
Abbassai gli occhi sulle rovine della mia casa: non c’era più verde e nemmeno di quel grigio argenteo che mi faceva ricordare certe muffe, soltanto una vasta, sterminata pianura, limitata a sinistra da basse colline simili a dune, il tutto coperto da un denso strato di neve, o di ghiaccio. A destra le colline erano più alte, legate insieme come giogaie di montagna. Alcune zone di esse parevano sgombre di neve, oscure. Su tutto regnava un silenzio angoscioso, squallido, desolato: l’immutabile, paurosa quiete di un mondo morente.
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I gioni e le notti continuarono ad allungarsi. Poi, ad un tratto, terra e cielo si oscurarono, durante un giorno come per un temporale incombente. Compresi che stava nevicando, benchè non distinguessi chiaramente il precipitare della neve sul mondo. Poi il cielo si schiarì e i miei occhi affascinati si fissarono su uno spettacolo meraviglioso e orrendo. La neve ricopriva interamente la zona che una volta aveva ospitato la mia casa e il mio giardino, e si estendeva a perdita d’occhio, livellando ogni cosa fino all’orizzonte, bianca, fulgente, liscia come un immenso specchio che rifletteva e rimandava tetramente, ma con magnificenza pomposa, il fosco, porporino irradiare dal sole al tramonto.
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Non ho mail letto nulla di quest’autore, lo metto nella lista dei libri da leggere (purtroppo è un po’ lunga) ….
Un saluto
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