In Sintesi – Sylvia Plath. Le Api sono tutte Donne di Antonella Grandicelli

Buongiorno!

Come state? Sentite anche voi il freddo gelido che inizia ad insinuarsi ovunque? Beh, d’altronde siamo quasi a dicembre… si avvicina il gelo spietato.

Oggi recensione, o meglio recensione sintetizzata per la nuova rubrica “in sintesi”. Parliamo di un libro che ho letto qualche mese fa, sempre per la serie infinita legata a Sylvia Plath, biografie/biografie romanzate/testi di analisi poetica e affini, insomma non è primo libro di cui parliamo scritto su di lei e non sarà l’ultimo. Se siete degli habitué di questo spazio saprete che sono un’amante della Plath e mi piace leggere tutto (o quasi tutto) su di lei.

Quindi anche in futuro parleremo sicuramente di altri testi che ho in programma di leggere che la riguardano.

Di questo libro vi parlo in un episodio di questa rubrica perché per quanto io lo abbia apprezzato, non ho particolari punti da sottolineare o particolari riflessioni da analizzare.

Ma andiamo con ordine.

Sylvia Plath. Le Api sono tutte Donne – Antonella Grandicelli

Anno di Pubblicazione: 2022

Link all’acquisto: QUI

Trama

Un grandissimo talento, una favolosa bellezza, un’intelligenza acuta e sensibile. Nata a Boston nel 1932, Sylvia Plath mostra segni della sua eccezionalità fin da bambina e sembra destinata a una vita di soddisfazioni e successi. Pubblica la prima poesia a dieci anni, a diciotto vince una borsa di studio per il più prestigioso college femminile della East Coast americana, a ventitré va a terminare gli studi a Cambridge grazie a una borsa Fulbright. Qui incontra l’uomo della sua vita, Ted Hughes, giovane poeta dal brillante futuro, di cui si innamora perdutamente e che sposa. Belli e talentuosi, vivono tra le due coste dell’Atlantico, dedicandosi pienamente alla loro poesia e ai due figli. Una favola perfetta? All’alba dell’11 febbraio 1963, a trent’anni, Sylvia Plath si toglie la vita. Dietro di sé lascia incredibili poesie e un triste interrogativo su questa drammatica scelta. Attraverso la sua voce, ascoltiamo la storia di una delle più grandi poetesse del Novecento, la dolorosa lotta tra le sue luci e le sue ombre, l’ascesa e la caduta. La divina fragilità di un’anima.

Recensione

Dunque, questa è una biografia su Sylvia Plath, sicuramente non la più completa in commercio, alla fine parliamo di un testo di 200 pagine circa, ma io l’ho trovata una buona infarinatura per chi magari si vuole approcciare alla vita di Sylvia Plath.

Ci si gode maggiormente la lettura quando si ha già una base ma anche come primo approccio può funzionare. Ci sono due aspetti che io ho trovato molto interessati e nuovi, mai visti in altre biografie sulla Plath che ho letto negli anni.

Il primo riguarda l’ordine in cui i fatti vengono raccontati, nel senso che l’autrice parte dal momento della morte di Sylvia, dal momento in cui lei si sta suicidando e la sua testa è nel forno fino a tornare piano piano al giorno della sua nascita, quindi va a ritroso raccontando nel mentre i momenti salienti della sua vita, fino ad arrivare alla sua nascita.

Mi è piaciuta questa scelta e devo dire che funziona molto bene, è anche un qualcosa che getta, se possibile, un ulteriore velo di amarezza sulla vita della Plath perché quando arriviamo alla fine e questa bambina nasce, sappiamo a cosa andrà incontro (lo abbiamo appena letto).

Inoltre mi ricollego a quello che ho scritto prima, non è una biografia completa ed esaustiva al 100% anche perché racconta soprattutto gli episodi più importanti e lo fa mettendosi nei panni della Plath, questo è l’altro aspetto interessante, la Grandicelli adotta uno stile molto poetico che a me ha ricordato quello della Plath e non vi posso dire con certezza assoluta che questa sia stata una scelta certamente elaborata e mirata, perché non ho letto altro della Grandicelli, ma secondo me l’autrice simula, abbraccia lo stile della Plath.

E le riesce bene a mio vedere, è uno di quei rari casi in cui l’autrice di una biografia (o biografia romanzata) riesce a simulare la voce dell’autrice protagonista in modo credibile senza calcare troppo la mano o senza perdere il filo. Ad esempio io qualche tempo fa ho letto “Euforia” di Elin Cullhed, di cui abbiamo parlato qui, e come scrissi ai tempi Cullhed forza un pochino troppo la mano, la voce che lei associa alla Plath io l’ho trovata personalmente eccessiva in vari tratti e perde quindi di credibilità.

Ovviamente noi abbiamo fonti come i diari della Plath se vogliamo basarci su un qualcosa scritto effettivamente da lei e non possiamo sapere come la Plath avrebbe personalmente scritto determinati episodi della sua vita ad oggi (presenti e non nei diari), ma ovviamente siamo davanti ad una rielaborazione, una biografia romanzata (o autobiografia romanzata dato che la Plath della Grandicelli parla in prima persona).

Però conoscendo lo stile della poetessa ci si può immergere in questa lettura in modo piuttosto coerente con lo stile puro della Plath.

Centoquattro. Un numero, uno stupido numero. Stupidissimo e crudele. Il numero delle volte che lo avevo interrotto mentre lavorava. Ted le aveva contate. Tutte. Come colla, la nebbia si era di nuovo riversata su di me e mi era entrata giù per la gola.

In questo testo si nota indubbiamente il rispetto e la delicatezza con cui la Grandicelli si approccia a Sylvia Plath, narra delle sue vicende in prima persona mantenendo sempre però un buon equilibrio. L’ autrice fa senza dubbio emergere il lato sensibile e distruttivo di Sylvia, ma lo fa senza mai esagerare, senza estremizzare, seguiamo quello che sembra a tutti gli effetti un racconto, quello di una vita sofferta.

Piangevo. Per non farlo avrei dovuto essere priva di una parte del cervello, quella che ti fa ricordare chi sei.

Insomma, la scrittura della Grandicelli riesci davvero a rendere la Plath reale, il modo in cui l’autrice dipinge le sue emozioni tramite una Sylvia che si racconta è davvero riuscito.

Ripeto che ovviamente è una biografia romanzata, nel senso che la Grandicelli segue fatti realmente accaduti nella vita della poetessa ma immagina il contorno di questi fatti, li edulcora e soprattutto parla appunto con la voce di Sylvia.

Voto:

E voi? Avete mai letto qualcosa della Grandicelli? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

In Sintesi – Quando Eravamo i Padroni del Mondo di Aldo Cazzullo

Buongiorno!

Oggi sono qui con una nuova rubrica, “In Sintesi”. E che cos’è? È semplicemente una rubrica di recensioni di libri dove finiranno tutti i testi da me letti e di cui desidero parlarvi ma per cui non ho materiale sufficiente, quindi invece di pubblicare una delle solite recensioni classiche dove mi prendo tutto lo spazio per parlarvi di un testo in modo approfondito con varie opinioni e tutto, pubblicherò una recensione più stringata, sintetizzata insomma.

Preferisco dividere le due sezioni, quella delle recensioni classiche e questa relativa a quelle più brevi, perché di solito mi piace prendermi tutto lo spazio e il tempo per parlarvi di una lettura, mi piace scrivere una bella recensione lunga, ma per certi libri o non ho materiale sufficiente nel senso che non ho molto da dire o il libro non mi ha fornito un granché a livello di spunti/riflessioni. Capita di leggere quei testi che non ci danno molto o dopo poco si cancellano nella nostra mente oppure semplicemente sono testi graditi ma per cui non abbiamo grandi commenti o riflessioni.

Ecco, io di questi testi fatico a parlarvi perché non posso scriverci sopra una recensione classica e o li inserisco in un articolo in cui riunisco varie letture oppure non ne parlo proprio.

Tutto ciò per dire che “in sintesi” è una nuova rubrica di recensioni ma invece di essere quelle solite lunghe e belle rilassate, sarà una rubrica di recensioni più stringate.

Benissimo! E come primo libro per inaugurare questa rubrica ho deciso di parlarvi di “Quando Eravamo i Padroni del Mondo” di Aldo Cazzullo, testo che ho letto tempo fa e di cui non ho portato la recensione classica proprio perché i miei commenti non erano sufficienti.

Quando Eravamo i Padroni del Mondo – Aldo Cazzullo

Anno di Pubblicazione: 2023

Link all’acquisto: QUI

Trama

L’Impero romano non è mai caduto. Tutti gli imperi della storia si sono presentati come eredi degli antichi romani: l’Impero romano d’Oriente; il Sacro Romano Impero di Carlo Magno; Mosca, la terza Roma. E poi l’Impero napoleonico e quello britannico. I regimi fascista e nazista. L’impero americano e quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto: il primo uomo a guidare una comunità multietnica di persone che non si conoscevano tra loro ma condividevano lingua, immagini, divinità, cultura. Roma vive. In tutto il mondo le parole della politica vengono dal latino: popolo, re, Senato, Repubblica, pace, legge, giustizia. Kaiser e Zar derivano da Cesare. I romani hanno dato i nomi ai giorni e ai mesi. Hanno ispirato poeti e artisti in ogni tempo, da Dante a Hollywood. Hanno dettato le regole della guerra, dell’architettura, del diritto che vigono ancora oggi. Hanno affrontato questioni che sono le stesse della nostra quotidianità, il razzismo e l’integrazione, la schiavitù e la cittadinanza: si poteva diventare romani senza badare al colore della pelle, al dio che si pregava, al posto da cui si veniva. A noi italiani in particolare i romani hanno dato le strade, la lingua, lo stile, l’orgoglio, e il primo embrione di nazione. Il libro racconta la fondazione mitica di Roma, dal mito letterario di Enea a quello di Romolo. L’età repubblicana, con gli eroi – tra cui molte donne – disposti a morire per la patria. L’avventura di golpisti come Catilina e di rivoluzionari come Spartaco, lo schiavo che ha ispirato ribelli di ogni epoca. La straordinaria storia di Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto, due tra i più grandi uomini mai esistiti. E la vicenda di Costantino: perché se oggi l’Occidente è cristiano, se preghiamo Gesù, se il Papa è a Roma, è perché l’impero divenne cristiano

Recensione

Vi avevo citato da qualche parte questo libro, forse negli obbiettivi di lettura per il 2024 riguardo alle letture a tema “antica Roma”. Comunque, fa parte di una lista di testi in parte già letti e altri da leggere che mi sono fatta proprio in tema.

Inizio con il dire che io di Cazzullo non avevo mai letto nulla, seguo la sua trasmissione su La7 al mercoledì e lo conosco per il suo essere giornalista, ma questo è stato il mio primo testo scritto da lui.

Penso sia un testo assolutamente di contorno, una lettura adatta a chi sa poco o nulla della storia dell’antica Roma o della fondazione di Roma/declino dell’impero romano, è una specie di riassunto sulla storia di Roma, dalle origini ai giorni nostri con in mezzo qualche riflessione di Cazzullo ma se avete letto altri testi di questo tipo o siete già a conoscenza della storia di Roma questo libro non aggiunge assolutamente nulla.

È letteralmente un riassunto, godibile certo, scorrevole e adatto a chi si approccia al tema o a chi ha bisogno di un recap perché magari sente di aver perso pezzi.

Non lo valuto in modo negativo, ma è un libro per me neutro, non ha aggiunto o tolto nulla.

Lo stile dell’autore è approcciabile, assolutamente fluido e direi semplice, senza particolari fronzoli.

Il libro risulta secondo me più apprezzabile in particolare quando ripercorre la storia di Roma e il declino dell’impero romano, la parte in cui si citano film/opere/cultura pop sul tema e con ambientazione romana non mi ha fatta impazzire.

È un libro neutro, una zona grigia, un volume che può avere un utilità per ripassare in generale la storia dell’antica Roma, dalle origini al declino, c’è qualche riflessione di Cazzullo come dicevo ma non è particolarmente originale o nuova.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Quando Eravamo i Padroni del Mondo”? Che ne pensate?

Spero che questa nuova rubrica vi piaccia, noi ci leggiamo prestissimo!

Il Cielo è dei Violenti – Flannery O’Connor

Buongiorno!

Come va? Come state? Come state affrontando questa fine di ottobre? E questo 31 del mese halloweenesco?

Oggi si torna con una nuova recensione, parliamo di un testo di cui (come al solito) desidero parlarvi da mesi, ovvero “Il Cielo è dei Violenti” di Flannery O’Connor.

Sono molto intrigata dalla O’Connor e ammetto di provare nei suoi confronti un senso generale di curiosità e ammirazione, questa è stata la mia prima lettura dell’autrice e devo dire che mi sono ritrovata davanti un libro molto diverso dalla aspettative.

Comunque, parliamone!

Il Cielo è dei Violenti – Flannery O’Connor

Casa editrice: Minimum Fax

Genere: narrativa contemporanea

Prezzo di Copertina: € 15,00

Prezzo ebook: € 8,99

Prima Pubblicazione (USA): 1960

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Lo zio di Francis Marion Tarwater era morto da appena mezza giornata quando il ragazzo si ubriacò troppo per finire di sca- vargli la fossa, e così toccò a un negro di nome Buford Munson, che era venuto a farsi riempire una brocca, completare l’opera, trascinando il cadavere dal tavolo della colazione dov’era ancora seduto per dargli una degna e cristiana sepoltura, piantando le insegne del Salvatore in testa alla tomba e ricoprendola di una quantità di terra sufficiente a evitare che i cani lo disseppellissero. Buford era arrivato pressappoco a mezzogiorno e quando se ne andò, al tramonto, il ragazzo, Tarwater, non era ancora tornato dalla distilleria.

Trama

Francis Marion Tarwater è stato costretto a crescere fin dall’età di quattro anni con il prozio Mason, un fanatico religioso che vive come un eremita nei boschi, è convinto di essere un profeta e ha sottratto il bambino al nipote Ryber, un maestro elementare che vive seguendo i dettami della ragione e della scienza. Quando Mason muore, Francis, ormai quattordicenne, torna a casa di Ryber, ma con una missione da compiere. Deve battezzare a ogni costo Bishop, il figlio del maestro, che a detta del prozio è nato «deficiente» per grazia divina. Comincia così una guerra senza esclusione di colpi, nella quale Ryber cerca in ogni modo di riportare Francis alla ragione e alla «normalità», mentre nella mente del ragazzo continuano a risuonare gli insegnamenti di Mason, e il richiamo di una fede tanto brutale quanto potente e liberatoria. Riproposto da minimum fax in una nuova traduzione a sessant’anni dalla sua pubblicazione, nel 1960, Il cielo è dei violenti è considerato una pietra miliare della letteratura americana: un esempio della sensibilità gotica e della potenza satirica che convergono nell’opera di Flannery O’Connor.

Recensione

Flannery O’Connor fu la principale esponente del genere gotico sudista, nelle sue opere si avverte l’impatto della sua forte fede cattolica.

Tra le sue opere più famose ci sono “Il Cielo è dei Violenti” appunto e “La Saggezza nel Sangue”, ma anche i suoi racconti e diari.

Trama, ritmo e atmosfera

È difficile parlare di un testo come “Il Cielo è dei Violenti”. Il primo punto che vorrei sottolineare è quello riguardante il fatto che secondo me (e per me, per la mia personale esperienza di lettura) non è stato per la prima parte un testo semplice da leggere. Forse mi ero fatta idee sbagliate sullo stile dell’autrice o forse pensavo mi sarei trovata davanti ad un testo con un piglio diverso, sta di fatto che la prima parte è stata un poco complessa. Non ho trovato lo stile dell’autrice particolarmente scorrevole e non lo dico in modo negativo. Lo stile della O’Connor non scorre a mio vedere in modo fluido ma ci si abitua al suo stile appunto dopo la prima parte, e risulta certamente più digeribile. Non è uno stile negativo o impossibile, solo più arzigogolato rispetto alle aspettative e sicuramente crudo e violento.

Alla fine posso dire di aver apprezzato la voce della O’Connor nonostante la difficoltà iniziale, ha un stile certamente riconoscibile.

Devo dire inoltre che io ho letto il libro in italiano (edizione Minimum Fax) non saprei dire riguardo allo stile originale della O’Connor togliendo la traduzione.

Il ritmo del testo è nella norma, non è un libro con picchi veloci o lenti, segue un buon ritmo, una buona narrazione. Seguiamo il protagonista che si interfaccia a varie situazioni in un crescendo di eventi.

Parlando infine delle atmosfere, abbiamo di certo vari contesti, da quello urbano in cui si ritrova catapultato il protagonista a quello più rurale in cui è cresciuto. Le atmosfere generali sono (come per il ritmo) un crescendo, nel senso che seguiamo Francis nella sua missione di battezzare Bishop, il figlio di Ryber per seguire quelli che sono stati gli insegnamenti di Mason, il prozio morto e fanatico religioso. Francis continua quindi con le sue convinzioni e missioni e lo farà fino a portare il tutto al crescendo finale appunto.

Il testo ha di certo atmosfere che non definirei leggere, si avverte sempre un sottofondo amaro, seguiamo questo ragazzino quattordicenne diviso fra la fede e la ragione, fra la razionalità e quella che è stata la sua vita fino a quel momento con il prozio morto. Si avverte il senso di confusione e perdita di Francis che sembra non saper dove andare nel mondo che lo circonda.

Temi

Il libro affronta varie tematiche, il conflitto fra la religione e la ragione, la violenza, la dannazione, ovviamente la crescita del protagonista in questo momento delicato e la perdita.

Perdita non tanto del prozio morto Mason, ma più degli insegnamenti conficcati a forza in Francis per anni, la perdita nel vedere questo ragazzino seguire dogmi che lo portano a determinati atti o scelte e da cui non riesce a distaccarsi.

Dobbiamo anche dire che la violenza è uno dei temi appunto del romanzo, simbolo di rinascita e salvezza ispirato a uno dei versetti del Vangelo.

Penso anche che questo sia un testo complesso da analizzare o interpretare, ognuno tende a dare la propria lettura anche in base alle proprie esperienze e idee forse sulla religione essendo questo un testo fortemente intriso di religione, non dimenticando appunto che la O’Connor era molto credente.

A parte il discorso religione comunque è un testo da cui si possono estrapolare mille e più interpretazioni non solo sulla religione ovviamente, si è portati a riflettere prima di tutto sul come si vive quando si seguono dogmi e dottrine così fortemente inculcate per anni da altri soprattutto in giovane età.

Il fatto che questo ragazzino, Francis, non riesca in nessuno modo a togliersi dalla testa la voce del prozio morto e i suoi insegnamenti nonostante la fatica compiuta dall’altro prozio Ryber, un insegnante elementare nipote del vecchio Mason è ciò che a mio vedere evoca questo senso di smarrimento e solitudine in Francis.

«Corrompeva ogni cosa che toccava», disse il maestro. «Ha vissuto una vita lunga e inutile ed è stato profondamente ingiusto con te. È un bene che sia morto, finalmente. Avresti potuto avere tutto e non hai avuto niente. Ora si cambia vita. Ora starai con qualcuno che saprà aiutarti e capirti». Aveva gli occhi lucenti di felicità. «Non è troppo tardi per fare di te un uomo!»
Il viso del ragazzo si incupì. La sua espressione diventò impenetrabile fino a trasformarsi in una fortezza eretta a protezione dei suoi pensieri; ma il maestro non notò alcun cambiamento. Guardò attraverso il ragazzo insignificante che aveva di fronte e vide ben chiaro nella sua mente, fin nei dettagli, quello che sarebbe diventato.

Flannery O’Connor per prima non amava molto coloro che criticavano o davano interpretazioni eccessive al testo, ad esempio scrisse questo ad un professore di inglese: “Un eccesso di interpretazione è senz’altro peggio che un difetto, e laddove manca la sensibilità per il racconto, non sarà certo la teoria a rimpiazzarla.”

A coloro che tendevano ad analizzare troppo o sostare eccessivamente sui suoi testi sentendo di non averli capiti diceva che lei sarebbe stata più contenta nel vederli leggere divertendosi e basta, senza farne ogni volta un problema, come scrisse ad una studentessa.

Francis

Francis è un protagonista dolceamaro, è normale dispiacersi per lui, un ragazzino cresciuto in questo modo rigido che non conosce una vita libera da determinati ragionamenti o ossessioni. Conosce Bishop, figlio down del prozio Ryber che sviluppa un attaccamento nei suoi confronti ma che lui in realtà vuole battezzare sempre secondo le credenze di Mason e lo farà alla fine, ma il tutto accadrà in modo tragico e amaro. Francis tornerà poi nel luogo che conosce e a cui ha dato fuoco.

“Il Cielo è dei Violenti” oltre alle battaglie che ritrae, bene e male, religione e scienza, violenza e non violenza è anche un testo sulla profonda solitudine dei personaggi presenti, soprattutto di Francis e Ryber, uomo che prova in tutti i modi a riportare Francis alla realtà ma che fallisce.

È un romanzo cupo, che mostra la disfatta di un uomo e di un ragazzino perso.

Conclusioni

Questo libro ha avuto un impatto su di me con il tempo, nei primi giorni dopo la lettura ho riflettuto parecchio anche perché il testo come dicevamo lascia spazio a molte riflessioni.

Non lo definirei un testo semplice ma forse come ha scritto anche l’autrice la via migliore per approcciarsi è leggerlo e basta senza riempirsi di riflessioni, analisi eccessive o altro, solo gustarsi la lettura.

Voto:

E voi? Avete letto “Il Cielo è dei Violenti”? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!

Il Villaggio Perduto – Camilla Sten

Eccoci qui!

Rieccomi! Come state? Come sono andate le ferie? Vi siete rilassati? Spero di sì!

Dunque, andiamo avanti con la catasta di recensioni che dobbiamo recuperare di libri di cui ancora vi devo parlare, ebbene sì, ho anche qualche in mente qualche idea per nuove e succose rubriche ma prima di tuffarci in queste vorrei almeno affrontare qualche recensione che attende da ormai troppo tempo.

Oggi parliamo de “Il Villaggio Perduto” di Camilla Sten, lettura del 2024 per me, testo di cui forse vi ho già accennato qualcosa qua e là.

Direi di non dilungarci, iniziamo!

Il Villaggio Perduto – Camilla Sten

Casa editrice: Fazi

Genere: thriller, suspance, thriller psicologico

Prezzo di Copertina: € 19,50

Prezzo ebook: € 9,99

Prima Pubblicazione (ITA): 2024

Link all’acquisto: QUI

Incipit

“Era un pomeriggio di agosto talmente soffocante che nepриre l’aria che entrava dai finestrini abbassati riusciva a mitigare la calura dentro l’abitacolo. Albin si era tolto il berretto e lasciava penzolare il braccio all’esterno, attento a non sfiorare con la mano la carrozzeria bollente. «Quanto manca?», tornò a chiedere a Gustaf. Gustaf gli rispose con un grugnito. Albin lo interpretò come un invito a consultare la mappa, se ci teneva tanto a saperlo. L’aveva già fatto. Non era mai stato nella cittadina verso cui erano diretti, troppo piccola per ospitare un ospedale e perfino una stazione di polizia. Era poco più grande di un villaggio. Silvertjärn.

Trama

Alice Lindstedt è una giovane regista di documentari costretta a barcamenarsi con la precarietà. C’è una storia, nascosta da qualche parte nelle crepe del passato, che la ossessiona da sempre. Nell’estate del 1959 il piccolo villaggio minerario di Silvertjärn è stato teatro di un evento inspiegabile: i suoi novecento abitanti sono svaniti nel nulla, lasciandosi dietro soltanto una città fantasma, il cadavere di una donna lapidata nella piazza del paese e una neonata di pochi giorni abbandonata sui banchi della scuola. Nonostante le indagini e le perlustrazioni a tappeto della polizia, non si è mai trovata alcuna traccia dei residenti, né alcun indizio sul loro destino. La nonna di Alice viveva nel villaggio, e tutta la sua famiglia è scomparsa insieme a loro. Le domande senza risposta sono troppe, e Alice decide di realizzare un documentario per ricostruire ciò che è realmente accaduto. Insieme a una troupe di amici si reca sul posto per i primi sopralluoghi: ben presto capiranno che non sarà così facile tornare indietro.

Recensione

Camilla Stan è nata in Svezia nel 1992 è la figlia della famosa scrittrice di gialli Viveca Sten. Ha scritto libri per ragazzi esordendo nella narrativa per adulti proprio con “Il Villaggio Perduto” nel 2024. Nel 2025 è uscito anche “L’erede” altro testo di genere thriller.

Stile, Ritmo e Atmosfera

Dunque, lo stile di Camilla Stan è piuttosto godibile, direi assolutamente in linea con il genere a cui appartiene il libro. Riesce a creare questo clima generale di ansia e apprensione che funziona molto bene in un testo thriller che ti deve spingere avanti pagina dopo pagina. Non è ne troppo semplice nella scelta dei termini ne troppo aulico e complesso, c’è un buon mix, scorre bene e come dicevo, funziona.

Anche il ritmo è buono, non sempre lineare nel senso che è uno di quei testi in cui c’è un roller coaster di scene e rivelazioni/movimenti soprattutto nella parte finale in cui si salta un poco in giro su varie rivelazioni e dinamiche/scene. Ho apprezzato questo fattore che contribuisce a mio vedere a rendere il testo sempre attivo e entusiasmante per il lettore. Ovviamente ci sono momenti anche lenti, o meglio, in cui certe rivelazioni e collegamenti arrivano lentamente. È un sali-scendi a livello ritmico.

Le atmosfere secondo me sono il punto forte, l’aspetto più coinvolgente del testo. Anche perché siamo in un villaggio abbandonato, molte scene del libro si svolgono in una chiesa che sembra quasi maledetta e oscura, giriamo nelle abitazioni e nei luoghi lasciati a loro stessi e aleggia sempre questa nebbia di oscurità mista a mistero perché non sappiamo (come i personaggi) cosa è davvero accaduto in questo luogo.

Sappiamo solo che anni prima è stato esplorato questo villaggio in cui è stata trovata solo una donna lapidata nella piazza del paese e una neonata abbandonata, e basta. Nessuna traccia delle altre persone scomparse, nessun segno.

Quindi sono molto forti le vibes misteriose e oscure come dicevamo, anche perché ovviamente andando avanti con la lettura inizieranno ad emergere rivelazioni e punti ambigui della vita in questo villaggio poco prima della sparizione dei suoi abitanti.

Finale e Rivelazione

Ovviamente non parleremo nel dettaglio del finale, vorrei evitare spoiler anche se a volte non riesco a controllarmi e qualcosa mi sfugge. Ma perché dedico una sezione di questa recensione al finale e alla rivelazione? Perché è forse uno dei pochi punti che non mi hanno convinta del tutto, so che è stato criticato il finale e la risoluzione del mistero. Io ho apprezzato comunque la rivelazione, certo forse ci si poteva arrivare e mi rendo conto che non sia un colpo di scena di quelli che ti fanno ripensare alla tua intera esistenza, ma è coerente con la trama e con gli indizi che vengono presentati e per certi versi può stare in piedi, magari scricchiolando un pochino, ma può funzionare.

Ci sono però alcune scene nel finale che hanno fatto storcere il naso ad alcuni lettori di questo testo e anche a me, nonostante mi sia indubbiamente piaciuto e nonostante io senta di poter passare sopra a queste piccole “incongruenze/dinamiche un poco forzate”, sono comunque presenti e hanno a che fare con il fatto che alla fine quando il tutto viene rivelato scopriamo il volto dietro a certi atti e questa persona compie azioni non del tutto coerenti con alcune sue caratteristiche. Non posso dire altro senza fare spoiler, ma alcune scene pensando alle dinamiche sono forse un poco forzate

I personaggi e l’atmosfera

A mio avviso l’utilizzo di un luogo simile con una storia simile come scenario di un libro funziona a meraviglia, non si sbaglia con un luogo abbandonato, avrà sempre quel fascino decadente e tetro che piace, ed è come dicevo uno dei punti forti perché oltre al luogo capiamo presto che in questo villaggio sembra muoversi una (o più) presenza oscura, accadono fatti che hanno del paranormale e infatti fino ad un certo punto del volume si può anche vagliare questa opzione. Quindi sappiamo che i personaggi sono soli, isolati, in un luogo strano e cupo in cui si muove un qualcosa di sconosciuto.

Inoltre alcuni personaggi hanno un rapporto teso, dinamiche interne problematiche e questo accresce il livello di tensione. Abbiamo un gruppo di amici che si reca appunto in questo luogo per girare un documentario, il problema è che piano piano la situazione inizia a peggiorare, per problematiche varie e il gruppo si ritrova appunto isolato.

I personaggio a mio vedere sono ben costruiti, abbiamo chiare le loro dinamiche e sono figure che è facile seguire con interesse, non sono quelle macchiette di cui non ci importa nulla insomma.

Inoltre uno dei luoghi più inquietanti del villaggio è proprio la chiesa, che ha un ruolo molto importante anche nel comprendere il mistero, e dopo mesi di lettura nel mio cervello è rimasta impressa la descrizione del Cristo presente in questa chiesa che viene presentato non come una figura rassicurante o benevola, ma come una figura minacciosa, truce, con questi occhi quasi cattivi e torvi. Tra l’altro la chiesa diventerà proprio il campo base, il rifugio del gruppo che non si sente più sicuro ad un certo punto a dormire all’esterno.

La chiesa è presente anche in copertina ed è un collegamento alla trama base perché scopriremo solo in fase di lettura la sua importanza nel passato e nel presente.

Conclusioni

Questo thriller lo considero un testo assolutamente godibile, con una trama che tiene il lettore sul filo e in generale uno di quei testi che ti costringono a mangiare una pagina dopo l’altra. A parte qualche piccolo punto debole (come quello legato ad alcune scene nel finale) resta un testo perfetto per una lettura che riesce ad unire mistero, atmosfere tetre e rivelazioni oscure.

Lo consiglio assolutamente soprattutto se avete voglia di un libro carico di atmosfera e intrighi.

Voto:

E voi? Avete mai letto qualcosa di Camilla Sten? Sì? No? Vi è piaciuto? Fatemi sapere!

A prestissimo!

Cadavere Squisito – Agustina Bazterrica

Eccoci qui!

Come state? Come sta andando questa vita burrascosa? Spero nel migliore dei modi, nonostante le burrasche!

*esce dal tugurio in cui è stata in questi mesi*

Beh che dire… ehm, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta in cui ci siamo letti. Purtroppo la dura verità è che in questi mesi ho avuto a malapena il tempo per ricollegare i miei pensieri in modo logico, mi sono imbarcata per due mesi in un doppio lavoro che mi ha risucchiato tutto il tempo, problemi vari, solite questioni spinose ed eccomi qui. Ora la situazione sembra essere tornata, non dico alla normalità, ma più tranquilla.

Quindi riprendiamo in mano la situazione amici, è il momento di ripartire!

E sappiamo qual’è il modo migliore per farlo, con una bella recensione, ma non una recensione qualsiasi, quella del libro per me top del 2024 (sì dobbiamo ancora parlarne, sì lo so sono in ritardo), ovvero “Cadavere Squisito” di Agustina Bazterrica.

Vi ho fatto attendere anche troppo, via con la recensione!

Cadavere Squisito – Agustina Bazterrica

Casa Editrice: Eris

Genere: distopico

Prezzo di Copertina: € 16,00

Ebook non disponibile

Prima Pubblicazione: (ITA) 2024

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Mezzena. Storditore. Linea di macellazione. Lavaggio a spruzzo. Quelle parole gli si affacciano alla mente e lo colpiscono. Lo annientano. Ma non sono soltanto parole. Sono il sangue, l’odore acre, l’automatizzazione, l’assenza di pensiero. Irrompono nella notte, prendendolo alla sprovvista. Si sveglia col corpo bagnato da un velo di sudore perché sa che lo aspetta un altro giorno in cui dovrà macellare umani.

Trama

Marcos lavora nel mercato della carne da sempre, è un’attività di famiglia. Ma ora le cose sono cambiate, in modo radicale e irreversibile. Un virus ha attaccato gli animali, sia domestici che selvatici, per cui sono stati tutti sistematicamente abbattuti e la loro carne non può assolutamente essere consumata. Ora la carne che tratta è diversa, speciale, perché i governi di tutto il mondo hanno dovuto affrontare la situazione e hanno deciso di rendere legale l’allevamento, la produzione, la macellazione e la lavorazione della carne umana. Marcos si è dovuto adattare, cerca di non pensare a cosa fa per vivere, e fa del suo meglio per stare dietro a fornitori, clienti, ordini e consegne, perché deve pagare la casa di riposo in cui vive suo padre. E ora che sua moglie lo ha lasciato deve pensare a tutto da solo.

Recensione

Agustina Bazterrica è un’autrice argentina, ha pubblicato diversi testi e racconti brevi. “Cadavere Squisito” ha ricevuto un ottimo feedback soprattutto negli USA (ma anche in Italia), pubblicato con il titolo “Tender is the Flash” ha riscosso un ottimo successo.

Stile, Ritmo e Atmosfera

Lo stile dell’autrice è scattante, caratterizzato da frasi brevi e d’impatto per la maggior parte, è uno stile decisamente crudo in cui vengono sempre utilizzati termini diretti, violenti. Alcune parole nel mondo distopico in cui ci troviamo sono state sostituite, ma sappiamo qual è il loro vero significato, è evidente. Ritengo complesso gestire uno stile simile senza risultare o troppo freddi o troppo veloci, è uno stile a cui io fatidico ad avvicinarmi di solito proprio per la brevità e per il continuo scatto. L’ autrice a mio vedere è riuscita a gestire la scrittura alla perfezione, questo stile è ottimo per il tipo di testo in questione, per una storia così cattiva e fredda funziona questo ritmo.

L’atmosfera generale del libro è cruda, fredda, asettica, fortemente collegata a quei laboratori dove si macellano essere umani, si avverte sempre quel brivido dietro al collo, quella sensazione di freddo nelle ossa. Si avverte anche questa sensazione generale di ipocrisia, dell’avere a che fare con persone senza umanità, di essere all’interno di un mondo perduto che si è decisamente spinto troppo oltre.

Il ritmo è veloce, direi che questo libro tiene il lettore sempre “vigile”, proprio per le frasi brevi, il tono scattante come dicevamo, le immagini nitide proposte, risulta tutto piuttosto diretto, senza fronzoli.

Leggendo il libro mi sono sentita quasi all’interno di un incubo, si entra in questa spirale da cui si fa fatica ad uscire perché ogni pagina tira l’altra, il testo alimenta questa curiosità di andare avanti, gettarsi in questo mondo malato.

La violenza

Questo testo è violento, punto e basta, non c’è molto altro da dire, pensiamo solo alla trama base, ovvero un mondo in cui gli esseri umani vengono macellati e allevati come gli animali, ci si aspetta ovviamente di ritrovare all’interno del testo concetti/scene violente. Questo è un punto criticato del romanzo, ho letto varie opinioni in cui veniva fortemente attaccato questo aspetto del libro, per molti la violenza è eccessiva, senza senso o inserita con la forza a tutti i costi.

Io non sono personalmente d’accordo, dobbiamo considerare il tipo di mondo in cui ci troviamo e il tipo di narrazione che l’autrice ci presenta. A mio vedere la dose di violenza serve proprio a farci entrare in questo mondo che è appunto privo di umanità, la violenza è la normalità, i personaggi sembrano abituati a questa, quindi anche a noi lettori arriva come un qualcosa di “normale” tanto è comune.

Ci sono scene piuttosto lunghe in cui vediamo umani macellati, ci vengono presentanti tutti i passaggi facenti parte della catena di allevamento e macellazione, si entra nei dettagli delle descrizioni, dei passaggi, e di certo può disgustare questa visione. Oltre ad una violenza sanguinosa e fisica c’è anche poi una violenza psicologica, questi umani che vengono letteralmente allevati come animali nascono e crescono per essere macellati ovviamente, quindi a loro vengono tagliate le corde vocali, vengono privati di qualunque cosa, non c’è il minimo pensiero nei confronti dei loro bisogni, della loro vita. Non sono più esseri umani per la società, sono letteralmente carne da macello.

E all’inizio del testo io ho faticato ad entrare in quest’ottica perché è un qualcosa di talmente aberrante e inumano da stordire quasi il lettore, tra l’altro le scene di violenza, omicidi e sesso vengono presentante in modo quasi maniacale, morboso, è tutto esaltato e si avverte un senso generale di marciume nei confronti del mondo presente in questo testo.

Le critiche smosse

Il testo contiene diverse critiche alla nostra società, di certo una critica al capitalismo piuttosto diretta, ma anche una critica ad una società priva di umanità e una critica legata al mondo degli allevamenti intensivi. Ci possono essere ovviamente anche altre critiche perché è un testo che contiene a mio avviso moltissimi spunti di riflessione, ma io vi ho citato le tre più palesi a mio vedere.

Ciò che mi ha colpito molto di questo libro, come ho accennato varie volte, è il senso generale di assenza di umanità, ma non solo nei confronti degli esseri umani macellati e allevati come bestie, anche tra gli esseri umani “normali”, ovvero quelli che conducono una vita all’apparenza ancora normale, come prima dell’epidemia che ha lanciato poi il mondo verso il cambiamento. Anche tra loro sembra mancare umanità, ad esempio il rapporto tra Marcos e la sorella è una prova evidente di ciò, ma non solo, ci sono vari punti nel testo in cui emerge questa cattiveria, questa crudeltà.

“Perché lo è. Ma è proprio questo il bello, che accettiamo i nostri eccessi, li normalizziamo, abbracciamo la nostra essenza primitiva.”

Gli esseri umani vengono trattati come bestie e sembrano bestie in questo romanzo, ci vengono mostrati nella loro natura egoista e spregevole, si mangiano tra loro, non hanno la minima considerazione per gli altri, pensano solo alla propria soddisfazione.

Marcos, il protagonista è senza dubbio un mistero in parte, perché non si rivela mai del tutto se non alla fine e ci sono forse dei piccoli dettagli che ci fanno capire che in realtà non è chi dice di essere, brevi frangenti in cui emerge la sua personalità. Marcos si riempie la bocca con parole in cui sembra credere, ma i suoi comportamenti non rispecchiano queste parole, ma non dico altro.

È curioso vedere come in un mondo portato allo stremo, un mondo che ci sembra vicino al collasso, le persone ci tengano ancora a mantenere una “facciata”, un livello di ipocrisia assurdo.

Conclusioni

Ho amato questo testo, e metto le mani avanti dicendo che è sicuramente un libro che può non piacere o essere adatto a tutti. Ho amato proprio il lato cattivo di questo mondo, non ricordo quand’è stata l’ultima volta in cui ho letto un libro così duro, freddo, senza speranza, ovviamente dico “amato” perché lo trovo ben fatto, questa rappresentazione funziona ed è agghiacciante. È un libro con innumerevoli spunti di riflessione, personaggi interessanti e verità che pesano come un macigno.

Voto:

E voi? Avete letto “Cadavere Squisito”? Sì, no? Vi è piaciuto?

Ci leggiamo presto, promesso!

Circe – Madeline Miller

Ehi ehi, eccoci qui!

Finalmente è arrivato il momento di parlare di “Circe” di Madeline Miller, era ora! Ma prima di tutto, come state? Come sta andando questo marzo strano?

Abbiamo parlato in parte di “Circe” perché è stato nominato nella top five delle mie letture del 2024, ma abbiamo giusto spolverato la superficie, abbiamo toccato solo l’involucro esterno di questo pacchetto, non ci siamo addentrati in profondità nel contenuto, ma oggi è il giorno giusto per farlo!

“Circe” di Madeline Miller è un libro del 2018 che ha riscosso un enorme successo, si è parlato molto delle opere di questa autrice, in particolare di “Circe” appunto e de “La Canzone di Achille”, per mesi e mesi sono stati una presenza costante sui social e non solo, e devo dire che anche ora vengono citati ogni tanto.

Comunque, bando alle ciance, iniziamo con la recensione!

Circe – Madeline Miller

Casa editrice: Sonzogno/Feltrinelli

Genere: mitologia, fantasy

Prezzo di Copertina: € 18,90 (Ed. Feltrinelli: € 13,30)

Prezzo ebook: € 8,99

Prima pubblicazione: 2018

Link all’acquisto: QUI

Incipit

Nacqui quando ancora non esisteva nome per ciò che ero. Mi chiamarono ninfa, presumendo che sarei stata come mia madre, le zie e le migliaia di cugine. Ultime fra le dee minori, i nostri poteri erano così modesti da garantirci a malapena l’immortalità. Parlavamo ai pesci e coltivavamo fiori, distillavamo la pioggia dalle nubi e il sale dalle onde. Quella parola, ninfa, misurava l’estensione e l’ampiezza del nostro futuro. Nella nostra lingua significa non solo dea, ma sposa. 

Trama

Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia e nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare. Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità.

Recensione

Circe è il secondo libro di Madeline Miller ed è stato pubblicato il 10 aprile 2018 in lingua originale inglese, il libro è stato tradotto in altre sei lingue tra cui l’italiano e ha avuto buoni riscontri da parte della critica, tanto da essere stato finalista per il Women’s Prize for Fiction.

Come dicevamo ha riscontrato un grande successo, soprattutto in America e Inghilterra dove per settimane si è guadagnato i primi posti delle classifiche.

Stile, Ritmo e Atmosfera

Lo stile dell’autrice è assolutamente godibile, ben equilibrato, evocativo, si adatta al meglio alla vicenda e ai fatti narrati, insomma funziona bene e non ho particolari appunti o critiche da smuovere. La scrittura della Miller non risulta mai pesante o frastagliata o troppo arzigogolata, come dicevo è ben equilibrata, ovviamente ci sono momenti più lenti nella narrazione, ma lo stile resta piacevole e anzi in alcune scene l’autrice riesce secondo me, per un connubio di termini, sinuosità della prosa, immagini scelte, a creare istanti decisamente vividi in cui la narrazione sembra sospesa e ci si ritrova in questa bolla ad ammirare la scena descritta.

È di certo un romanzo in cui ci si gode la sequenza, le avventure, ci si imbarca in un viaggio e anche per questo ci sono momenti in cui il ritmo è più concitato e altri in cui è più rilassato e lento, anche se guardando in toto il romanzo direi che il ritmo è piuttosto disteso per la maggior parte delle vicende. La Miller si prende il tempo per la descrizione di alcune scene significative, ma non diventa mai pedante o eccessiva.

L’atmosfera generale è quella di un mondo sospeso, Circe nasce e cresce nell’Olimpo assieme a divinità, ninfe e titani, ma è evidente che quello non è il suo mondo, non riesce ad incastrarsi lì in mezzo a quelle creature che ci appaiono come egoiste ed egocentriche. Viene poi a contatto con gli esseri umani e successivamente esiliata sull’isola di Eea. Circe si muove nel mondo, ma personalmente ho avvertito sempre questo senso di sospensione dato dall’incertezza per il futuro di Circe e dalla sua difficoltà nell’entrare a pieno nel mondo, che sia quello divino o quello umano, che comunque le va più a genio. Leggendo il testo sembra di navigare assieme a Circe in un mondo sconosciuto, incerti nei confronti del futuro, provando questo senso di sospensione prima della tempesta.

Lo stile dell’autrice riesce a delineare davanti agli occhi del lettore le immagini, le atmosfere e le scene tipiche del mondo degli dèi per come ci viene descritto e di quello umano che a tratti tocca il divino.

Il vero potere di Circe

Nell’immaginario collettivo Circe è la maga Circe, ovvero colei che nell’Odissea trasforma in maiali i membri dell’equipaggio di Ulisse.

Circe in realtà ha una storia molto più ampia ed interessante che viene esplorata in questo testo, la seguiamo infatti dalla nascita all’età adulta, anche se stiamo comunque parlando di una figura immortale, che ha però un suo preciso processo di crescita ed è chiara la sua evoluzione attraverso le esperienze che vive e che la forgiano in un modo o nell’altro.

La sua infanzia è burrascosa nell’Olimpo, figlia del Titano Elios (dio del sole) e della ninfa Perseide, è sorella di Perse, Eete e Pasifae. Circe viene derisa dalla madre e dai fratelli per la sua apparente mancanza di un vero dono e per il suo non riuscire ad integrarsi nell’Olimpo, Circe infatti non riuscirà mai ad entrare pienamente nella mentalità degli dèi e delle ninfe che abitano questo luogo. Il padre sembra mal sopportarla, ma è l’unica figura con cui in giovane età Circe sembra avvicinarsi per cercare protezione fino alla nascita di Eete, fratello ripudiato dalla madre Perseide che Circe cresce da sola più come un figlio che come un fratello.

Parleremo meglio della dinamica fra Circe e il padre Elios a breve, prima vorrei concentrarmi sull’evoluzione di Circe e sul come questa venga rappresentata al meglio nel corso del volume.

Circe cresce fra una mancanza e l’altra e una delle prime esperienze che cambiano il suo modo di vedere il mondo è l’incontro con il Titano Prometeo, colui che rubò il fuoco dall’Olimpo per donarlo agli esseri umani e che venne punito da Zeus con un castigo eterno. Questo incontro proibito lascia spazio ad un dialogo fra lei e Prometeo che inizia a seminare il germe della curiosità e della fascinazione di Circe verso gli umani.

La ninfa finirà per innamorarsi di un umano infatti e farà di tutto per trasformarlo in dio, peccato che gli eventi non seguiranno il corso sperato da Circe e questo una volta diventato dio, gli preferirà un’altra ninfa. Circe distrutta dal dolore e dalla rabbia trasformerà la ninfa in mostro, passato alle leggende con il nome di Scilla.

Circe inizia quindi a comprendere di avere dei poteri che avrà modo di coltivare una volta esiliata sull’isola di Eea dopo un duro scontro con il padre che segna la rottura definitiva fra i due.

Qui Circe vive varie avventure, tra cui anche l’incontro con Ulisse da cui nascerà il figlio Telegono.

La Circe che incontriamo all’inizio è molto diversa da quella che ci lasciamo alle spalle una volta terminata la lettura, Circe da ninfa sperduta, rinnegata e smarrita diventa una strega/maga molto potente, madre di un figlio, una donna che ha avuto modo di conoscere gli esseri umani e di preferirli agli dèi. Nonostante il castigo e l’esilio Circe riesce comunque a scoprire almeno una parte di mondo e a costruire legami importanti.

Circe conquista la maturità necessaria per affrontare finalmente il padre e per sistemare gli errori commessi come la trasformazione di Scilla da ninfa bellissima a mostro spietato. Anche il suo atteggiamento nei confronti della vita e del rapporto con gli umani cambia drasticamente nel corso del romanzo.

“Le donne umiliate mi sembrano il passatempo preferito dei poeti. Quasi non possa esistere storia senza che noi strisciamo o piangiamo.”

Insomma l’autrice è riuscita a pieno nel rappresentare l’evoluzione di un personaggio sotto tutti i suoi aspetti, quello caratteriale, quello legato all’evoluzione dei propri poteri e quello legato al suo approccio nei confronti del mondo e di se stessa.

Questi dèi spocchiosi sono ovunque

Ah, parliamo di un tema presente nel romanzo su cui l’autrice sicuramente insiste molto e che io ho personalmente apprezzato. Ovvero la critica al mondo dell’Olimpo e il rapporto fra Circe e la sua famiglia.

Come dicevo dalla lettura emerge un quadro piuttosto negativo del mondo degli dèi, Circe è circondata da esseri egocentrici ed egoisti, a cui importa solo di essere più forti di altri dèi, per loro tutto è volatile, sono creature immortali che hanno già visto tutto quello che c’era da vedere e lo faranno per sempre, quindi sono annoiati, rinchiusi in una prigione di arroganza, una notizia nuova di cui parlare è già vecchia il giorno dopo, sono creature che non danno realmente peso alle tragedie che provocano.

Un tempo pensavo che gli dèi fossero opposti alla morte, ma adesso vedo che sono più morti che altro, perché sono immutabili, e non possono trattenere nulla nelle mani.

E così appare anche il padre di Circe, Elios, una figura che all’inizio sembra supportare Circe rispetto agli altri membri della famiglia, ma egli si rivela ben presto un’essere a cui importa solo di dimostrare agli altri il proprio potere e non sembra né comprensivo, né tollerante nei confronti di una figlia che sbaglia e che non sembra avere doni o poteri.

Il rapporto fra Circe e Elios è uno dei temi più interessanti del romanzo, questa dinamica di odio e amore o meglio dire ammirazione e rifiuto che si ripresenta in varie fasi del testo è fonte di riflessione e crescita per Circe. Elios punisce la figlia in modo doloroso ed umiliante, la lascia sola nel suo castigo (anche se Circe sa che la guarda) e l’abbandona.

Stessa cosa vale per gli altri membri della famiglia, la madre Perseide non la considera nemmeno sua figlia e l’abbandona come il padre, il fratello Perse non ha molto a che fare con Circe, la sorella Pasifae, moglie di Minosse, invece la chiamerà in aiuto al momento del parto del Minotauro, evento in cui Circe farà la conoscenza di Dedalo con cui darà vita ad un rapporto. In questa occasione infatti Circe dal suo esilio si reca a Creta e oltre ad assistere la sorella, che sembra essere stata costretta dalle circostanze alla chiamata, incontra per la prima volta anche la nipote Arianna, colei che si innamorerà di Teseo.

Ho apprezzato particolarmente questa avventura a Creta di Circe, le scene che dipinge Madeline Miller, i dialoghi, l’ambientazione, senza parlare del fatto che il tutto è particolarmente evocativo ed intenso in queste scene. C’è anche una scena in cui Circe di notte si immerge in questo lago sotto ad una montagna, è sporca di sangue e ferita dopo aver aiutato Pasifae a partorire e decide di fare il bagno in questo lago, alla luce della luna, con i suoni della notte, una scena meravigliosa.

Parlando dell’ultimo fratello invece, colui che Circe cresce come un figlio e con cui ha il legame più forte a livello famigliare, diciamo che la vicenda ci mostra un Eete molto diverso da quel fratello che giocava con Circe nell’Olimpo e che la ninfa amava profondamente.

Conclusioni

Circe è un libro che vi consiglio, sia che siate amanti della mitologia greca sia che siate lontani da tutto ciò che ha a che fare con un retelling di un mito greco. Abbiamo l’atmosfera dell’Olimpo, degli dèi, dei mostri, il concetto di divino e di eternità certo, ma abbiamo anche un discorso universale e umano, quello della crescita e della trasformazione, del dolore, dell’essere in grado di risollevarsi e trovare la propria natura, ma anche quello dell’amore.

Circe è personaggio che all’inizio soffre molto ed emerge questo senso di sofferenza e odio per l’ambiente in cui si trova e per il suo sentirsi inadatta, ma con il tempo conquista ciò che è suo e trova la sua forza.

I personaggi che arriviamo a conoscere sono ben caratterizzati e funzionano bene nel quadro generale del romanzo.

Se devo muovere una piccola critica, o comunque sottolineare un aspetto che non mi ha convinta, è la parte centrale del romanzo che in brevi tratti rallenta e perde un poco di vigore rispetto al resto del testo. In più non ho amato molto la parentesi legata all’amore fra Circe e Ulisse, ma anche nel mito originale non sono mai stata entusiasta o particolarmente attratta da questa coppia, qui ho trovato le scene in cui Ulisse resta su Eea con la ninfa un poco pedanti a tratti.

Voto:

E voi? Avete mai letto “Circe”? Sì? Vi è piaciuto? No? Perché? Fatemi sapere!

A presto!

2025: Obbiettivi di Lettura, Reading Challenge e Recap 2024

Buongiorno!

Eh lo so, avevo detto “ci leggiamo ai primi di gennaio” ed eccomi qui al 31, diciamo solo che il rientro e le settimane successive sono state più traumatiche e complesse del previsto…

Allora, è il momento di uno degli articoli da me di certo più amati a livello di scrittura, ovvero quello del recap dell’anno alle nostre spalle e un piano di attacco per l’anno in corso che per questa volta è già iniziato, sono solita pubblicare questo articolo durante gli ultimi giorni dell’anno, ma questa volta è andata così, il primo mese dell’anno è già volato.

Bene, parliamo del 2024, anno tragico e pesante sotto tutti i punti di vista, ma positivo se vogliamo a livello di letture, partito di certo in sordina perché mi sono sentita ancora sulle spalle il peso di una specie di blocco proveniente dal 2023 che però con il passare dei mesi mi ha abbandonata.

Avevo impostato come obbiettivo di lettura almeno 35 libri e sono riuscita ad essere fedele al mio obbiettivo, ho letto infatti 35 libri, è stata una bella soddisfazione considerando appunto i primi 6 mesi poveri dell’anno e un 2023 tristissimo per le letture.

Il 2024 è iniziato con un libro che ho di certo gradito ovvero “Una Questione Privata” di Beppe Fenoglio, letto per il gruppo di lettura, ma in realtà è un testo che volevo recuperare da anni. Non è rientrato nella top five (che trovate qui) ma lo considero comunque uno dei testi migliori dell’anno, ne abbiamo parlato anche in una recensione approfondita che vi lascio qui.

L’anno si è poi concluso con “Invernale” di Dario Voltolini, testo candidato al Premio Strega, che mi ha sorpresa e rapita. Considero anche lui uno dei testi di successo del 2024 pensando alle varie letture, non è rientrato nella top five perché ho dovuto fare una scrematura e sono stati tanti i libri belli letti nel 2024, ma è stata una lettura intensa di cui parleremo sicuramente in una futura recensione.

Insomma l’anno scorso mi ha presentato sotto agli occhi vari testi sorprendenti che alla fine mi hanno colpita in positivo, penso anche a “Il Villaggio Perduto” di Camilla Sten che ho letto l’estate scorsa, lettura perfetta per l’estate tra l’altro, è un thriller che mi ha catturata fino all’ultima pagina. So che ci sono pareri contrastanti sul testo, ma ne parleremo anche qui al meglio in una recensione.

Oppure penso a “Il Cielo è dei Violenti” di Flannery O’Connor, testo per cui ho faticato ad ingranare specialmente per lo stile molto diverso rispetto alle aspettative, ma che alla fine mi ha sorpresa.

Insomma devo recuperare tantissime recensioni e parlarvi in modo approfondito dei libri del mio 2024, e lo farò, recupereremo tutto!

Quindi obbiettivo del 2024 raggiunto, pensando al 2025 e concentrandoci quindi sul presente il mio obbiettivo per l’anno in corso è di 45 libri, 10 in più rispetto all’anno scorso. Se riesco a mantenere il ritmo degli ultimi sei mesi non credo avrò problemi, c’è anche da dire che non sono partita al meglio perché al 31 di gennaio devo ancora terminare un libro, ma questo è accaduto perché sto leggendo in contemporanea un libro di non-fiction e “Il Conte di Montecristo” che è un bel tomone.

A parte l’obbiettivo numerico comunque non parteciperò a particolari challenge, tranne ad una trovata su Storygraph, vi consiglio tra l’altro se avete un account Storygraph di dare un occhio alle challenges perché diversamente da Goodreads potete scegliere di partecipare a una o più challenge appunto e inserire poi manualmente il testo che risponde al punto di quella challenge sul sito, vi resta sempre sul vostro profilo in memoria la challenge da aggiornare.

Sto seguendo questa piccola challenge composta da cinque punti più uno, però c’è ne sono di molto intriganti sul sito. Ah, a proposito, sto ancora imparando ad utilizzare Storygraph, ma se vi fa piacere trovarmi anche lì, questo è il mio profilo.

Comunque i punti della challenge sono:

  1. Leggi un libro del genere meno letto da te
  2. Leggi un libro pubblicato tra il 2010 e il 2020 che si adatti al tuo profilo di lettore ma escluda il tuo genere più letto 
  3. Leggi un libro scelto dal generatore di “Scelta casuale” trovato nei suggerimenti successivi
  4. Leggi un libro dal segmento di raccomandazioni “Amato dagli utenti simili” 
  5. Leggi un libro dalla lista TBR di qualcuno che segui 
  6. Leggi un libro come parte di una lettura condivisa o di una lettura in compagnia (buddy reads)

Darò un occhio per inspirazione alla challenge di PopSugar che guardo ogni anno, ma non credo la seguirò appunto con fedeltà, la trovate anche qui sul sito ufficiale, ogni anno ne parliamo e vi riporto qui l’intero elenco tradotto, ma come dico sempre al secondo mese mi dimentico della sua esistenza.

  1. Un libro su una persona di colore che sperimenta gioia e non trauma
  2. Un libro che vuoi leggere in base all’ultima frase
  3. Un libro sul turismo spaziale
  4. Un libro con due o più libri sulla copertina o “libro” nel titolo
  5. Un libro con un serpente sulla copertina o nel titolo
  6. Un libro che soddisfa il tuo spunto preferito della PS Reading Challenge del 2015
  7. Un libro su una setta
  8. Un libro con meno di 250 pagine
  9. Un libro che racconta la storia di un personaggio che sta attraversando la menopausa
  10. Un libro che hai ricevuto gratuitamente
  11. Un libro menzionato in un altro libro
  12. Un libro su un viaggio su strada
  13. Un libro valutato meno di tre stelle su Goodreads
  14. Un libro sull’educazione non tradizionale
  15. Un libro che un chatbot AI consiglia in base al tuo libro preferito
  16. Un libro ambientato in o attorno a uno specchio d’acqua
  17. Un libro su un club di corsa
  18. Un libro contenente creature magiche che non sono draghi
  19. Una lettura molto attesa del 2025
  20. Un libro che risponda a un quesito del 2024 che vorresti ripetere (o provare)
  21. Un libro in cui il personaggio principale è un politico
  22. Un libro sul calcio
  23. Un libro che è considerato narrativa curativa
  24. Un libro con una protagonista donna felicemente single
  25. Un libro in cui il personaggio principale è un immigrato o un rifugiato
  26. Un libro in cui un personaggio adulto cambia carriera
  27. Un libro ambientato in un resort di lusso
  28. Un libro che racconta un’amicizia improbabile
  29. Un libro su un food truck
  30. Un libro che ti ricorda la tua infanzia
  31. Un libro in cui la musica gioca un ruolo fondamentale nella trama
  32. Un libro su una donna trascurata nella storia
  33. Un libro che presenta un’attività presente nella tua lista dei desideri
  34. Un libro scritto da un autore neurodivergente
  35. Un libro incentrato sui personaggi LGBTQ+ che non parla di coming out
  36. Un libro con l’argento sulla copertina o nel titolo
  37. Due libri con lo stesso titolo (1)
  38. Due libri con lo stesso titolo (2)
  39. Un classico che non hai mai letto
  40. Un libro sulla famiglia scelta

Livello Avanzato

  1. Un libro dell’autore più anziano nella tua pila TBR
  2. Un libro con un titolo che inizia con la lettera Y
  3. Un libro che include un personaggio non verbale
  4. Un libro che hai sempre evitato di leggere
  5. Un libro con un personaggio mancino
  6. Un libro in cui la natura è l’antagonista
  7. Un libro di racconti interconnessi
  8. Un libro che racconta la storia di una coppia sposata che non vive insieme
  9. Un libro distopico con un lieto fine
  10. Un libro che presenta un personaggio con dolore cronico

Per quanto riguarda la mia personale TBR e le classiche letture a tema che mi piace fare ogni anno, penso mi concentrerò di nuovo sul tema “Antica Roma” perché dei libri che volevo leggere l’anno scorso molti sono rimasti fuori e li voglio assolutamente leggere. Un altro tema che voglio affrontare quest’anno però e la storia di Zelda e Scott Fitzgerald, ho già recuperato due testi ovvero: La Grande Zelda di Pier Luigi Razzano e Caro Scott, Carissima Zelda, le lettere d’amore di F. Scott e Zelda Fitzgerald a cura di Barks Cathy W. e Bryer Jackson R.

Come dicevo adoro fare letture a tema, quindi prendermi una buona fetta dell’anno per inserire qua e là testi di un tema che voglio approfondire, per il 2025 saranno appunto “antica Roma” e “Scott/Zelda Fitzgerald“. Questo comporterà anche la lettura di vari testi di Scott e chissà magari ci verrà fuori anche un bel articolo per il blog! Spero di riuscire nel 2025 e di non essere costretta a rimandare per il 2026.

Infine parlando di TBR fisica non ne ho una vera e propria, restano i testi messi in TBR nel 2024 che non sono riuscita a leggere, non se ne aggiungono altri, a parte quelli a tema.

Bene, mi fermo qui ad obbiettivi altrimenti come al solito mi faccio prendere la mano e mi scavo la fossa da sola.

Ricapitolando, leggere almeno 45 libri, letture a tema e rispettare la TBR fisica stilata nel 2024 (quella che vi avevo mostrato nell’articolo riguardante gli obbiettivi per l’anno scorso).

E voi? Quali sono i vostri progetti di lettura per il 2025? State partecipando a qualche challenge? Fatemi sapere!

Ci leggiamo presto!

Le Cinque Letture Top del 2024

Buongiorno!

Come state? Come avete passato le precedenti giornate di festa? Anche voi come tutti gli anni vi siete abbuffati/e vostro malgrado nella bolgia delle cene e dei pranzi natalizi?

Comunque, parliamo di cose belle oggi, momenti e letture gradevoli, gioia e letizia, ovvero le cinque letture top del 2024. Abbiamo parlato delle letture semi-flop e ora è il momento dei libri migliori di quest’anno che si avvia alla fine, per fortuna oserei dire, dato che sono stati dodici mesi assai burrascosi in cui comunque, non so assolutamente come, sono riuscita a rispettare il mio obbiettivo di lettura stilato a inizio 2024, ma ne parleremo meglio nell’articolo dedicato agli obbiettivi per il 2025 e al recap del 2024.

Piccola postilla fatta anche nell’articolo precedente, dei libri di cui non abbiamo ancora parlato uscirà nelle prossime settimane/mesi una recensione dedicata, abbiamo tanti libri di cui parlare dato che dobbiamo recuperare varie recensioni.

Bene, iniziamo!

Circe – Madeline Miller

Anno di Pubblicazione: 2018

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Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare.

Questo libro è famosissimo, come la sua autrice di cui io non avevo ancora letto nulla. Stiamo parlando di un retelling di un mito greco, anzi più miti perché comunque si accenna anche a molti altri miti che si intersecano con la storia di Circe o hanno comunque una loro funzione all’interno del testo. Le descrizioni di questo libro mi hanno colpita molto, sono evocative, vivide, intense, perché funzionano bene per il tono generale del libro. Ad esempio ricordo ancora con precisione una scena in cui Circe sporca di sangue si lava in questo lago sotto alla luce della luna, è un momento quasi magico, c’è qualcosa che la Miller riesce a costruire al meglio in tante scene di questo romanzo, un perfetto equilibrio tra vividezza delle descrizioni, ritmo narrativo ed intensità delle scene. Inoltre questo è un vero retelling, non una copia dei miti originali con una virgola fuori posto o un testo che non c’entra niente con il mito in questione, Circe è un testo fedele ai miti originali senza essere un copia-incolla. Madaline Miller ha fatto un ottimo lavoro di scrittura e struttura narrativa, seguiamo Circe attraverso diverse peripezie dall’infanzia nell’Olimpo all’esilio sull’isola di Eea, dal viaggio a Creta per aiutare la sorella Pasifae a far nascere il Minotauro all’incontro con Ulisse fino alla nascita di Telegono e alle vicende successive alla nascita del bambino. Ho adorato la rappresentazione del rapporto padre-figlia fra Circe e Elios, dio del Sole, burrascoso e problematico, sono tanti gli episodi in cui abbiamo modo di assistere a queste dinamiche ed emerge la sofferenza di Circe, ma soprattutto la delusione per un padre che credeva diverso e che invece si dimostra insensibile e indifferente ai figli, una figura egoista come la maggior parte degli dei rappresentati, se non tutti. Interessante anche la rappresentazione e le riflessioni di Circe infatti sull’Olimpo, sulla differenza fra umani e dei. Da questo testo emerge un quadro assai negativo delle divinità, rappresentate come esseri appunto egoisti, vanitosi, concentrati solo sul tornaconto personale, figure a cui importa solo del potere, esseri capricciosi, annoiati da un’esistenza immortale, figure per cui non c’è un valore negli altri, se una ninfa promessa sposa viene trasformata in un mostro, pazienza si passa alla prossima, il giorno successivo è già una notizia vecchia. Insomma, ne parleremo meglio nella recensione dedicata, ma questo testo mi ha stupita, capisco l’amore dei lettori nei suoi confronti.

Hidden Valley Road – Robert Kolker

Anno di Pubblicazione: 2022

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Stati Uniti, metà del secolo scorso. La famiglia Galvin è la personificazione del sogno americano: Don e Mimi mettono al mondo dodici figli – dieci maschi e due femmine – sani e intelligenti, campioni negli sport e nella musica. Ma le cose, con l’adolescenza, cominciano a non andare come dovrebbero. Uno dopo l’altro, sei dei ragazzi iniziano a mostrare comportamenti strani e aggressivi, in una spirale di allarme, violenze e angoscia che si conclude con una diagnosi di schizofrenia. In un’epoca in cui psicanalisti, genetisti e biologi si scontrano per affermare le proprie teorie sull’origine della malattia mentale, i Galvin si trovano protagonisti di una ricerca che a tutt’oggi non ha dato risposte precise, tra manicomi, misure contenitive, psicofarmaci ed elettroshock. Attraverso la loro vicenda, realmente accaduta, Robert Kolker offre un pungente, incredibile viaggio nella realtà della malattia mentale, e uno spaccato dei progressi scientifici che hanno tentato di far luce su uno dei mali più oscuri e universali dell’essere umano.

Abbiamo qui un saggio/biografia che analizza il disfacimento di una famiglia americana all’apparenza perfetta, composta da quattordici membri in totale compresi i genitori, che pian piano inizia a sgretolarsi per varie problematiche legate a sei dei dodici figli, in realtà vedremo anche che questa famiglia ha altri problemi oltre a queste problematiche. Problematiche che all’inizio non vengono comprese, non si sa cosa abbiano di preciso i sei ragazzi, fino a quando non si scopre che soffrono di schizofrenia. Seguiamo quindi la famiglia Galvin attraverso un’epopea di drammi famigliari, cure sbagliate, violenze (fisiche, sessuali, psicologiche), incapacità di gestire la situazione anche per il tempo in cui ci troviamo e per la mancanza di progressi in quegli anni nei confronti di una cura o di un metodo realmente efficace per gestire la schizofrenia. Ovviamente parliamo di una vicenda realmente accaduta e sono tanti i personaggi da seguire, quindi è facile fare confusione, personalmente non mi ha convita del tutto la struttura di questo testo, dato il numero di figure si poteva impostare in un modo più preciso e ordinato, invece qui seguiamo un ordine diciamo temporale, ma saltiamo comunque da una figura all’altra e molti aspetti/eventi vengono ripetuti troppe volte senza aggiungere più di tanto. Ad esempio viene detto per l’ennesima volta che Peter (faccio un esempio) ha picchiato John, o che Michael ha picchiato Jim, ma non viene detto altro, a volte si scende nei dettagli di qualche evento drammatico famigliare, altre invece si menziona un fatto e basta, lo si fa in una frase sola che nel caso di queste risse troviamo molto spesso nel testo. Nel corso dei vari capitoli incentrati ogni volta su un personaggio diverso a rotazione più o meno, ci sono anche capitoli dedicati all’aspetto più scientifico e legati all”evoluzione medica nei confronti dello studio della schizofrenia, capitoli di pura saggistica. Allora, ho deciso di assegnare a questo libro la quarta posizione con una certa insicurezza, perché potrebbe anche essere considerato un quinto posto, come vi dicevo ciò che non mi ha convinta è la struttura e la ripetizione di vari concetti/eventi/ragionamenti che rendono il libro pesante a tratti, nonostante l’interesse per il tema e la scoperta di eventi interessanti non conosciuti. Inoltre i capitoli medici sono molto dettagliati, specialistici oserei dire ed è facile perdersi. Non è un libro che consiglio a tutti, vi deve interessare il tema altrimenti potrebbe risultare una lettura pesante e snervante. Ho deciso comunque di inserirlo nei libri top perché è stato un viaggio leggere questo testo e ho scoperto molti fatti interessanti, è stata una vera esperienza.

L’Acqua del Lago non è Mai Dolce – Giulia Caminito

Anno di Pubblicazione: 2021

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Odore di alghe limacciose e sabbia densa, odore di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d’acqua: è il lago di Bracciano, dove approda, in fuga dall’indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, donna fiera fino alla testardaggine che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. Antonia è onestissima, Antonia non scende a compromessi, Antonia crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacità di tenere alta la testa. E Gaia impara: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo. Sembra che questa ragazzina piena di lentiggini chini il capo: invece quando leva lo sguardo i suoi occhi hanno una luce nerissima. Ogni moto di ragionevolezza precipita dentro di lei come in quelle notti in cui corre a fari spenti nel buio in sella a un motorino. Alla banalità insapore della vita, a un torto subito Gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinità muta. Sono gli anni duemila, Gaia e i suoi amici crescono in un mondo dal quale le grandi battaglie politiche e civili sono lontane, vicino c’è solo il piccolo cabotaggio degli oggetti posseduti o negati, dei primi sms, le acque immobili di un’esistenza priva di orizzonti.

Non mi dilungherò più di tanto perché abbiamo già parlato nello specifico di questo libro in una recensione approfondita (che vi lascio qui). Riconosco a questo testo anche il merito di avermi aiutata nello sbloccarmi a livello di letture perché nei primi sei mesi del 2024 ero ancora piuttosto bloccata come nel 2023 e dopo questa lettura si è aperta la diga. Come ho scritto nella recensione mi è piaciuto molto questo romanzo, unico neo lo stile in alcuni punti un poco ripetitivo e pesante. È stata una lettura coinvolgente e intensa, con momenti/scene che ricordo in modo molto vivido, in più il mood generale del testo ha qualcosa di affascinante, sembra davvero di essere immersi in un lago in cui si fatica a restare a galla, si prova la sensazione di avere le classiche “orecchie tappate” come quando si è sott’acqua, ci si sente intrappolati in un contesto/destino reale ma feroce e insensibile, crudo nel suo realismo.

Il Miglio Verde – Stephen King

Anno di Pubblicazione: 1996

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Nel penitenziario di Cold Mountain, lungo lo stretto corridoio di celle noto come Il Miglio Verde, i detenuti come lo psicopatico Billy the Kid Wharton o il demoniaco Eduard Delacroix aspettano di morire sulla sedia elettrica, sorvegliati a vista dalle guardie. Ma nessuno riesce a decifrare l’enigmatico sguardo di John Coffey, un nero gigantesco condannato a morte per aver violentato e ucciso due bambine. Coffey è un mostro dalle sembianze umane o un essere in qualche modo diverso da tutti gli altri?

Beh, che dire, io sapevo pochissimo di questo testo prima di iniziare la lettura, non avevo mai visto il film ne approfondito in un qualche modo la trama, anche per mia volontà, volevo l’effetto sorpresa al momento della lettura. È uno dei romanzi più amati e conosciuti di King per un motivo, seguiamo Paul, supervisore all’interno del braccio della morte nel penitenziario di Cold Mountain, che deve gestire l’arrivo di diverse figure come Billy the kid Wharton, un violento psicopatico, Eduard Delacroix, strambo e diabolico e infine John Coffey, un afroamericano alto e possente condannato a morte per un crimine su cui ci sono dei dubbi. È un libro con forti tratti di realismo magico, uno di quei libri che ti portano mano nella mano attraverso una vicenda enorme, che ingloba molte più parentesi e personaggi rispetto a ciò che si può vedere ad un primo sguardo. Abbiamo la rappresentazione della pena di morte, quella mistica legata ai poteri di Coffey, un essere che ci appare come innocente, puro, condannato però ad una pena crudele ed ingiusta, un essere sofferente, martoriato nello spirito. Ci sono anche diversi parallelismi importanti nel testo, simboli ricorrenti, dato che seguiamo Paul dall’età adulta, nella sua esperienza come supervisore appunto, fino al trasferimento in un ospizio abbiamo modo di ricollegare molti punti cruciali della sua vita, che lui ci racconta, molti legati alle sue esperienze a Cold Mountain. È un libro pieno di collegamenti, significati evidenti o meno, simbolismi, tematiche importanti, si prova la sensazione a fine lettura di aver vissuto la stessa vita vissuta dal protagonista assieme a lui, avete presente il sentirsi addosso quei 50/60 anni in più che si sente di aver vissuto, ma in realtà siamo semplicemente entrati così tanto nella narrazione e nella vita del personaggio in questione da sentirci cuciti addosso a lui? Potente, vivo, splendido.

Cadavere Squisito – Agustina Bazterrica

Anno di Pubblicazione (ITA): 2024

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Marcos lavora nel mercato della carne da sempre, è un’attività di famiglia. Ma ora le cose sono cambiate, in modo radicale e irreversibile. Un virus ha attaccato gli animali, sia domestici che selvatici, per cui sono stati tutti sistematicamente abbattuti e la loro carne non può assolutamente essere consumata. Ora la carne che tratta è diversa, speciale, perché i governi di tutto il mondo hanno dovuto affrontare la situazione e hanno deciso di rendere legale l’allevamento, la produzione, la macellazione e la lavorazione della carne umana. Marcos si è dovuto adattare, cerca di non pensare a cosa fa per vivere, e fa del suo meglio per stare dietro a fornitori, clienti, ordini e consegne, perché deve pagare la casa di riposo in cui vive suo padre. E ora che sua moglie lo ha lasciato deve pensare a tutto da solo.

Wow, quanto mi è piaciuto questo libro. L’ho letto questa estate, durante le ferie e l’ho divorato, non vedevo l’ora di liberami da qualunque cosa per tornare alla lettura. Anche qui sono stata parecchio indecisa se assegnare il primo o il secondo posto, e lo considero quasi un ex aequo. È un libro particolare di cui parleremo assolutamente in una recensione specifica perché c’è tanto da dire, ma anche questo è un testo che non so se consigliare a tutti perché è davvero crudele, cattivo come libro oserei dire e molto crudo. Siamo in una distopia in cui gli umani vengono macellati e lavorati come gli animali, è un mondo in cui per colpa di un virus che ha attaccato gli animali questi sono stati abbattuti tutti e non è più possibile mangiare carne se non quella umana, per cui sono nati dei veri e propri allevamenti di umani e anche un vero e proprio traffico di umani, esseri privati di tutto anche della parola dato che sono state tagliate loro le corde vocali, umani che non sono più umani. È un testo brutale, inquietante, violento, feroce, e inumano perché in questo mondo non c’è più umanità. Questo è anche uno dei temi principali del romanzo e uno di quelli che io trovo più affascinanti, ovvero la mancanza di umanità, cosa ci rende umani, cosa vuol dire essere umani e cosa accade quando questa umanità viene a mancare. È una una critica anche al capitalismo, ad un sistema malato, ad un mondo disumanizzato e disumanizzante. Il protagonista si presenta come diverso, nel corso della narrazione sembra volersi convincere e convincere il lettore di non essere “come gli altri”, di saper ancora distinguere ciò che ci rende umani da ciò che ci priva di identità, ma in realtà in questa distopia tutto è diventato così malato, tutti sono così anestetizzati al mondo, agli altri a loro stessi, da portarci a pensare che non c’è più speranza. È una rappresentazione crudele, un mondo perso.

E voi? Quali sono state le vostre letture top del 2024?

Ci leggiamo presto per il recap del 2024 e gli obbiettivi di lettura del 2025, massimo nei primi giorni del 2025, quindi in caso non dovessimo leggerci prima dell’anno nuovo, buon Capodanno, buon anno nuovo!

A prestissimo!

Le Cinque Letture Semi-Flop del 2024

Buonasera!

Come state? Come vi sentite in questi giorni pre-natalizi? Vi siete organizzati al meglio o come la sottoscritta (e come ogni anno oserei dire) siete nel pieno caos?

Oggi parliamo dei libri flop o semi-flop in questo caso del 2024, uno dei classici tre articoli che ci tengo sempre a portare nell’ultimo mese dell’anno sul blog. Ovviamente ne uscirà anche uno sui libri top e uno sui progetti di lettura per il 2025/recappone degli obbiettivi del 2024, spero per questi due articoli di riuscire nella pubblicazione entro la fine dell’anno (soprattutto per quello che riguarda i libri top), in caso contrario usciranno di certo nei primi giorni del 2025 o negli ultimi giorni dell’anno.

Allora, ora parliamo dell’articolo di oggi! Perché “semi-flop” e non “flop” come tutti gli anni? Perché quest’anno non ho letto libri al 100% flop, devo essere sincera con voi quando dico che in linea di massima ho letto dei bei libri quest’anno, non tutti testi da amare per la vita, da cinque stelle piene o per cui strapparsi i capelli certo, ma tutto sommato belle letture.

Tra questi ci sono stati testi che mi hanno convinta di meno e che mi sono piaciuti di meno, ma non ho trovato testi da criticare aspramente in toto, o da etichettare come “brutte letture”, semplicemente tra i libri letti alcuni non mi hanno convinta.

Come sempre ci tengo a sottolineare che inserendo determinati libri in questa lista non voglio sottolineare il mio odio nei loro confronti o aprire una petizione per bandirli dal commercio, voglio solo dire che personalmente non ho gradito più di tanto queste letture, per una serie di motivi, non ho nulla contro questi testi e se a voi sono piaciuti vi prego di non offendervi per questi inserimenti.

Ci sono tra l’altro testi piuttosto “caldi” e amati generalmente da molti lettori, anche per questo vi chiedo di non offendervi, ma anzi di dirmi (se vi è piaciuto molto un testo fra quelli presenti) il vostro parere, che sono curiosissima di leggere!

Ah ultima cosa, partiremo dal quinto posto (quindi in teoria il “meno flop” tra i semi-flop) per arrivare al primo che per la mia personalissima opinione è il libro che mi ha convinta meno fra le letture di quest’anno. Dei testi di cui manca la recensione completa sul blog, sappiate che uscirà nei prossimi mesi/settimane, detto ciò iniziamo!

L’ età Fragile – Donatella di Pietrantonio

Anno di Pubblicazione: 2023

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Non esiste un’età senza paura. Siamo fragili sempre, da genitori e da figli, quando bisogna ricostruire e quando non si sa nemmeno dove gettare le fondamenta. Ma c’è un momento preciso, quando ci buttiamo nel mondo, in cui siamo esposti e nudi, e il mondo non ci deve ferire. Per questo Lucia, che una notte di trent’anni fa si è salvata per un caso, adesso scruta con spavento il silenzio di sua figlia. Quella notte al Dente del Lupo c’erano tutti. I pastori dell’Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c’erano più. Amanda prende per un soffio uno degli ultimi treni e torna a casa, in quel paese vicino a Pescara da cui era scappata di corsa. A sua madre basta uno sguardo per capire che qualcosa in lei si è spento: i primi tempi a Milano aveva le luci della città negli occhi, ora sembra che desideri soltanto scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c’è un segreto che non può nasconderle. Sotto il Dente del Lupo, su un terreno che appartiene alla loro famiglia e adesso fa gola agli speculatori edilizi, si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima è successo un fatto terribile. A volte il tempo decide di tornare indietro: sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono. Stretta fra il vecchio padre così radicato nella terra e questa figlia più cocciuta di lui, Lucia capisce che c’è una forza che la attraversa. Forse la nostra unica eredità sono le ferite.

Ho letto questo testo a settembre e lo ritengo un libro altalenante, ci sono momenti interessanti soprattutto all’inizio e momenti calanti, e arrivata alla fine ho avvertito la sensazione di non avere “nulla in mano”, mi è rimasto poco di questa lettura. Il testo sembra unire due storie in cui la protagonista è presente, ma queste non si legano e se la seconda forse viene approfondita maggiormente, la prima che riguarda il presente di Lucia non arriva da nessuna parte. L’ autrice inserisce diverse tematiche, il rapporto madre-figlia, la difficoltà di affacciarsi alla vita accademica in una città nuova, il fallimento, il divorzio, il trauma, l’insicurezza, ma non arriva ad analizzare nessuna di queste nel profondo. L’ho trovato un testo poco approfondito, c’è del potenziale alla base perché il libro ha una buona partenza e lo stile di Donatella di Pietrantonio è godibile, ma si perde troppo, ad un certo punto la vicenda viene quasi sintetizzata, ristretta all’osso, molte parentesi vengono lasciate aperte, il che può non essere un tratto negativo se si riesce comunque ad analizzare una parentesi e ad arrivare al fondo di questa senza per forza chiuderla, ma qui tutto sembra lasciato aperto, sospeso, perso nell’aria.

L’ Animale Morente – Philip Roth

Anno di Pubblicazione: 2001

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Da trent’anni, da quando la rivoluzione sessuale ha bussato alla sua porta, il professor David Kepesh tiene fede al suo giuramento: non avere mai una relazione stabile con una donna. Ma un giorno, nell’aula del suo corso di critica letteraria all’università, entra Consuela Castillo, ventiquattrenne di una bellezza conturbante, una ragazza cubana alta e affascinante che scatena il desiderio e la gelosia del maturo professore.

Questo è stato il mio primo approccio con Roth, non ho fatto calcoli particolari per scegliere il primo testo da affrontare, semplicemente ho scelto questo per curiosità. Il libro ha qualcosa di interessante, di speciale nella narrazione. Il narratore non è certo un personaggio piacevole, ma alcuni passaggi e ragionamenti sono interessanti, il problema è che anche qui questo testo non mi ha lasciato nulla, ricordo pochissimo il che di solito non è mai un buon segno nel mio caso, perché generalmente ho una memoria molto buona anche per le letture. Certi discorsi del narratore diventano ripetitivi, si cade sempre negli stessi temi e a volte si aprono queste considerazioni infinite che vanno sempre a parare nella stessa direzione. È uno di quei libri in cui si deve accettare la natura/personalità del narratore (o comunque sospendere un proprio giudizio) per poter apprezzare la vicenda e vi dirò, anche dopo averlo fatto risulta comunque pesante e ripetitivo in alcuni punti. È un libro in cui i ragionamenti interessanti sono nascosti dietro ad uno strato di sessualizzazione continua, ascoltiamo quest’uomo che non fa altro che ventarsi delle sue esperienze sessuali con le studentesse, di libertà sessuale, di ossessione sessuale, ma questo rientra comunque nella tipologia di personaggio con cui abbiamo a che fare fin dall’inizio, il problema è che a lungo andare diventa stancante questa ripetitività.

L’Ultimo Uomo Bianco – Mohsin Hamid

Anno di Pubblicazione: 2023

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Un mattino, Gregor Samsa, commesso viaggiatore, si sveglia da sogni inquieti e si ritrova trasformato in un immane insetto; anni dopo, Anders, personal trainer in un’anonima palestra di una città indefinita, si sveglia e scopre di essere diventato di un innegabile marrone scuro. L’incredulità presto cede il passo alla furia omicida: Anders si sente vittima di un crimine, «un crimine che gli aveva portato via ogni cosa, che gli aveva portato via se stesso», si scaglia contro la propria immagine allo specchio, si rimette a letto sperando che quell’uomo scuro se ne vada, chiama al lavoro per dire che è malato, molto malato, piú di quanto immaginasse, si aggira per la città e scopre che «le persone che lo conoscevano non lo conoscevano piú», e infine telefona a Oona. Oona, giovane insegnante di yoga, sta provando a prendersi cura di sua madre – e di se stessa – dopo la morte del fratello gemello; fra lei e Anders si è da poco riaccesa un’attrazione nata fra i banchi di scuola, ma quando Oona passa da lui dopo il lavoro, rimane di stucco di fronte all’uomo che le apre la porta, e sulle prime fatica a riconoscerlo. Ciò che Oona e Anders ancora non sanno è che la trasformazione sta prendendo piede ovunque: tutte le persone bianche stanno diventando scure, e la tensione sociale continuerà a crescere, sfociando in risse, sparatorie, suicidi e sommosse, finché «l’ultimo uomo bianco» verrà sepolto e la bianchezza non sarà che un ricordo. Hamid, in un vortice di frasi che, come i personaggi che le abitano, sembrano sorrette da un disperato bisogno di stabilità identitaria, confeziona un romanzo di commovente lucidità sulla perdita del privilegio, un’opera in cui frustrazione e violenza si trasformano nella promessa di futuro: «a volte sembrava che la città fosse una città in lutto, e il Paese un Paese in lutto, e questo si addiceva a Anders, e si addiceva a Oona, dato che collimava con i loro sentimenti, ma altre volte sembrava il contrario, che stesse nascendo qualcosa di nuovo, e abbastanza stranamente anche questo si addiceva loro».

Di Mohsin Hamid ho letto anni fa “Exit West” che mi era piaciuto molto, e ancora oggi ricordo in modo piuttosto vivido alcune immagini e atmosfere di quel testo, ciò non è accaduto con questo libro. Hamid resta un autore valido per me e leggerò sicuramente altro di suo, ma questo libro non mi ha convinta. Anche qui abbiamo degli spunti interessanti, riflessioni iniziali intriganti, abbiamo un uomo bianco che si sveglia un mattino con la pelle scura e man mano questo evento inizia ad accomunare sempre più persone, fino a quando tutti i bianchi arrivano ad avere la pelle scura. Questo testo dovrebbe mettere sotto i riflettori la diversa percezione e il diverso trattamento ricevuto da una persona bianca e da una con la pelle scura, non c’è solo questo tema, ce ne sono molti altri, ma questo è uno dei principali. Il problema è che qualcosa non va nella narrazione, ho trovato tutto piuttosto piatto, manca quella profondità e umanità presente in “Exit West” ad esempio, non ho percepito i personaggi come essere umani, ma come delle pedine mosse dall’autore. Dall’esterno, leggendo la trama, ci si immagina una vicenda molto più avvincente e viva, rispetto a quella che ci si ritrova davanti leggendo il libro. Sembra un libro quasi abbozzato, non tanto per la struttura narrativa, più che altro per il modo in cui l’autore ha dato vita ed espressione alle vicende e ai personaggi, o meglio “poca vita” considerando tutto quello che ho scritto fino a questo punto.

Una Dote di Sangue – S.T. Gibson

Anno di Pubblicazione: 2022

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Gli uomini che hanno ucciso la sua famiglia e bruciato la sua casa l’hanno lasciata a terra agonizzante, vittima di una guerra che nessuno ricorda più. Ma un misterioso straniero riccamente vestito la trova, la salva a un soffio dalla morte e le dona una nuova vita e un nuovo nome: Constanta, colei che è determinata a vivere. È così che la figlia del fabbro di un villaggio della Romania medievale diventa la sposa perfetta per un re immortale. Insieme attraversano i secoli e i paesi, da Vienna alla Spagna, da Pietrogrado a Parigi. Quando però lui coinvolge nella sua rete di passioni e inganni anche una machiavellica gentildonna e un attore squattrinato, Constanta inizia a capire che il suo amato è capace di atti orribili. E dopo essersi alleata con i suoi consorti di sangue – la bellissima Magdalena, il brillante Alexi – inizia a svelare gli oscuri segreti del marito. Constanta si ritrova a scegliere tra libertà e amore. Ma i legami costruiti con il sangue possono essere spezzati solo dalla morte.

So che mi starete odiando, e accadrà anche per la prima posizione di questa classifica. Questo libro ha avuto un successo incredibile, soprattutto in America, ne ho sentito parlare in tutte le salse, è stato nominato per i Goodreads Choice Awards nel 2021, è arrivato in Italia in una bellissima edizione Mondadori, insomma ha conquistato molti lettori, ma a me purtroppo non ha convito nonostante l’enorme curiosità ed entusiasmo iniziali. Dovrebbe essere un retelling di Dracula, o comunque prendere spunti da Dracula, posso capire il perché del successo, ma su di me non ha avuto effetto. Forse mi aspettavo un testo più dark, più pesante nei confronti delle tematiche presenti, come le relazioni tossiche, la manipolazione, la dipendenza emotiva, e anche qui più approfondimento. Inoltre, lo stile di S. Gibson è stato osannato come poetico e affascinante, ma l’ho trovato più che altro un contenitore vuoto o semi-vuoto, ci sono queste pillole poetiche, queste descrizioni che mirano ad essere liriche, ma non sempre funzionano, a volte le ho trovate esagerate o un poco forzate. Mi aspettavo un qualcosa di più profondo e analizzato, anche a livello di dinamiche fra i personaggi, invece nonostante siano vampiri centenari la maturità di questi vampiri assomiglia a quella di un’adolescente alle prese con le prime crisi adolescenziali. Peccato, la delusione è stata grande perché avevo proprio voglia di leggere un retelling scritto bene su Dracula, ma non è stato così. Ne parleremo meglio nella recensione approfondita.

La Paziente Silenziosa – Alex Michaelides

Anno di Pubblicazione: 2019

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Alicia Berenson sembra avere una vita perfetta: è un’artista di successo, ha sposato un noto fotografo di moda e abita in uno dei quartieri più esclusivi di Londra. Poi, una sera, quando suo marito Gabriel torna a casa dal lavoro, Alicia gli spara cinque volte in faccia freddandolo. Da quel momento, detenuta in un ospedale psichiatrico, Alicia si chiude in un mutismo impenetrabile, rifiutandosi di fornire qualsiasi spiegazione. Oltre ai tabloid e ai telegiornali, a interessarsi alla «paziente silenziosa» è anche Theo Faber, psicologo criminale sicuro di poterla aiutare a svelare il mistero di quella notte. E mentre a poco a poco la donna ricomincia a parlare, il disegno che affiora trascina il medico in un gioco subdolo e manipolatorio.

Eh lo so, lo so, mi state odiando, lo capisco. Allora, una parte di motivazione dietro a questo posizionamento è anche legata al mio livello di delusione, e ci tengo a dire subito che ho adorato il plot twist finale, pazzesco. Il colpo di scena finale è uno dei punti migliori del libro, forse l’unico, di certo lo stile dell’autore non aiuta perché è piuttosto semplice oserei dire in alcuni punti elementare, soprattutto quando mette in bocca a certi personaggi frasi o ragionamenti incoerenti con il personaggio in questione. Abbiamo psicologi che ragionano e parlano utilizzando termini non proprio coerenti al 100% con quello che dovrebbe essere il loro livello di conoscenza della materia. Voglio essere chiara, non ho odiato questo libro, semplicemente mi ha delusa e mi ha lasciata con un sonoro “bah”. Se dovessi basarmi solo sul colpo di scena vi direi che mi ha sorpresa e funziona bene, ma il libro in toto (colpo di scena a parte) per alcune parentesi non mi ha convinta. Il ritmo da un certo punto viene velocizzato, è un testo che usa la tecnica dei plot twist buttati addosso al lettore uno dietro all’altro, nei finale c’è una pioggia di colpi di scena e di solito a me, personalmente, questa tecnica non fa impazzire. Alcuni ragionamenti e dinamiche non mi hanno convinta, non posso andare nello specifico a causa spoiler, ma come dicevo questo libro non mi ha convinta del tutto. È il thriller peggiore che abbia mai letto? No. È stato un totale flop? No. È un libro con dei problemi? Sì ed è un testo che mi ha delusa sotto certi aspetti. Anche qui ne parleremo meglio in una recensione approfondita.

E voi? Quali sono state le vostre letture flop del 2024?

Ci leggiamo presto, in caso non dovessimo leggerci prima di Natale, buon feste cari/e!

Ci leggiamo il prima possibile, giurin giurello!

LiberTiAmo di Dicembre (2024)

Buongiorno, buona domenica e buon primo di dicembre!

È il momento di inaugurare l’ultimo mese del 2024 e come saprete, se seguite il gruppo anche se Goodreads, l’ultima lettura del gruppo. Già, il libro di cui parleremo oggi segnerà la fine degli otto anni di vita del gruppo di lettura, che chiuderà il 01/01/25. È stata una decisione sofferta, a cui ho di certo pensato molto, ma credo sia arrivato il tempo di chiudere quello che per me è stato un progetto comunque molto importante in cui ho creduto tanto e che mi ha dato tanto in questi anni. Poter gestire un gruppo di lettura era un mio grande obbiettivo e ho amato farlo, ma per vari motivi, tra cui certamente il raffreddamento dell’attività del gruppo che è diventato molto meno attivo penso sia giunto il momento di mettere la parola fine a questo viaggio. Se volete leggere di più al riguardo e nello specifico sul destino del gruppo dopo la chiusura vi lascio qui il post dedicato pubblicato sul gruppo.

Quindi chiudiamo quest’anno in compagnia dell’ultima lettura che sarà Piccole Cose da Nulla di C. Keegan.

Ci tenevo anche a dire qualche parola sulla mia assenza degli ultimi due mesi, sono ancora qui e fremo dalla voglia di terminare vari articoli a cui sto lavorando, niente paura, non sono andata a vivere sull’isola di Pasqua, sono solo stati mesi molto, ma molto impegnativi.

Ovviamente a dicembre parleremo dei programmi di lettura del 2025, faremo tanti bei recapponi e sguazzeremo nelle riflessioni sui libri letti quest’anno, quindi preparatevi perché ne abbiamo da dire!

Ora parliamo un poco del libro di dicembre per il gruppo.

Piccole Cose da Nulla – Claire Keegan

Data di Pubblicazione: 2020

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Trama

Sono giorni che Bill Furlong gira per fattorie e villaggi con il camion carico di legna, torba e carbone. Nessuno vuole restare al freddo la settimana di Natale. Sotto la neve che continua a scendere, tutto va come sempre in quel pezzo d’Irlanda. Poi, nel cortile silenzioso di un convento, Bill fa un incontro che smuove la sua anima e i suoi ricordi. Lasciar correre, girarsi dall’altra parte, sarebbe la scelta più semplice, di certo la più comoda. Ma forse, per Bill Furlong, è arrivato il momento di ascoltare il proprio cuore. «Mentre proseguivano e incontravano altre persone che conosceva e non conosceva, si ritrovò a domandarsi che senso aveva essere vivi se non ci si aiutava l’uno con l’altro. Era possibile tirare avanti per anni, decenni, una vita intera senza avere per una volta il coraggio di andare contro le cose com’erano e continuare a dirsi cristiani, a guardarsi allo specchio?».

Claire Keegan è un’autrice irlandese, nel 1999 ha esordito nella narrativa con la raccolta di racconti Dove l’acqua è più profonda grazie alla quale è stata insignita del Premio Rooney per la letteratura irlandese.

Il libro sarà in lettura per tutto il mese di dicembre, dal 01/12 al 31/12.

E voi? Avete mai letto qualcosa di Claire Keegan? Sì? No? Fatemi sapere!

A presto!