L’Esorcista – William Peter Blatty

Buon giovedì, ben ritrovatə!

Come procede la settimana e questo giugno? Spero bene!

Oggi parliamo di un libro citato nella scorsa recensione, quella su “I Due Esorcisti“, ovvero “L’esorcista” di William Peter Blatty.

Da questo libro è stato tratto il famoso film del 1973, diretto da William Friedkin, di cui Blatty scrisse anche la sceneggiatura.

L’autore, prendendo spunto dal libro Die Besessenheit di Traugott Konstantin Oesterreich, fu ispirato anche da un caso di possessione demoniaca avvenuto nel Maryland di cui Blatty venne a conoscenza mentre studiava presso l’Università di Georgetown.

Parliamone!

L’Esorcista – William Peter Blatty

Casa Editrice: Fazi

Pagine: 427

Genere: horror (possessione demoniaca)

Prezzo di Copertina: € 14,00

Prezzo ebook: € 6,99

P. Pubblicazione: 1971

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Come l’effimera e fulminea fiamma di un’esplosione di soli lascia soltanto bagliori indistinti sulla retina di un cieco, così il momento in cui l’orrore ebbe inizio passò quasi inosservato. Fu dimenticato, infatti, perduto nel frastuono di ciò che seguì, e forse non fu affatto messo in relazione con l’orrore. Era difficile da valutare.

Trama

Che cosa succede alla piccola Regan, trasformatasi in un mostro blasfemo che urla oscenità e frasi sconnesse? Sua madre, la famosa diva del cinema Chris MacNeil, non riesce a capirlo. Né ci riescono i medici e gli psichiatri né la polizia. Forse solo un esorcista può dare una risposta. Ma la Chiesa impone cautela, esige prove, chiede tempo. Intanto la casa risuona di colpi, i mobili si spostano da soli, un uomo muore con il collo spezzato, il fragile corpo di Regan sembra cedere alla tempesta che lo sconquassa. E lo scontro tra l’uomo di Dio e gli spiriti del Male sembra ormai inevitabile.

Recensione

Per scrivere il suo romanzo Blatty si ispirò ad un caso di possessione avvenuto nel 1949 a Cottage City, nel Maryland. La tragica vicenda ruota su un giovane ragazzo di 14 anni la cui identità è stata tenuta segreta e per il quale è stato usato lo pseudonimo di Roland Doe.

In tempi recenti lo scrittore Mark Opsasnick affermò di essere riuscito a rintracciare la famiglia del giovane e di aver appreso da loro che il ragazzo era solito fare scherzi ad amici e parenti. Lo scrittore sarebbe quindi giunto alla conclusione che il ragazzo in realtà inventò la storia della possessione solamente perché voleva ricevere maggiori attenzioni.

Stile, Ritmo e Atmosfere

Questo libro mi ha stupita, non mi aspettavo un testo così attento all’analisi dei personaggi, al modo in cui vengono rappresentati i loro pensieri, le loro paure, i loro dubbi.

E’ un libro che di certo si prende i suoi tempi, è un volume di 427 e si potrebbe pensare che il fulcro sia l’esorcismo di questa ragazzina, ma non è così, anzi l’esorcismo occupa solo una parte minima del libro, il resto è dedicato a trame, sottotrame e legami fra i personaggi.

Ma andiamo con ordine, lo stile di Blatty è all’apparenza piuttosto semplice e diretto, ma di certo si sofferma con calma su determinate scene, nonostante lo stile sia diretto infatti l’autore si prende tutto lo spazio per mostrare al lettore dettagli e comportamenti dei personaggi che saranno poi utili anche per capire meglio le dinamiche fra questi.

In alcuni punti credo che Blatty dia l’impressione di aver allungato un poco il brodo, ad esempio ad un certo punto del testo padre Karras, un personaggio meraviglioso, è combattuto su una questione di massima importanza che è anche alla base del libro, ovvero l’esorcismo e l’approvazione di questo dalla chiesa. Quindi si tormenta per pagine e pagine, nel frattempo accadono fatti, lui torna a tormentarsi, lascia passare del tempo e qualche era geologica e alla fine si decide. Questa questione però su cui lui ha riflettuto per eoni si risolve in due nanosecondi.

Ci sono quindi momenti in cui lo stile di Blatty risulta un tantino troppo prolisso, ma in generale è di certo uno stile godibile.

Il ritmo in alcune scene sembra risalire ed accelerare per poi ricrollare a picco, come dicevo è un libro a tratti prolisso, quindi anche se accade un fatto che innalza la tensione e il ritmo, questo si ristabilisce dopo poco, è un libro a cui piace tenere in lettore sul filo del rasoio.

Le atmosfere nascondo sempre un lato creepy e inquietante, accadono fatti strani, c’è una ragazzina, Regan, figlia dell’attrice Chris MacNeil che poco dopo l’inizio del libro inizia a comportarsi in modo molto strano, iniziare ad essere violenta, molto volgare anche in confronto al suo vero carattere e comportamento precedente, inizia a camminare come una specie di ragno, parlare lingue che non conosce, insomma la situazione non del tutto normale.

Quindi la madre, dopo mille peripezie, riesce a mettersi in contatto con padre Karras e da lì inizierà davvero la vicenda in cui vari personaggi cercheranno di curare e comprendere ciò che sta accadendo a Regan, mentre Chris inizierà a mettere da parte il lavoro e ad essere sempre più afflitta da ciò che sta attraversando la bambina.

Blatty riesce a trasformare la presenza di Regan, che all’inizio del libro è una dolce e adorabile ragazzina che suscita emozioni positive e buone, in un essere che all’interno del testo è fonte di paura e inquietudine, ammetto di aver avvertito qualche brivido nella lettura di questo libro, io non mi considero facilmente impressionabile e guardo sempre con occhio molto critico le rappresentazioni di fatti soprannaturali come possessioni demoniache, ma qui a volte è estremamente percepibile la presenza oscura e negativa della Regan posseduta.

Quindi l’atmosfere generale è pesante, avvertiamo la preoccupazione di Chris per il non miglioramento di Regan, la vediamo legata ad un letto sempre più deperita, ma soprattutto osserviamo assieme ai personaggi il suo comportamento sempre inquietante e angosciante.

Leggendo questo libro si avverte quasi il lato oscuro di un essere non umano che pervade l’intero libro, anche quando seguiamo gli altri personaggi ad esempio, viene sempre spontaneo pensare a Regan, è un pensiero fisso.

“E credo che lo scopo sia farci perdere la speranza, farci rinnegare la nostra umanità, Damien. Farci vedere la nostra stessa bestialità, la nostra natura abbietta, putrescente, priva di dignità, orribile, malvagia, insignificante. E qui è forse il nocciolo di tutto questo, Damien: il nostro essere senza valore. Per questo credo che la fede non sia una questione razionale, per nulla. E’ una questione d’amore. Accettare la possibilità che Dio possa amarci…”

La lotta tra il bene e il male

Il fil rouge della vicenda è la lotta tra il bene e il male, non inteso più di tanto come chiesa e essere demoniaco, ma più come la battaglia di un uomo e di persone comuni contro una forza esterna maligna.

Ci sono momenti in questo testo in cui i personaggi si trovano con le spalle al muro, non sanno come reagire, come comportarsi per salvare una persona cara, si sentono bloccate e impossibilitate a fare qualunque cosa e al tempo stesso abbiamo il personaggio anche di padre Karras che si trova ad un bivio, è un uomo colto e di fede, ma ha difficoltà nel credere e lui stesso sente la mancanza di un qualcosa di importante nella sua vita.

Questo libro, oltre che essere un horror è un testo in cui assaporiamo la vita vera di personaggi che cercano nel bene e nel male di combattere contro un qualcosa di più grande di loro, il male, la vita stessa per il caso di Karras e anche contro loro stessi.

In un crescendo di tensione impariamo a conoscerli nel mezzo di una situazione sfibrante, debilitante, che li porta faccia a faccia con le loro paure e con un male che non si fa problemi a metterli in difficoltà, la loro è anche una lotta contro il tempo, contro l’essere umani e contro il proprio passato.

Ho adorato il modo in cui Blatty costruisce i suoi personaggi, riesce a renderli umani, memorabili, con una personalità d’impatto, personaggi che sembra di conoscere da trent’anni, li osserviamo in situazioni diverse della loro vita e impariamo a vederli in azione, è impossibile non legarsi a loro.

Conclusioni

E’ un libro che sono felice di aver letto, sia per l’importanza di questo, sia per il fatto essermi trovata davanti un libro totalmente diverso rispetto alle aspettative, un testo decisamente più introspettivo e profondo del previsto.

Quindi a parte questo fatto dell’allungare eccessivamente il brodo e avere un ritmo piuttosto problematico e a tratti sfiancante per il lettore, la considero un ottima lettura, un libro che mi ha piacevolmente stupita.

Voto:

E voi? Avete mai letto “L’Esorcista”? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

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