dalle mani nodose e deformi. La settantaseienne Tokue si offre come aiuto pasticciera a fronte di una paga ridicola. Inizialmente riluttante, Sentarō si convince ad assumerla dopo aver assaggiato la sua confettura an. Sublime. Niente a che vedere con il preparato industriale che ha sempre utilizzato. Nel giro di poco tempo, le vendite raddoppiano e Doraharu vive la stagione più gloriosa che Sentarō ricordi. Ma qual è la ricetta segreta della signora Tokue? Con amorevole perseveranza, l’anziana signora insegna a Sentarō i lenti e minuziosi passaggi grazie ai quali si compie la magia: «Si tratta di osservare bene l’aspetto degli azuki. Di aprirsi a ciò che hanno da dirci. Significa, per esempio, immaginare i giorni di pioggia e i giorni di sole che hanno vissuto. Ascoltare la storia del loro viaggio, dei venti che li hanno portati fino a noi». Come madeleine proustiane, i dolcetti giapponesi diventano un pretesto per i viaggi interiori di Sentarō e Tokue, fra i quali si instaura un legame profondo che lascia emergere segreti ben più nascosti e ferite insanabili. Con l’autunno, però, un’ombra cala sulla piccola bottega sotto al ciliegio: quando il segreto di Tokue viene alla luce, la clientela del negozio si dirada e la donna, costretta a misurarsi di nuovo con il pregiudizio e l’ostracismo sociale che l’ha perseguitata per tutta la vita, impartirà a Sentarō e Wakana la lezione pù preziosa di tutte.

Abbiamo già parlato di questo libro in una recensione approfondita (qui) e secondo me questo è un libro adattissimo ad un regalo sia per lettori che per non lettori. E’ un libro che parla prima di tutto di rapporti umani, di esperienze di vita, di ritmi nella vita e semplicemente di ciò che è per ognuno di noi la vita e come si muove questa ogni giorno portandoci nella direzione che vogliamo o in quella sbagliata. Dico che è un libro adatto per tutti perché è decisamente umano ed emozionante, definito da molti un libro coccola, soprattutto per le atmosfere contenute all’interno e per questo clima quasi ovattato che ricopre l’intera vicenda. E’ la storia di un uomo che fa un lavoro che odia e dell’incontro con una anziana donna che gli cambierà la vita, ma ovviamente anche della vita di quella donna che scopriremo man mano e ci mostrerà una fetta dolorosa della storia Giapponese e non solo. E’ un inno alla vita mai smielato, ma sempre delicato.

A Piedi Nudi nell’Arte – Carlo Vanoni

Prezzo di Copertina: € 11,00

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Perché Giotto fu il primo regista di fiction della storia e Lucio Fontana il più grande esploratore dello spazio? Quale filo lega la Crocifissione di San Pietro di Caravaggio, I mangiatori di patate di Van Gogh e i sacchi di juta sporchi di Kounellis? È più spirituale una Madonna in una pala d’altare medievale o il quadrato nero di Malevic˘? Può capitare di incontrare tutte queste domande nell’arco di poche ore, e persino di saper rispondere, tra una visita mattutina a una mostra, un aperitivo galeotto con una ragazza troppo giovane, un blackout che all’improvviso ridisegna gli spazi e ti invita a riflettere e ricordare. È ciò che succede al protagonista di questo libro, in cui la storia dell’arte prende vita in un colto e avvincente racconto capace di calare il messaggio dei capolavori di ogni epoca nella nostra quotidianità. Per parlare in modo originale e appassionato di pensiero, di bellezza e, perché no, anche d’amore.

Questo testo è particolarmente indicato se volete fare un regalo a qualcuno a cui piace l’arte o ha un occhio di interesse per l’arte, non deve per forza essere un mega appassionatə o un massimə conoscitore dell’arte e della sua storia, ma anche solo qualcuno che semplicemente apprezza l’arte. E’ un ibrido tra un romanzo e una specie di saggio, in alcune parti vira sul romanzo e in altre sul saggio o meglio sulla riflessione che Carlo Vanoni, critico d’arte, fa sull’arte, sulla storia di questa, su artisti e correnti che hanno plasmato l’arte ecc. ecc. E’ un libro molto scorrevole, adatto sia a chi legge perché se interessa l’argomento si divora con piacere anche per il tono dall’autore che è sempre piacevole, ma anche a chi non legge di solito perché Carlo Vanoni tratta di un tema senza mai soffermarsi troppo o inutilmente, e lo fa sempre in modo comprensibile e chiaro anche per chi magari non conosce del tutto certi artisti o riferimenti. Tra l’altro l’autore ha scritto anche “I Cani di Raffaello” e “Ho Scritto T’amo Sulla Tela”, quest’ultimo può essere anche un regalo azzeccato per qualcuno di speciale perché parla sempre di arte in collegamento con l’amore.

L’Invenzione di Morel – A. B. Casares

Prezzo di Copertina: € 15,00

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“L’invenzione di Morel” è il romanzo più celebre di Adolfo Bioy Casares, uno dei narratori più originali della letteratura latinoamericana del Novecento. Pubblicato nel 1940, esce oggi in una nuova traduzione di Francesca Lazzarato, che ne ha curato anche la postfazione. Fortemente ispirato all’”Isola del dottor Moreau” di H.G. Wells e ai racconti di E.A. Poe, questo romanzo visionario narra le avventure di un fuggiasco che, sbarcato su un’isola deserta per evitare la condanna all’ergastolo, scopre di non essere solo come credeva. In bilico tra il terrore di essere identificato e la frustrazione per il desiderio di essere riconosciuto, il protagonista si ritrova sospeso tra realtà e irrealtà e inizia a seguire, osservare e spiare gli altri isolani. Sarà infine il misterioso Morel a fornirgli le chiavi di lettura di un mondo allucinatorio costituito da pura forma.

Questo testo è consigliato a chi apprezza Wells, infatti è ispirato al famoso “L’Isola del Dottor Morau”, è adatto a chi apprezza il genere fantascientifico, ma anche a chi ama le storie brevi perché è comunque un libro di 130 pagine e anche a chi vuole sempre quel brividino quando legge o vede una storia perché è a tratti inquietante e misterioso. E’ un libro che parla di un uomo che per sfuggire alla legge va a vivere su questo isolotto sperduto ed è convinto di essere il solo abitante di questo luogo fino a quando un giorno si accorge della presenza di altre persone che vivono in alcune strutture su un lato dell’isola. Chi sono queste persone? Avrà, il nostro protagonista, il coraggio di entrare in contatto con loro? E quali saranno le conseguenze?

Il prossimo suggerimento non è uno ma una serie di testi editi Iperborea dedicati alle fiabe di un determinato paese nord europeo, abbiamo le fiabe svedesi, le fiabe norvegesi, le fiabe danesi, le fiabe finlandesi, quelle islandesi, quelle faroesi e quelle lapponi. Questi testi a parte essere stupendi dal punto di vista grafico, come la maggior parte delle pubblicazioni Iperborea, possono essere anche un pensiero gradito per le atmosfere natalizie e fredde unite alle fiabe di questi paesi. Sono un dono secondo me adorabile anche se volete fare un regalo a qualcuno di cui non conoscete a pieno i gusti, perché sono volumi con all’interno anche qualche illustrazione in bianco e nero, sono tutte fiabe in generale abbastanza brevi quindi adatte anche a una lettura veloce e sono in generale una coccola perfetta per il periodo.

Lore Olympus – R. Smythe

Prezzo di Copertina: € 25,00

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Pettegolezzi scandalosi, feste sfrenate e amore proibito: assisti a cosa fanno gli dei dopo il tramonto in questa rivisitazione elegante e contemporanea di una delle storie più famose della mitologia greca, dalla geniale creatrice Rachel Smythe. Persefone, giovane dea della primavera, è nuova nell’Olimpo. Sua madre, Demetra, l’ha allevata nel regno dei mortali, ma dopo che Persefone ha promesso di addestrarsi come vergine sacra, le è permesso di vivere nel mondo affascinante e in rapido movimento degli dei. Quando la sua coinquilina, Artemide, la porta a una festa, la sua intera vita cambia: finisce per incontrare Hades e sente una scintilla immediata con l’affascinante ma incompreso sovrano degli Inferi. Ora Persefone deve navigare nella confusa politica e nelle relazioni che governano l’Olimpo, scoprendo allo stesso tempo il proprio posto e il proprio potere.

Momento graphic novel, regalo adatto a qualcuno a cui piacciono i fumetti/graphic novel o regalo azzeccato a mio vedere anche per qualcuno di giovane, dovete fare un regalo ad un adolescente a cui piacciono magari anche i miti greci e la storia di Ade e Persefone? Voilà, mai regalo fu più azzeccato. Lore Olympus è un webcomic romance pubblicato sulla piattaforma digitale Webtoon, scritto e disegnato dall’artista Rachel Smythe che rivisita in chiave moderna il rapporto tra Ade e Persefone. Questo è il primo volume, le illustrazioni sono a mio vedere stupende, non sono iper dettagliate o non hanno quello stile preciso quasi da manga giapponese è uno stile più sciolto e colorato, ma ha qualcosa di magico secondo me.

La Figlia del Boia – O. Pötzsch

Prezzo di Copertina: € 9,90

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Baviera, 1659. Il destino di Martha Stechlin, levatrice di Schongau, sembra segnato. Messa nelle mani del boia del paese perché le sia estorta formale confessione, attende di essere spedita al rogo per il barbaro omicidio di due bambini. Jakob Kuisl, il boia di Schongau, un gigante alto quasi due metri, la barba nera e spinosa, le lunghe dita ricurve simili ad artigli, non crede però alla sua colpevolezza. E con lui non credono che la dolce Martha sia una strega anche sua figlia Magdalena, un’attraente ragazza dalle labbra carnose, e Simon Fronwieser, il figlio del medico cittadino, un giovane ben visto tra il gentil sesso di Schongau. I tre indagano per cercare di ribaltare una sentenza che sospettano sia stata scritta solo per convenienza politica e, soprattutto, per nascondere una verità inconfessabile. Attraverso un’impeccabile ricostruzione storica della società tedesca del Seicento, “La figlia del boia” conduce il lettore in un’epoca di superstizioni e follie collettive e delinea una stupefacente figura propria di quel mondo: il boia, un uomo temuto e, ad un tempo, un esperto erborista e un illuminato.

Regalo adatto a chi piacciono i giallo storici, è ambientato nel 1659 nella Baviera. E’ il primo testo di una serie in cui i protagonisti dovranno indagare sulla morte di alcuni bambini e cercare di provare l’innocenza di una levatrice accusata di essere una strega e di aver ucciso appunto i bambini in questione. E’ un testo con atmosfere a tratti cupe, ci sono scene di torture fisiche, morte e violenza. C’è anche l’inizio di una love story fra due personaggi che torneranno anche nei volumi successivi, insomma c’è tutto in questo libro, ma rimane un testo da regalare apprezza i gialli, le atmosfere misteriose e cupe e i romanzi con all’interno anche varie citazioni alla storia, dato che vengono accennate anche credenze e usanze dell’epoca.

Il Mio Gatto mi Mangerà gli occhi? – C. Doughty

Prezzo di Copertina: € 17,00

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Quando morirò il mio gatto mi mangerà gli occhi? Se prima di morire mangio un sacco di pop-corn crudi che cosa succede quando mi cremano? I gemelli siamesi muoiono sempre nello stesso momento? Se muoio facendo una smor¬fia mi resterà per sempre? È vero che sugli aerei c’è uno scomparto segreto per chi muore in volo? Posso far conservare il mio corpo nell’ambra come gli insetti di Jurassic Park? Ogni domanda sulla morte è un’ottima domanda. Con Il mio gatto mi mangerà gli occhi? Caitlin Doughty risponde a tutti gli interrogativi possibili su cadaveri, sepolture e funerali e vi fa scoprire gli aspetti più bizzarri e inaspettati della grande livellatrice. Imparerete così che anche da morti potete fare cose molto utili come donare il sangue; che se vi viene un coccolone mentre cenate la vostra fetta di pizza ha ancora molta strada da fare e molte cose da raccontare; che la pellicola da cucina è essenziale per rendere presentabile un cadavere; che tutte le leggende metropolitane di morti a cui crescono i capelli o che si mettono a sedere nell’obitorio sono, appunto, leggende; che se volete diventare uno scheletro bello pulito dovete farvi seppellire in un terreno umido, argilloso e ricco di microrganismi, mentre se volete diventare una splendida mummia dovete scegliere un suolo arido. Con Il mio gatto mi mangerà gli occhi? scoprirete soprattutto un modo diverso di pensare alla morte e comincerete a vederla come un evento del tutto naturale, di cui conoscere i processi chimici e con cui avere a che fare attraverso riti meno alienanti di quelli attualmente in uso nella nostra cultura; e su cui si può anche sorridere. E, no, quando sarete morti il vostro gatto non vi mangerà gli occhi. O, almeno, non subito.

Libro originale e particolare, se volete regalare un testo di sicuro singolare questo fa al caso vostro. Non è un romanzo, ma una raccolta di domande che l’autrice ha messo assieme per rispondere ovviamente in modo esaustivo, riguardanti la morte, le varie sfaccettature della morte, di ciò che accade al corpo dopo la morte, se è vero che dopo la morte rischiamo veramente di vederci asportati gli occhi da un gatto, ecc. ecc. Insomma domande strane, ma che tornano sempre al punto base del libro che è appunto la morte. Voi mi direte: “Scusami, ma a Natale un libro sulla morte e sui gatti che mangiano gli occhi… non sarà un po’ troppo, troppo strano?” Vi dirò, io credo sia molto interessante come testo e se è vero che per tante persone la morte è un argomento ancora taboo, ce ne sono altrettante che sono interessate a saperne di più e si sono magari anche fatte delle domande strane varie volte nella vita. Quindi sfatiamo questo mito del “non parliamo della morte che fa brutto”, perché io credo ci siano persone curiose che si sono sempre fatte domande “strane” a cui farebbe piacere ricevere questo regalo.

Anche qui non abbiamo un solo testo, ma quattro facenti parte di una serie di edizioni particolari e meravigliose edite Giunti. Questo è un regalo a mio avviso stupendo specialmente per un/una amante del Giappone. Sono edizioni con una rilegatura particolare, edizioni diciamo deluxe di classici come appunto anche “L’Arte della Guerra”. Oltre a questo troviamo Bushido, L’anima del Giappone, un insieme di precetti morali rivolti ai samurai: norme pratiche e atteggiamenti spirituali cui un vero guerriero avrebbe dovuto ispirare i propri comportamenti. I Ching, antico testo cinese che per millenni ha guidato con la sua saggezza grandi personaggi così come moltissime persone comuni, e infine Il Libro dei Cinque Anelli, Un classico dei trattati sulla strategia militare giapponese scritto nel Seicento ma che ha conosciuto un’immensa fortuna anche nell’Occidente moderno, come testo di formazione per manager e non solo.

Trilogia di New York – P. Auster

Prezzo di Copertina: € 12,50

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Pubblicati tra il 1985 e il 1987, i tre romanzi che compongono questa “Trilogia” sono raffinate detective stories in cui le strade di New York fanno da cornice e palcoscenico a una profonda inquietudine esistenziale. “Città di vetro” è la storia di uno scrittore di gialli che “accetta” l’errore del caso e fingendosi un’altra persona cerca di risolvere un mistero. “Fantasmi” narra la vicenda di un detective privato che viene assoldato per tenere sotto controllo una persona, ma a poco a poco i due ruoli si scambiano e colui che doveva spiare diventa colui che viene spiato. “La stanza chiusa” racconta di uno scrittore che abbandona la vita pubblica e cerca di distruggere le copie della sua ultima opera.

Volete fare un regalo a qualcuno a cui piacciono le detective stories? O che ha bisogno di un testo per uscire da un blocco del lettore o entrare a capofitto nella lettura? Ecco, Trilogia di New York è il libro adatto. E’ appunto una raccolta di tre romanzi ambientati a New York, simili per alcune caratteristiche, ma diversi per altre è come se ognuno fosse una diversa personalità, l’autore suggerisce di guardare i tre romanzi, Città di vetro, Fantasmi e La stanza chiusa come la narrazione di tre punti di vista diversi della medesima storia, o meglio ognuno rappresenta un diverso stadio della sua consapevolezza riguardo la vicenda. Ottimo primo passo per conoscere anche un grande autore come Paul Auster.

Ultimo suggerimento/i e parlando sempre di evergreen ovvero classici, abbiamo questa relativamente nuova collana BUR nominata BurDark di cui per ora fanno parte quattro titoli, Dracula, Frankenstein, Il Mistero di Sleepy Hollow e i Racconti del Terrore di Poe. Sono testi a mio vedere meravigliosi per la bellezza dell’edizione e la comodità anche nella lettura perché hanno tutti un font molto comodo, una copertina rigida con illustrazioni stupende e una costa colorata con un colore simil neon molto attraente da esporre anche in libreria. In più aggiungiamo che il prezzo è decisamente accessibile, il che non guasta.

E voi? Quali libri regalerete questo Natale? Avete già qualche idea? Fatemi sapere!

A presto!

LiberTiAmo di Dicembre (2022)

Buon giovedì e buon primo di dicembre!

Come vi sentite in questa prima giornata dell’ultimo mese dell’anno? Ebbene sì, siamo già giunti alla fine del 2022, quasi insomma.

Qui a dicembre parleremo di tanti libri come preannunciato anche nella precedente recensione, ma prima di iniziare con la nostra carrellata dobbiamo parlare del libro di dicembre per il gruppo di lettura. Come sempre vi ricordo che ci trovate su Goodreads, ogni mese scegliamo in un sondaggio il libro che sarà in lettura per il mese successivo e nel corso delle settimane ognuno legge e commenta quando lo desidera, non abbiamo tappe o obbiettivi, la lettura inizia nel corso del mese al momento che ognuno desidera.

Bene, parliamo del libro di dicembre allora!

Fiabe Islandesi – AA. VV. trad. Silvia Cosimini

Casa editrice: Iperborea

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Trama

Terra di miti e leggende che sembrano riecheggiare ancora nei suoi paesaggi lunari, l’Islanda ha dato voce alla sua creatività anche in un originale patrimonio di fiabe, qui raccolte in un’antologia inedita. Un mondo di castelli stregati, lotte in sella ai draghi e viaggi per mare con le barche di pietra dei troll, popolato da bellissime regine che si rivelano orchesse, elfi dispettosi che è bene farsi amici, giganti a tre teste che escono dalle grotte di lava, e una natura “vivente” piena di misteri, dove ogni roccia, animale o corso d’acqua può nascondere un’insidia o una presenza fatata. Storie che raccontano l’eterna lotta tra il bene e il male a colpi di magie, metamorfosi e prove di astuzia e di coraggio, ma a oche l’origine di un proverbio o di un’antica credenza che fonde il sacro e il pagano, come quella degli elfi, i “figli sporchi” che Eva non è riuscita a lavare prima di una visita di Dio e che da allora dimorano negli anfratti rifuggendo ogni sguardo umano. Storie in cui i motivi di Biancaneve o delia Bella addormentata hanno risvolti per noi inaspettati, e se la giustizia trionfa sempre come vuole la tradizione, punendo i malvagi e dando felicità e ricchezza ai probi, ogni fiaba ci sorprende con uno humour irriverente, un’inedita sensualità o una crudezza che ricorda le saghe. Pagina dopo pagina ci avviciniamo all’anima di un popolo che nelle solitudini boreali ha sempre viaggiato con la parola, l’immaginazione, la poesia.

Il testo è una pubblicazione del 2016, è un’antologia di fiabe e racconti.

Il testo sarà in lettura per tutto il mese di dicembre.

E voi? Avete mai letto questa raccolta o altre raccolte di Iperborea? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

Lo Straniero – Albert Camus

Buon venerdì e buon quasi weekend!

Eccomi tornata dopo questi giorni di assenza, vi chiedo scusa per la sparizione, ma questo periodo è piuttosto trafficato e impegnativo.

Proprio per questo motivo purtroppo anche quest’anno la maratona natalizia salterà, ma in realtà cercherò comunque di essere il più attiva possibile a dicembre anche perché dobbiamo parlare di libri natalizi, liste di libri, propositi per l’anno prossimo, libri migliori e peggiori dell’anno, uhh ne abbiamo di cose di cui parlare a dicembre!

Purtroppo negli ultimi due anni gli ultimi mesi sono sempre iper frettolosi e pesanti, ma questo non cambia il fatto che per chiudere l’anno dobbiamo ancora parlare di tanti libri.

Oggi, parliamo di un testo di cui vi avrei dovuto parlare mesi fa, è stato infatti il libro del gruppo di lettura per il mese di maggio e per qualche arcano motivo io ero convinta di avervi già parlato del libro in questione, ma era una pura illusione.

“Lo Straniero” di Camus è il secondo testo che mi sono ritrovata a leggere dell’autore dopo la lettura de “La Peste”, è un testo tradotto in quaranta lingue, da cui Luchino Visconti ha tratto nel 1967 l’omonimo film con Marcello Mastroianni.

Unanimemente considerato dai critici uno dei romanzi capitali della letteratura universale, diede immediata notorietà all’autore.

Parliamone!

Lo Straniero – Albert Camus

Casa editrice: Bompiani

Pagine: 121

Genere: narrativa filosofica, narrativa esistenzialista

Prezzo di Copertina: € 13,00

Prezzo ebook: € 7,99

P. Pubblicazione: 1942

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Incipit

Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.” Non significa niente. Forse è stato ieri. L’ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l’autobus alle due e arriverò nel pomeriggio. Così farò la veglia e potrò tornare domani sera. Ho chiesto due giorni di permesso al principale, e con una scusa così non poteva rifiutarmeli. Però sembrava seccato. Gli ho anche detto: “Non è colpa mia.” Non ha risposto.

Trama

Pubblicato nel 1942, “Lo straniero” è un classico della letteratura contemporanea: protagonista è Meursault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Un giorno, dopo un litigio, inesplicabilmente Meursault uccide un arabo. Viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto – il processo e la condanna a morte – senza cercare giustificazioni, difese o menzogne. Meursault è un eroe “assurdo”, e la sua lucida coscienza del reale gli permette di giungere attraverso una logica esasperata alla verità di essere e di sentire. Un romanzo tradotto in quaranta lingue, da cui Luchino Visconti ha tratto nel 1967 l’omonimo film con Marcello Mastroianni.

Recensione

L’opera affronta vari interrogativi: chi sia Meursault – estraneo a sé stesso – un volgare assassino, un folle o un ribelle; quale significato abbiano il suo gesto e il suo comportamento. Camus racconta la storia di un delitto assurdo e denuncia l’assurdità di vivere e dell’ingiustizia universale.

Sono tematiche tipiche dell’esistenzialismo, eppure Camus non si considerò mai un esistenzialista.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Lo stile di Camus in quest’opera è piuttosto diretto, asciutto dal punto di vista dei periodi, infatti le descrizioni o i pensieri del protagonista vengono sempre messi in scena in modo secco e magistrale perché anche in una frase brevissima siamo in grado già dalla prima riga di farci un’idea delle tematiche che affronterà l’autore e della psiche del protagonista.

Ad esempio: “Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so”, il modo in cui si apre il romanzo ci proietta in uno scenario già assurdo se vogliamo per il livello di cinismo e distacco emotivo dalla realtà che ha Meursault, uomo sempre impassibile di fronte alla vita e ai drammi, problemi e vicende a cui assiste.

La storia dell’uomo avanza in modo rapido, è un romanzo di 120 pagine in cui seguiamo il crollo della normalità nella vita di questo individuo che ad un certo punto commette un omicidio, tra l’altro la scena della violenza è una scena cardine della storia e rappresenta a pieno tutto il fulcro della personalità e della rappresentazione di Meursault, perché le ragioni per cui uccide quest’uomo e il modo in cui lo fa rappresentano in pieno la totale assenza di empatia, cinismo e indifferenza del nostro protagonista.

Le atmosfere ci riportano al senso di vuoto abissale nella psiche del protagonista, ma anche di ciò che lo circonda che lui vede attraverso uno strato all’apparenza normale, Meursault è all’apparenza un uomo normale, con una vita normale e capace di vivere in situazioni normali. Il problema giunge quando si cerca di andare oltre alla prima reazione o ad un sincero senso di empatia o interesse verso qualcuno che non sia lo stesso Meursault.

Quindi ci ritroviamo in mezzo a scene che danno la sensazione di essere vuote, in cui si avverte quasi freddo, come se fossimo in un asettico ambulatorio o in un obitorio, anche quando il protagonista è attorniato da altri personaggi c’è sempre questo senso di solitudine, isolamento, non appartenenza a ciò che lo circonda e a ciò che sta vivendo.

“All’apparenza Lo straniero sembra un libro estremamente semplice…”

Nel 1956, Carl Albert Viggiani analizzando l’opera ha scritto: “All’apparenza Lo straniero sembra un libro estremamente semplice ma scritto e pianificato molto attentamente. In realtà, è una creazione densa e ricca, piena di significati sconosciuti e qualità formali. Ci vorrebbe un libro almeno della lunghezza del romanzo per fare un’analisi completa del significato e della forma e le corrispondenze di significato e forma, ne Lo straniero.”

“Lo Straniero” è un libro all’apparenza semplice, a primo acchito ci ritroviamo davanti uno stile secco e pulito, un protagonista che ragiona in modo all’apparenza semplice e egoista, una vicenda che si incastra pezzo dopo pezzo con una conclusione definitiva.

Ma in realtà all’interno di questo libro e sotto questo velo di falsa semplicità c’è un cosmo di riflessioni che Camus sottopone al lettore rappresentando questo protagonista e i suoi movimenti.

“Mi sono sentito assalire dai ricordi di una vita che non mi apparteneva più, ma in cui avevo trovato le mie gioie più povere e più tenaci.”

Camus porta in scena una realtà senza dubbio triste e definitiva, non c’è redenzione per questo protagonista, questo muro di cinismo e mancanza di interesse, empatia e attenzione è ciò che muove il romanzo. Alcune scelte o azioni di Meursault non vengono mai spiegate, motivate in alcun modo e risultano ovviamente di difficile comprensione perché sorge spontaneo chiedersi come sia possibile fare quello che ha fatto il protagonista senza un motivo preciso, un movente.

Meursault intrattiene una relazione con Marie, donna per cui prova una forte attrazione, figura a cui pensa spesso in modo più che altro sessuale con un persistente desiderio di fondo, ma anche con lei si avverte questo muro come se l’uomo avesse delle pulsioni per lei senza mai andare oltre a livello sentimentale, c’è nella sua mente a tratti, ma torna sempre la vena egoistica intrinseca nella personalità di Meursault.

Nel romanzo lui incontra anche altri personaggi con vari problemi e drammi personali, si comporta con loro come un confidente, qualcuno di impassibile con cui parlare e su cui riversare tutti i problemi per sfogarsi, ma non conosce un limite, ad esempio lui uccide quest’uomo per cui poi finirà in prigione, perché collegato ad un amico/conoscente che per Mersault in realtà non ha un gran valore.

Sappiamo che l’uomo ucciderà questo individuo in modo piuttosto violento soprattutto per una sua indifferenza nei confronti della vita anche, sarà lui stesso a dire ad un certo punto: “Ma tutti sanno che la vita non vale la pena di essere vissuta.

Questa frase è sicuramente un perno importante nella psicologia del protagonista per comprendere la sua visione del mondo e ragionare sulla totale assenza di motivazione e interesse nei confronti di tutto ciò che lo circonda, e questa è la base della personalità di Meursault, in ogni situazione anche quando sembra all’apparenza un individuo interessato e complice di qualcuno.

Per Meursault il mondo stesso è indifferente nei confronti dell’umanità e di tutto il resto, viviamo in un mondo fatto di indifferenza e per lui nessuno può arrogarsi il diritto di giudicarlo per le sue azioni, come nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare un altro uomo.

Conclusioni

Io non sono una persona da “è obbligatorio leggere questi libri nella vita”, ma per certi testi faccio un’eccezione e “Lo Straniero” di Camus rientra in queste eccezioni, ed è sicuramente un libro alienante, assurdo di primo acchito quando ancora non si è del tutto compresa la psiche del protagonista, ma a mio avviso è un romanzo che merita di essere esplorato almeno una volta nella vita proprio per lei riflessioni a cui porta il lettore e gli interrogativi che possono nascere assistendo alla vicenda di un uomo indifferente che è convinto di vivere in un mondo totalmente indifferente e a cosa questo può portare a livello di azioni e reazioni.

Voto:

E voi? Avete mai letto qualcosa di Camus? Si, no? Fatemi sapere!

A presto!

PoetryTime

Un giorno

sarò albero e radice

sarò terra contesa.

Mi vorranno i vermi

i lombrichi le stelle

sarò cosa che cambia

chissà cosa diventerò.

Sarò fiore o montagna

o terra da cemento

per un buon palazzo

eppure un giorno ero vivo

e ho visto il mondo

eppure un giorno ero vivo

e ho visto il mondo.

(da Canzoniere della Morte)

Salvatore Toma

La Fortuna – Valeria Parrella

Buon lunedì e buon inizio settimana!

Eccoci qui con il primo articolo di novembre, e come è capitato spesso nelle ultime settimane sono in iper ritardo, oggi parliamo di un libro che ho recentissimamente terminato, è tra le mie ultime letture, il che è strano dato che la mia operazione di recupero delle recensioni arretrate è ancora in atto, ma oggi ci tenevo a parlarvi di questo testo in particolare.

Parliamo di un libro uscito qualche mese fa, che ha ricevuto anche un degno successo e una degna pubblicità sui social, in alcuni programmi televisivi e affini, insomma è un testo che dal giorno dell’uscita si è vista spesso in giro e sto parlando de “La Fortuna” di Valeria Parrella.

Non so se è mai venuto fuori questo discorso, ma io mi ritengo una appassionata di Pompei, direi anche una facile al diventare ossessionata con Pompei in alcuni particolari periodi, questo accadeva in realtà soprattutto in passato quando mi è capitato di avvicinarmi per le prime volte a Pompei e alla sua storia, ad oggi invece guardo sempre con molto piacere e interesse trasmissioni, documentari, video vari sull’argomento e leggo sempre con moltissimo piacere libri su Pompei, ma la mia ossessione morbosa si è di certo distesa, per fortuna aggiungerei.

Ma diciamocelo, non si può rimanere indifferenti di fronte alla storia di Pompei e al suo immenso fascino, mai e poi mai!

Comunque, tornando al testo della Parrella, devo confessare che ai tempi dell’uscita del libro mi ero limitata a guardarlo senza particolare interesse, poi una volta scoperta la trama e il concept mi sono fiondata a recuperarlo perché questo romanzo è appunto ambientato a Pompei e ha come protagonista un ragazzo figlio della città.

Parliamone!

                                  

La Fortuna – Valeria Parrella

Casa editrice: Feltrinelli

Pagine: 137

Genere: romanzo storico, romanzo di formazione

Prezzo di Copertina:  € 16,00

Prezzo ebook: € 9,99

P. Pubblicazione: 2022

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Incipit

Mi chiamo Lucio perché sono nato in una casa sotto quel monte, e della mia nascita mamma mi raccontava sempre la stessa cosa; che la casa in cui erano ospiti cominciò a ondeggiare tutta e si spensero le voce come se sulle fiamme avesse soffiato un dio. Lei era distesa a chiacchierare con un’amica, sarebbero dovuti già andar via, ma era febbraio, faceva freddo e davanti al braciere si stava bene. Mio padre aveva bevuto molto e parlava senza fermarsi, mia madre un poco lo guardava, un poco parlava anche lei, tutta avvolta nella lana, fin dove la pancia glielo permetteva. Sarei dovuto nascere a marzo, ma prima di me arrivò il terremoto.

Trama

Il prodigio viene dalla terra, e scuote aria e acqua. Dal cielo piovono pietre incandescenti e cenere, il mare è denso e la costa sembra viva, ogni mappa disegnata è stravolta, i punti di riferimento smarriti. Lucio ha solo diciassette anni e ha seguito l’ammiraglia di Plinio il Vecchio nel giorno dell’eruzione del Vesuvio, ma non può sospettare che il monte che conosce da sempre sia un vulcano. Per quel prodigio mancano le parole, non esiste memoria né storia a rassicurare. Nascosta dalla coltre rovente c’è Pompei, la città che ha visto nascere Lucio e i suoi sogni, dove ancora vivono sua madre, la balia, gli amici d’infanzia, dove ha imparato tutto ciò che gli serve, adesso, per far parte della flotta imperiale a dispetto del suo occhio cieco – anzi, proprio grazie a quello, che gli permette di vedere più degli altri, perché “un limite è un limite solo se uno lo sente come un limite, sennò non è niente”. E mentre Lucio tiene in mano, per quanto la Fortuna può concedere, il filo del suo destino, ecco che Pompei torna a lui presente e più che mai viva, nel momento in cui sembra persa per sempre, attraverso i giochi con le tessere dei mosaici, i pomeriggi trascorsi nei giardini o nelle palestre, le terme, il mercato, i tuffi in mare e le gite in campagna, le scorribande alla foce del fiume. La sua intera giovinezza gli corre incontro irrimediabilmente perduta, eppure – noi lo sappiamo – in qualche modo destinata a sopravvivere. Insieme a Lucio, una folla di personaggi, mercanti, banchieri, matrone, imperatori, schiavi, prostitute e divinità, si muove tra le pagine di un romanzo sorprendentemente attuale, in cui niente è già visto: piuttosto ciò che conoscevamo del mondo classico ci appare in un aspetto nuovo, moderno e intimo. Perché il desiderio è nascosto, si innalza dalla terra, è il cuore stesso della terra, e noi siamo terreni.

Recensione

Come dicevamo il libro è ambientato a Pompei (per la maggior parte) e segue le vicende di Lucio, un giovane che nasce e cresce a Pompei fino al trasferimento a Roma per motivi di studio. Lucio ritornerà poi nella sua città natale, Pompei appunto, proprio durante l’eruzione del Vesuvio e diventerà in quei giorni il comandante della flotta di Plinio, compito a cui lui ha aspirato per tutta la vita (nonostante sia solo diciottenne), tra distruzione e carestia Lucio cercherà di gestire al meglio la situazione in un clima di confusione e tragedia.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Lo stile di Valeria Parrella è uno dei punti che più mi hanno confusa in quest’opera, perché se da una parte il suo stile risulta a tratti poetico e aulico, dall’altra parte queste caratteristiche a lungo andare diventano un poco forzate e ripetitive.

Lucio è un personaggio che proviene da una famiglia più che benestante e fin da piccolo è stato affiancato da un valido maestro, è un ragazzo intelligente che può aspirare a rivestire cariche importanti anche per le conoscenze che ha l’onore di vantare per la famiglia da cui proviene, quindi insomma stiamo parlando di un individuo che si sa esprimere e ha direi anche una vena poetica spiccata dal modo in cui riesce ad esprimere a parole i suoi pensieri.

Quindi può essere in linea con il personaggio uno stile simile e lo è, ma ho trovato certe frasi forzatamente poetiche e d’effetto inserite sempre con maggior costanza nel corso del testo che a tratti diventano forzate come dicevamo.

Ci sono queste riflessioni sulla vita, sulla città e su se stesso che Lucio fa in cui inserisce sempre queste frasi forzatamente epiche.

Io non ho problemi con uno stile di questo tipo se non diventa troppo forzato come in questo caso, trovo che dopo un certo punto diventi infatti eccessivamente ripetitivo nel suo voler essere d’impatto ad ogni costo.

E’ un libro senza dubbio costellato di belle frasi, quelle che si possono sottolineare per poi rileggerle ogni tanto, vi faccio qualche esempio:

“Io quello più di tutto capivo: che c’è un nucleo duro di giovinezza sepolto dentro ogni adulto e ogni vecchio e che, forse, fa di noi quello che siamo e che saremo.”

“Lui indovinava gli artifici, sapeva che la verità non passa dalle parole ma dalla voce, che non vive di affermazioni ma di azioni.”

“[…]stavo imparando che una città non è fondata sulle pietre bensì sulle convenzioni, non alza le sue mura contro il barbaro ma per perpetuare se stessa.”

“Siamo strani: crediamo più a quello che abbiamo sempre veduto che a quello che stiamo vedendo […]”

“[…] io sono rimasto tre giorni e tre notti sospeso a metà strada, spettatore della lotta tra gli dei e gli uomini.”

Un altro problema per me del testo è il fatto che questo dovrebbe essere un romanzo di formazione, in cui seguiamo appunto un personaggio attraverso eventi formativi della sua vita, quindi seguiamo il suo processo di maturazione con conseguenti errori, traumi, esperienze importanti e secondo me un buon romanzo di formazione è un testo in cui alla fine tu lettore riesci a comprendere la personalità del personaggio in questione, puoi ovviamente non essere d’accordo con certe scelte o percorsi, ma almeno ne comprendi i tratti della personalità.

Qui questo non accade, alla fine della lettura io sento di non aver compreso la personalità di Lucio, alla fine sappiamo poche cose personali su di lui, esclusi alcuni ricordi che vengono ammassati l’uno sull’altro, sappiamo poco di lui come individuo ad esempio sappiamo che gli piace il mare, sappiamo che vuole molto bene alla madre e sappiamo che in un modo o nell’altro è riuscito ad imparare il mestiere di colui che lavora e vive in mare.

Trovo che la personalità non sia ben delineata, rimane un personaggio non del tutto chiaro e comprensibile, anche perché questo continuo ammassarsi di ricordi che vengono inseriti nel corso della narrazione e che dovrebbero in teoria aiutare il lettore a capire Lucio, non hanno l’effetto sperato, anzi si ha spesso l’impressione di saltare di palo in frasca, si salta da un ricordo all’altro continuamente, senza avere nemmeno il tempo di capire l’effetto impattante di quel ricordo su Lucio.

Quindi il ritmo complessivo dell’opera risulta piuttosto frenetico e frastagliato, un susseguirsi di immagini legate soprattutto all’infanzia di Lucio in cui non si riesce ad entrare del tutto.

Le atmosfere sono anche qui piuttosto frastagliate, si riesce in alcuni tratti ad entrare in una atmosfera tipica da romanzo che ha come focus Pompei e gli anni precedenti all’eruzione, si vivono alcune esperienze importanti di Lucio e si riesce in brevi istanti ad avvertire quel tipo di sentore tipico del vivere in un momento legato all’infanzia che tornerà anche nei ricordi della vita adulta, quel senso di nostalgia per un qualcosa che sembra irrilevante sul momento, ci sono atmosfere in parte riuscite.

Bella la base, meno il resto

Rimango dell’idea che la trama base del romanzo sia interessante, specialmente se amate appunto le storie ambientate a Pompei o la storia di Pompei, ci sono anche tra l’altro personaggi realmente esistiti dentro il libro ad esempio tra i più famosi Plinio il Vecchio e Rectina, una nobildonna romana, che appaiono nel corso del romanzo varie volte e fanno la conoscenza del nostro protagonista.

Ma anche se le basi sembrano buone l’evoluzione del testo lo è di meno, infatti nonostante sia un libro breve finisce per perdersi molto spesso, c’è un punto di partenza e un punto di fine, ma ci si arriva attraverso anche qui eventi sparpagliati, ammassati l’uno sull’altro, come dicevamo prima tramite una narrazione molto frastagliata che non fa mai entrare del tutto il lettore nella storia, sembra quasi che il testo sia stato tagliato ad un certo punto, quando si va oltre e si riesce ad entrare in una scena o nella mente di un personaggio, l’autrice salta da un un’altra parte.

I personaggi che ruotano attorno a Lucio sono piuttosto deboli, a volte incontriamo personaggi che vengono citati una sola volta e non vengono un granché tratteggiati che tornano dopo una sessantina di pagine e volenti o nolenti si finisce per non ricordare nulla di quel personaggio, proprio perché già alle origini non aveva una sua personalità.

Forse gli unici due personaggi che a mio avviso lasciano un certo tipo di impatto sono la madre di Lucio, di cui comunque non sappiamo molto, e Plinio, che è una specie di guida, maestro e secondo padre quasi per Lucio.

Il problema maggiore in questo romanzo rimane il personaggio principale, anche per quello che abbiamo detto prima sulla base di un buon romanzo di formazione, qui non si arriva mai del tutto a capire la psiche di Lucio che di sicuro è più vasta rispetto a quello a cui riusciamo ad aggrapparci durante la lettura.

Lucio si muove, fa delle scelte importanti, cerca di seguire una specie di direzione, ma non capiamo mai veramente qual è il suo vero obbiettivo o il perché di certi movimenti, c’è da dire anche che Lucio nonostante il ruolo che gli viene assegnato verso la fine del romanzo, come comandante della flotta di Plinio, è ancora un ragazzo molto giovane.

Una critica che ho sentito, smossa a questo romanzo, è quella riguardante la base storica, ovvero il fatto che la Parrella si sia poggiata troppo su eventi/tradizioni/modi di vivere documentati dell’epoca di Pompei per scrivere questo romanzo, che abbia voluto insomma fare sfoggio delle sue conoscenze sul tema.

A dire il vero l’aspetto riguardante la vera storia di Pompei credo sia uno di quelli più gradevoli del romanzo, assieme a certe atmosfere, in più credo siano ben inserite queste informazioni, non piovono mai dal cielo in scene poco coerenti con queste, se vengono inserite è perché sono legate a ciò che sta accadendo.

Conclusioni

Tirando le somme, questo è un romanzo con vari problemi, parecchi direi, dal protagonista, ai personaggi che gli ruotano attorno, dalla debolezza della trama, dalla vera natura del romanzo di formazione che a mio vedere qui non viene rispettata nel migliore dei modi perché risulta troppo debole, allo stile dell’autrice che a tratti sembra voler a tutti i costi esaltare queste frasi impostate e d’effetto.

Ci sono anche punti più positivi ad esempio le atmosfere, la base di partenza della trama, gli scorci della vita a Pompei e le citazioni a fatti e personaggi realmente esistiti.

Insomma, è un romanzo che ho voluto leggere da fan di Pompei, ma che alla fine mi ha lasciata con l’amaro in bocca anche perché con uno sviluppo maggiore e migliore avrebbe potuto essere un romanzo decisamente più gradevole e interessante, per far rivivere anche la meraviglia di Pompei e la storia di un giovane figlio di Pompei.

Se dovessi rileggerlo non lo farei, ma sono felice di essermi tolta la curiosità, senza dubbio.

Voto:

E voi? Avete mai letto qualcosa di Valeria Parrella? Siete appassionat* della storia di Pompei? Fatemi sapere!

A presto!