Per la persona che è sotto la campana di vetro, vuota, e che è bloccata là dentro come un bambino morto, il mondo è in sé un brutto sogno.
Che progetti hai, dopo la laurea?” Avevo sempre pensato che i miei progetti fossero ottenere una borsa di perfezionamento, in AmerIca oppure in Europa, e poi di fare la carriera universitaria e scrivere libri di poesie e lavorare in qualche casa editrice o rivista. Normalmente questi progetti li avevo sulla punta della lingua. “Non lo so ” sentii che dicevo. Fu uno shock, sentirmi rispondere così, perché nell’istante stesso in cui pronunciai quelle parole capii che erano la verità. Avevano il suono della verità, e io la riconobbi, nella maniera in cui si riconosce una persona che da anni si aggira davanti a casa, ma rimanendo nell’ombra, e poi improvvisamnate si fa avanti e si presenta come il tuo vero padre; e tu vedi che ti somiglia moltissimo e allora capisci che ha detto la verità, e che quello che per tutta la vita hai creduto tuo padre è un impostore.
Il silenzio mi fece sentire depressa. Non era il silenzio del silenzio. Era il mio silenzio. Sapevo benissimo che le automobili facevano rumore, e che il fiume faceva rumore, ma io non sentivo niente. La città era appesa alla mia finestra, piatta come un manifesto, liccicante e ammiccante, ma per quanto mi riguardava avrebbe potuto non esserci affatto.
– Sylvia Plath
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