Buon mercoledì!
Come state? Come procede la settimana? Spero nel migliore dei modi!
Oggi finalmente, vi ho fatto attendere parecchio, ma alla fine siamo qui, parliamo de “L’isola della Paura” di Dennis Lehane e del film tratto da questo, ovvero “Shutter Island” per la regia di Martin Scorsese.
Come sempre, per questo tipo di rubrica parleremo sia del film che del libro, non mettendoli a confronto, ma parlando delle sottili differenze fra questi e del modo in cui alcuni messaggi/concetti vengono espressi in uno e nell’altro.
Iniziamo!
Partiamo come sempre parlando del libro, “L’isola della Paura” che ad oggi è un po’ di difficile recupero in italiano, era stato pubblicato dalla casa editrice Piemme anni fa, nel 2005, ma per la prima volta nel 2003.
Tuttavia, nonostante non sia più il catalogo al momento lo potete trovare da venditori privati su siti come Ebay o Comprovendolibri, personalmente la copia in mio possesso sono riuscita a recuperarla su Libraccio e durante la scrittura di questo articolo facendo una capatina sul sito ho visto che è ancora recuperabile su Libraccio, qui.

L’Isola della Paura – Dennis Lehane
Casa editrice: Piemme
Pagine: 378
Anno di Pubblicazione: 2003
Trama
1954, settembre. L’agente federale Teddy Daniels viene inviato sull’isola di Shutter, al largo di Boston, dove si trova l’Ashecliffe Hospital, destinato alla detenzione e alla cura dei criminali psicopatici. Deve trovare una detenuta scomparsa, Rachel Salando, condannata per omicidio, ma un uragano si abbatte sull’isola, impedendo qualsiasi collegamento con il resto del mondo. Ma sull’isola, niente è davvero quello che sembra, e gli interrogativi si accavallano: come ha fatto la Salando a sparire nel nulla? Chi semina strani indizi in codice? E cosa sta cercando Teddy Daniels? Una detenuta scomparsa, oppure le prove che all’Ashecliffe Hospital si fanno esperimenti sugli esseri umani, o ancora qualcosa di più profondo, che lo tocca personalmente?
“Dio ama la violenza. Lo capisce questo, vero?”
“No” rispose Teddy. “Non lo capisco.”
L’altro fece un paio di passi, quindi si voltò a guardarlo. “Perchè mai dovrebbe essercene cosi tanta, allora? La violenza è in noi. Proviene da noi. E’ ciò che facciamo con più naturalezza, più ancora che respirare. Dichiariamo guerra. Facciamo sacrifici. Saccheggiamo e distruggiamo e strappiamo la carne dei nostri fratelli. Riempiamo campi e campi con i nostri morti puzzolenti. E perchè? Per mostrare a Dio che abbiamo imparato dal suo esempio.”
Questo è uno dei rari casi in cui secondo me non c’è una gran differenza fra film e libro, entrambe le opere sono di alto livello ed entrambe riescono a trasmettere la storia in modo autentico e senza tagli o modifiche rilevanti. Ecco, potrei terminare l’articolo in questo momento, perché di fatto film e libro sono perfetti da vedere sia assieme che in modo individuale, ma no, parliamone meglio.
Dunque, nonostante questo unico livello sul quale sono poggiate le due opere c’è comunque qualche piccola differenza, ma non sono differenze tali da rendere le due opere completamente diverse l’una dall’altra come a volta capita con alcuni libri e film.
Questo di “Shutter Island” è un caso molto raro come dicevo prima, di solito si dice sempre che il libro nel 98% dei casi è migliore del film e si fa un confronto per me non del tutto giusto, perché come dico sempre sono due mezzi diversi, però è vero il fatto che il libro nella maggioranza dei casi trasmette un atmosfera se vogliamo più totale o piena oppure una comprensione più profonda dei personaggi, qui invece anche il film riesce ad instillare le stesse emozioni/sensazioni del libro e si sofferma quasi nello stesso modo nella psicologia dei personaggi, in quello di Teddy (Leonardo di Caprio) principalmente.
Parlando della trama siamo appunto su questa isola sopra alla quale si erge un manicomio criminale, noi seguiamo Teddy Daniels, un agente federale che sbarca su questa isola assieme al suo collega Chuck conosciuto da poco. Sono lì per indagare sulla sparizione di una paziente, una certa Rachel Solando, che sembra essere evaporata dalla sua cella. Questa indagine avanzerà pian piano anche grazie all’aiuto di un biglietto ritrovato appunto nella cella di Rachel, un foglietto con scritto: “La legge del 4, chi è 67?“

Nel libro questo biglietto è di poco più lungo e più preciso, recita infatti: “La legge del 4. Io sono il 47, loro erano 80. + voi 3, noi siamo 4, ma chi è il 67?“
Ovviamente nel film è stato semplificato, ma alla fine non fa tutta questa differenza, ho notato piuttosto che nel libro Teddy pensa spesso a questo biglietto, prova diverse volte e decifrarlo e diventa una presenza importante all’interno della storia, mentre nel film l’ho sentito meno presente, ci si interroga sempre su questo certo, ma nel libro è una presenza costante.
Un altro personaggio importante della vicenda è Chuck, il collega del nostro protagonista, di cui non sappiamo un granché, nel film è interpretato da Mark Ruffalo, c’è una differenza che riguarda questo personaggio, nel libro parla decisamente di più, quasi più di Teddy e risulta carismatico e brillante, anche un poco fastidioso a tratti, mentre nel film parla decisamente meno e si dedica meno alle battute, sembra che nel film gli sceneggiatori abbiano voluto rendere del tutto Teddy protagonista.
Sia nel film che nel libro però vengono messi in risalto alcuni momenti importanti, che sono i punti chiave della vicenda, ovvero quegli istanti in cui si avverte che qualcosa non torna, ad esempio all’arrivo dei due agenti sull’isola prima dell’entrata nel manicomio viene chiesto loro di consegnare le armi, Chuck che dovrebbe essere ormai pratico di armi sembra invece un novellino, non riesce a sfilare la pistola e la custodia dalla cintura, oppure ci sono momenti in cui alcuni personaggi si scambiano occhiate strane o complici.

Ovviamente è molto complesso parlare di questo film/libro senza fare spoiler, ma posso dirvi che il colpo di scena finale è uno di quelli più sconvolgenti e inaspettati che io abbia mai letto, sopratutto nel libro.Perché per qualche motivo nel film lo si può forse lontanamente veder arrivare, ma lì dovreste essere delle linci o particolarmente ferrati in trucchi da thriller.
Man mano che si avanza nella storia comunque si impara a conoscere Teddy, un uomo con un passato assai travagliato e violento, ha ucciso uomini in guerra, visto morire decine, centinaia di persone, ha vissuto una vita complicata, oltre a questo conosciamo anche un fantasma che sembra seguire Teddy ovunque, quello della moglie defunta, Dolores (Michelle Williams).
C’è una scena famosissima, forse la più famosa del film che ritrae appunto Leonardo di Caprio e Michelle Williams, rispettivamente Teddy e Dolores, quella in cui lei prende fuoco e si disperde in cenere.

Dolores è una figura molto importante ai fini della trama, appare diverse volte e Teddy e sembra volergli comunicare di non lasciarla andare, di non essere libero in un certo senso, di tenerla con lui e di non accettare la verità.
Sempre in questa scena c’è un uso molto interessante di due elementi che noi vediamo varie volte nel film, l’acqua e il fuoco, sono più che importanti in questa storia.
Dato che ci troviamo su un isola Teddy è circondato dall’acqua e quando si trova all’esterno del manicomio e vicino al mare sembra sempre molto a disagio o appare quasi malaticcio, mentre sembra completamente a suo agio con il fuoco anche se questa è secondo lui la causa della morte di sua moglie Dolores.
C’è un gioco preciso che viene attuato per tutto il corso del libro/film fra questi due elementi di natura opposti, in ogni scena in cui è presente il fuoco in particolare siamo persi nei meandri della mente di Teddy e non è detto che tutto quello che sta accadendo sia al 100% reale, sembra che Teddy interpreti una scena o un evento a suo modo e inserisca il fuoco.
Mentre nelle scene con l’acqua non c’è menzogna, Teddy ha vissuto eventi assai traumatici collegati all’acqua, quindi ricordare questi o pensare/vedere/toccare l’acqua gli provoca quasi una forma di dolore.
Parlando di isole tra l’altro e di differenze lievi tra film e libro, nel testo si avverte maggiormente il senso di isolamento, secondo me le mie personalissime sensazioni, e di pericolo per Teddy perché ci si affeziona quasi subito al suo personaggio e ritrovandosi in un luogo simile, così minaccioso a prima vista, si finisce per essere preoccupati per lui.
Andando avanti nella storia ad un certo punto Teddy inizia a nutrire sempre più sospetti sulle attività svolte nel manicomio e nel faro presente sull’isola, faro come gli viene detto serve “per la depurazione delle acque”, è in realtà un luogo che si rivelerà fondamentale alla fine del film/libro.

Infatti dopo un confronto a doppia interpretazione di Teddy con un detenuto nel padiglione C, il più pericoloso del manicomio, l’agente si dirige al faro convinto di trovare all’interno le prove di violenze e soprusi perpetrati dai medici ai pazienti e sopratutto di trovare il suo nemico giurato Laeddis, l’uomo che ha dato fuoco alla palazzina in cui viveva con la moglie, incendio che ha provocato la morte di lei.
Qui ci sarà la rivelazione più importante di tutto il libro/film, il colpo di scena che rivelerà il senso dietro all’enigma trovato nella stanza di Rachel, alla vita e al passato di Teddy e alla sua vera identità.
Quindi io mi fermo qui perchè non voglio fare spoiler, parlando del libro credo sia uno dei thriller più belli letti negli ultimi anni, ha uno stile che mi sento di definire piuttosto cinematografico, anche per questo forse si è adattato così bene alla pellicola.
Il libro/film lascia un interpretazione piuttosto sicura, anche se rimane sempre una seconda interpretazione, dopo aver scoperto la verità tra l’alto una parte di me ha continuato a credere alla versione precedente a questa rivelazione, perché appunto per tutto il tempo della storia noi siamo nella testa di Teddy e sembra difficile accettare la realtà alla fine anche per i lettori.
Dennis Lehane è l’autore anche di “Mystic River“, il libro è un thriller che si basa sopratutto sui pensieri di Teddy, ha uno stile abbastanza secco dal punto di vista delle descrizioni, ma in toto è uno stile ben equilibrato.
Vi consiglio davvero di recuperare entrambi se vi va, è un opera che si concentra anche su diverse tematiche delicate, come ovviamente la psicologia e la pazzia, ma sopratutto i metodi di cura di questa che per anni e anni hanno compreso violenze di ogni tipo sui pazienti, all’interno del libro incontriamo infatti un medico rivoluzionario per i tempi che sostiene un metodo di cura basato sull’ascolto e sul rispetto del paziente.
Voto libro:

Ho amato sia il film che il libro, come dicevo è un caso piuttosto raro, il punto più forte del libro è il plot twist finale, che capovolge il tutto.
E voi? Avete mai letto il libro “L’isola della Paura”? O visto il film “Shutter Island”? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!
A presto!

ciao, ho visto solo il film, inquietante non poco
il film ha il colpo di scena ma cmq potrebbe essere anche una manipolazione, secondo me hanno lasciato un finale ambiguo apposta
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Ciao! Questa doppia chiave di lettura è assolutamente affascinante, forse uno dei punti più belli del film/libro, anche dopo la fine una parte di me ha continuato a credere a Teddy..
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